Angoscia a Verona di Giuliano Marchesini

Angoscia a Verona Angoscia a Verona «Siamo contenti per loro vorremmo sperare anche noi» VERONA. Abbattuto, disperso, 0 forse fatto prigioniero? Il tormento continua, in casa dei familiari di Gianmarco Bellini, il pilota del Tornado scomparso durante il volo sul Kuwait con il «navigatore» Maurizio Cocciolone. Il televisore che non viene mai spento, il telefono che ogni tanto squilla: gente che domanda se «si è saputo qualcosa». E le risposte cambiano, a seconda delle notizie che arrivano attraverso la tv, o dai comandi dell'Aeronautica. Ma di notizie precise, finora, nessuna, dicono 1 parenti di Gianmarco Bellini, radunati in una villetta all'ingresso di Crosare di Pressana. C'era una speranza, alimentata da quel che si è potuto capire di un'intervista televisiva rilasciata dal ministro dell'Informazione iracheno, il quale ha parlato di prigionieri. Ed è stata colta una frase: «Gli italiani saranno rimandati a casa». Traduzione comunque difficile, interpretazione del discorso piuttosto problematica. Il rappresentante del governo dell'Iraq, storpiando nome e cognome in arabo, ha parlato solo di Maurizio Cocciolone, inserendolo tra i prigionieri. E Gianmarco Bellini, dov'è finito? Può darsi che tra i piloti catturati ci sia anche lui, e il ministro iracheno non ne abbia fatto menzione. «Sono contento per la famiglia CoccioIone. Spero tanto per mio figlio». Con queste parole il padre di Gianmarco ha commentato le prime notizie che indicherebbero come prigioniero degli iracheni l'altro pilota del «Tornado» italiano disperso. Per i Bellini, una crudele altalena. Nella notte, un tuffo al cuore, per quella dichiarazione del Pentagono: i due uomini del Tornado italiano sono stati abbattuti. Nessun'altra precisazione. Poi il nostro ministero della Difesa che continua a parlare di dispersi, mentre il presidente del Consiglio Andreotti dice che occorre «andare cauti». Quasi sperduti in quest'angolo di campagna, i parenti di Bellini aspettano la telefonata «ufficiale», o l'annuncio televisivo inequivocabile. Sulla soglia della villetta, mentre si fa buio, s'affaccia Manuela, la sorella di Gianmarco. Il volto segnato dall'insonnia, parla a fatica: «Sì, abbiamo sentito anche noi, che c'è stata quell'intervista al ministro dell'Informazione dell'Iraq. Ma poi nessuno ha saputo dirci qualcosa di più. Abbiamo cercato, qui e là, di avere altre notizie. Finora, niente. Comunque, se c'è qualcosa di certo, ce lo dicono subito quelli dell'Aeronautica». Manuela ha l'ossessione di quella parola, «abbattuti», pronunciata dal portavoce del Pen¬ tagono a proposito dei due piloti italiani. «Però gli americani non hanno detto altro. Allora può darsi che mio fratello abbia avuto il tempo di gettarsi fuori con il seggiolino paracadute. E forse sta vagando chissà dove». La sorella di Bellini torna con il pensiero alla parola disperso». L'altra mattin;-, qualcos'altro ha dato alimento alle loro speranze: una telefonata da Atene. Ha chiamato la cognata di Fiammetta, la moglie di Gianmarco: diceva di aver appena ascoltato un telegiornale, di aver sentito lo speaker parlare chiaramente di due piloti italiani finiti prigionieri degli iracheni. «Pare che per il momento siano trattenuti nel Kuwait. Non abbiamo sentito altro, vedete se lì riuscite ad avere qualche altra informazione». Fiammetta Bellini è partita in giornata, ha raggiunto la sua abitazione di Borgosatollo nel Bresciano: forse alla vicina base aerea di Ghedi poteva avere qualche notizia in più. Intanto Crosare di Pressana, 400 abitanti, è un paese preso da un'ansia sconosciuta: dal bar alla parrocchia, una catena di domande sulla sorte di Gianmarco Bellini. Il sindaco di Pressana, Gino Conterno, fa la spola tra il municipio e la casa dei Bellini. Un po' cerca di raccogliere informazioni, un po' cerca di dare conforto ai parenti del pilota. Nel pomeriggio ha parlato al telefono con l'on. Costa, presidente della commissione Difesa della Camera. Costa gli ha detto che «sono attivati tutti i canali internazionali». «Bisogna aspettare - dice il sindaco - ed è terribile. Intanto, le ricerche continuano, in collaborazione con la Croce Rossa internazionale». Il parroco di Crosare, don Giorgio Villatora, è appena tornato in canonica, dopo una visita ai Bellini. Anche il suo viso mostra stanchezza. «Purtroppo, si resta nell'incertezza». In mattinata, per la messa, la chiesa era piena. «Durante la predica, ho detto che non era una commemorazione, ma uno sperare tutti insieme». Don Giorgio ci parla di Gianmarco Bellini. «Pensi che lo conosco da quando aveva 5 anni. Poi l'ho avuto come allievo al liceo scientifico di Cologna Veneta. Sempre quella sua passione per il volo. Ma sui Tornado ci è andato soltanto per questo: perché gli piaceva volare. Raccontava delle acrobazie che si possono fare, lassù. Ed era entusiasta. Ma alla guerra non ci pensava per niente. Lui la odia, la violenza. Si figuri che una volta, da ragazzo, nascose i fucili da caccia di suo padre: diceva che non voleva sentire sparare». Giuliano Marchesini

Persone citate: Gianmarco Bellini, Gino Conterno, Giorgio Villatora, Maurizio Cocciolone