Tutti gli uomini di VERDI

Parma, nel covo dove si trovano i devoti del maestro Parma, nel covo dove si trovano i devoti del maestro Tutti gli uom, PARMA DAL NOSTRO INVIATO «Piacere, Traviata» «Piacere, Otello». «Piacere, Lombardi alla Prima Crociata». Si presentano così, col nome dell'opera che gli e toccata in sorte, non con il loro nome e cognome, tanto son presi dalla passione per la musica e consapevoli ii interp" tare l'anima di Pa~ma: sono i soci del «Club dei 27», 27 quante le opere di Verd. Traviata è in realtà Luciano Sicuri, commerciante di articoli fotografici, Otello ha il volto dell'industriale Pio Pellacini, i Lombardi corrispondono a Nino Schittone, medico ortopedico. C'è anche Messa da requiem, al secolo Carlo Fontana, orefice. Entrano tutte le professioni, nel Club: quel che conta, per essere ammessi, è la «verd.anità», l'amore per la lirica. Gli aspiranti sono molti e devono saper aspettare, perché il numero dei soci è per forza bloccato: un'opera si libera quando .1 socio che la rappresenta raggiunge i 70 anni, oppure quando canta la sua ultima romana sulla Terra. Capita spesso eie l'opera disponibile non sia la preferita, ma non ò il caso di fare i difficili: l'importante centrare. «Va' pensiero» con emozione I verdiani s'infilano il venerdì sera nel portone di via Farini 25, a due passi da piazza Garibaldi, il cenlro della città. E' un appuntamento fisso che dura da 33 anni, da quando è stato fondato il Club. Sul pianerottolo s'apre una porticina e si scende nor in una cantina, ma in un altro mondo: una piccola scala luminosa e decorata con cimeli e ritratti di Verdi, una saletta con libri e cassette, e finalmente il cuore del Club, un antro dal soffitto di mattoncini rossi a botte. E' il covo. C'è buio e silenzic. I soci sembrano, spariti. In una nicchia in fondo si intravedi solo un busto di Verdi illuminato di spalle. All'improvviso si espande un coro, dapprima incerto poi forte e vibrante. Tutti intorno al muro, ritti davanti agli sgabelli con i titoli delle opere, i soci affiorano dall'oscurità intonando il «Va' pensiero». C'è qualcosa di assurdo e di poetico nei volti turbati, nello sforzo per raggiungere le note alte, nelle voci pericolanti e generose. Questo coro è una professione di fede, un riscatto, un anticipo di paradiso. Alla fine i 27 applaudono e nascondono l'emozione del canto. Hanno delle facce straordinarie: pallide o rosse, magre d tonde, raccontano tutte una cosa: la salute. Una salute non tanto fisica, quanto psicologica, uno sture in pace con sé e con la gente, con la buona tavola e con la vita. Sono uomini amici della vita. Dicono tutti che questi giorni sono molto special per loro. Il 27 gennaio celebreranno i 90 anni dalla morte (li Verdi. Devono festeggiarli in modo adeguato, con nuove iniziative. Si sentono elettrici, ìanno addosso una gran vogli i di giovinezza. Non si limiteranno a deporre una corona di fiori al monumento del Maestro: una cerimonia consueta, come lo è l'altra del 10 ottobre, quando si presentano nella casa natale di Roncole con 27 ose rosse. Quest'anno ammetteranno tre nuovi soci fra i 32 <• 45 anni: «Sono molto giovani. Non si potrà più dire che siamo un ospizio», esclamano con furia e allegria. «L'età media si abbassa di parecchio». Il fermento cresce. Parla Rigoletto, cioè Umberto Tamburini, il presidente: «Contro quei pochi che ci guardano come fenomeno folcloristico, opponiamo il nostro concorso. Gli alunni delle quinte elementari di Parma e provincia ogni anno rispondono alla domanda «Conosci Verdi?». Vengono qui da noi, si documentano, gli spieghiamo. Scrivono un tema, fanno disegni. Al primo festival verdiano nello scorso autunno il direttore Rattalino ci ha premiato: ha esposto i migliori disegni». Parla il socio Masnadieri Il concorso tocca corde delicate. «Se non fosse per il Va' pensiero, il Risorgimento e la marcia dell'Aida, che suonano negli stadi, i ragazzi non saprebbero nemmeno chi è Verdi», dice amaro Simon Boccanegra, al secolo Paolo Bizzi. «Il concorso si fa da sei anni e ogni anno è una disperazione. Sempre peggio. E' il canto stesso che è in decadenza. I giovani salmodiano i recitativi delle odierne canzoni e gli basta». Dilaga la nostalgia di quando per le vie la gente cantava e fischiettava e Parma era tutta una romanza e una canzone. Leggenda? «Altro che leggenda - insorge Nino Bilzi-Masnadieri, 70 anni, ex impiegato di banca, socio decano -. Guido Piovene, nel suo Viaggio in Italia, scrivo della meraviglia che lo prese quando udì uno sotto la sua finestra fischiettare la Pastorale di Beethoven. Il tenore Parmeggiani si complimentò con un passante che canticchiava il Lohengrin. E quella sera famosa con Beniamino Gigli? Era l'estate del '32 e dopo un concerto alla Pilotta una folla arrivò sotto il suo albergo, la Croce Bianca: lui apparve sul balcone e cantò al popolo "L'Aurora di bianco vestita", che è poi la "Mattinata" di Leoncavallo». Com'è venuta a Nino Bilzi la passione per l'opera? «Da bambino, perché c'erano i suonatori ambulanti e c'era in piazza un gobbetto che suonava sempre dischi d'opera per avere l'elemosina. Io stavo lì del gran tempo d'inverno nella nebbia ad ascoltare quelle voci, perché non c'era per tutti la radio, e imparavo le arie, me le ricordavo, e poi da grandi le si cantava nelle osterie, che oggi non ci sono più, e bastava una scodella di vino per sciogliere la gola. Cantavo nel coro della gioventù durante il fascismo e cantavo pure in prigionia, a Norimberga. C'erano dei russi che sapevano "La donna è mobile" e si diventava tutti amici. Così è nata la passione». «A me invece me l'ha data mio padre - ricorda Paolo Bizzi, anche lui ex impiegato di banca -. Era pasticciere e cantava in laboratorio con gli operai. Quella musica con lo zabaione e la pastasfoglia mi impressionava, da piccolo. Di un'opera a me piaceva tutto, sapevo tutte le parti. «Fa' la faccia da basso», mi diceva mio padre. Io gliela facevo, la faccia da basso, e cantavo pure, da basso, ma così mi si e stracciata la voce, passando da un ruolo all'altro». «Smettila di compiangerti, Acqua Santa», lo interrompe Gino Guardiani-Battaglia di Legnano, ex verniciatore, nipote di Bega d'Oro (soprannome di un prete in fama di ardito con le donne) e cuoco per hobby (è responsabile della cucina nella Protezione civile). Spiega: «Io • 1 dente del Club da 20 anni, affiorano ricordi. Grazie al «povero maestro Pizzarelli, che fece cantare tutta Parma», a 7 anni debuttò al Regio con «Vo' la tromba e il cavallini) nella Bohème, fu chierichetto nella Tosca e fratellino di Carlotta nel Werther, e più avanti entrò nel del Ghirlino del maestro Ferrari Trecate e durante la guerra, in uno spettacolo per i feriti, eccolo nell'operetta Fior di loto del maestro Corona. «Ho ancora la malattia del teatro - si abbandona Rigoletto -. Mi esalto alla polvere del palcoscenico. Quando finisce un'opera al Regio vado a trovare gli artisti nei camerini e resto da solo in platea. "Lo faccia studiare", dicevano a mio padre. "Per far cosa? Il morto di fame?", rispondeva lui». E così Tamburini-Rigoletto non diventò cantante. E' proprietario della Faps, Fabbrica arredi e paramenti sacri, di fianco al Battistero. Passa le giornate tra pissidi e pianete, santini e gagliardetti, vini da messa e bandiere. Veste elegante, porta occhiali multifocali Porsche. Gli brilla all'occhiello il bustino d'oro di Verdi, distintivo del Club, e pure sul portacravatte d'argento, con su inciso Rigoletto, brilla un Verdino d'oro. E' profumato: «Profumo "Verdi", naturalmente». sono ateo e comunista, lui cattolico e democristiano. Ci becchiamo sempre, come i Peppone e don Camillo della lirica, ma ci vogliamo bene. Sono anticlericale perché mio papà era socialista e fu bastonato per colpa di un prete. Una volta mio padre prese una trave di legno in un quartiere abbattuto dal piccone risanatore, come dicevano i fascisti: la prese per scaldarsi, perché era un povero cristo in miseria. Un prete lo vide e lo denunciò. Venne una squadracela, picchiarono mio padre e lo misero dentro». Ricorda che al canto fu iniziato alle elementari dal maestro Torricelli, che arrivava rombando in cuffia di pelle su una moto con l'arcivalvola. Anche nelle parole di Umberto Tamburini-Rigoletto, presi-

Luoghi citati: Italia, Legnano, Norimberga, Parma