Paura a Dubai

Paura a Dubai Paura a Dubai Emirati «in prima linea» DUBAI DAI. NOSTRO INVIATO Perju Premal stentava a credere ai propri occhi quando ha scovato la cassetta di mele fresche sulle bancarelle del mercato di Sharjah. Non era la vista della frutta a renderla felice quanto la scritta sul contenitore di legno: «Made in Spain», prodotto in Spagna. E ha capito al volo. Quando viveva in India non sapeva leggere, qui negli Emirati ha trovato lavoro ed il tempo di andare a scuola, ora quelle tre parole sillabate lentamente una alla volta l'hanno rincuorata. «Se la frutta arriva da così lontano vuol dire che i rifornimenti proseguono, che non siamo isolati, possiamo dunque staro tranquilli». Già, ma mentre Perju si sente soddisfatta sotto la fragile tutela della sua disarmante ingenuità, gli Stati del Golfo trascinati per il collo nella guerra lo sono certamente di meno, giorno dopo giorno temono di perdere l'illusione della retrovia invulnerabile oggi risparmiata dai bagliori di morto al Nord che domani potrebbero coinvolgerli in prima linea. A cominciare dal piccolo Stato petrolifero del Bahrain, il più esposto al tiro dei missili iracheni, seguito a ruota dal vicino Sultanato del Qatar e dai sette Emirati Arabi Uniti. Tutti hanno offerto solidarmentc l'appoggio alle forze interalleate schierate contro Saddam Hussein, insieme hanno aperto le rispettive installazioni militari e civili a migliaia di aerei americani, inglesi, francesi, italiani, canadesi o a quel poco dell'aviazione kuwaitiana sfuggita all'invasione del 2 agosto mentre i loro porti riforniscono le armado navali di mezzo mondo. Non è dunque uno stare collettivo alla finestra, da amici di cui ci si può fidare, quanto la partecipazione in seconda battuta che implica la piena acccttazione dei rischi del conflitto. Proprio l'altro ieri lo sceicco Al Nahyan Zaycd di Alni Dhabi, presidente degli Emirati, aveva ribadito il supporto incondizionato del Paese all'operazione «Tempesta nel deserto» tramite la nota diramata dal ministero dogli Estori che puntualizza «il sostegno alla causa del diritto e della giustizia, in accordo con il desiderio della comunità internazionale, per la- liberazione del Kuwait dopo il fallimento di ogni tentativo di soluzione pacifica della vertenza e della successiva scadenza dell'ultimatum dello Nazioni Unite». ! Oggi agire da struzzi sarebbe impensabile e le informazioni sullo scacchiere del Golfo sono assai tempestivo e complete con rare eccezioni come le cinque righe dedicate alla fornitura di missili Patriot americani a Israele. Molti giornali, dal «Gulf News» al «Khaleej Times» in lingua inglese, sfornano a getto continuo edizioni straordinarie, il canale 33 della tv di Dubai è collegato dal 16 gennaio in diretta con la Cnn americana sebbene sia costretto ad applicare la foglia di fico ai collegamenti da Baghdad, Tel Aviv e Gerusalemme oscurandone le immagini e interrompendo l'audio nel momento della loro comparsa sui circuiti internazionali. Ieri il servizio marittimo per il Medio Oriente «Menas» ha comunicato da Bahrain la presenza di mine nel Golfo nel tratto di mare compreso tra 26,19 gradi di latitudine Nord e 50,36 di longitudine Est. Successivamente dal portavoce del comando della Marina statunitense si è appreso che alcuni ordigni iracheni sono stati visti galleggiare nelle acque costali del Qatar e degli Emirati. Nel Golfo sono attualmente impegnate quattro unità italiane. Si tratta della nave rifornitrice «Stromboli» e della fregata «Libeccio» a Settentrione, contemporaneamente stanno risalendo dallo Stretto di Hormuz la fregata «Zeffiro» e il caccialanciamissili «Audace» che risultano inserite nel dispositivo di scorta alla portaerei americana «Roosevelt». Ieri sono transitate nel Canale di Suez, entrando nel Mar Rosso, la nave trasporto-ospedale «San Marco» e la fregata «Lupo». Intanto, qui a Dubai, un significativo segnalo di distensione è giunto con l'ordine della riapertura dello scuole, chiuse il 16 e che avrebbero dovuto ripristinare le lezioni appena l'8 febbraio. La decisione ha colto di sorpresa le famiglie e ieri molle aule erano semideserte. Nulla di nuovo invece per quanto riguarda la scuola americana; i suoi battenti resteranno chiusi, però l'ambasciata Usa ha vigorosamente smentito di aver invitato i connazionali a lasciare il Paese che rosta collegato all'esterno tramite i pochi voli ancora operativi e con costi che sono resi proibitivi per la copertura assicurativa. Funzionano soltanto lo linee della «Emirates» e della «Gulf Air» dirette a Oriente. Piero de Garzarolli

Persone citate: Piero De Garzarolli, Roosevelt, Saddam Hussein, Stromboli