Sindrome baltica in Croazia

Scaduto l'ultimatum per consegnare gli arsenali, anche la Slovenia si oppone Scaduto l'ultimatum per consegnare gli arsenali, anche la Slovenia si oppone Sindrome baltica in Croazia L'esercito: «Disarmeremo i nazionalisti» Dopo la sconfìtta di Kohl in Assia Sorpasso della Spd alla Camera alfa Effetto Golfo, solo il 70% alle urne Il Cancelliere punito per le nuove tasse ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Mentre occhi del mondo sono puntati sulla guerra del GolIo, la Jugoslavia sta di nuovo vivendo ore di angoscia per un possibile conflitto interno. A mezzanotte ò scaduto il termine per il disarmo dei gruppi paramilitari, nonché dei cittadini in possesso illegale di armi, ordinato il 9 gennaio dalla Presidenza federale. L'incarico di eseguire l'ordine della Presidenza e stato affidato all'esercito federale jugoslavo con via libera per ogni intervento. Ciò significa che se le repubbliche non saranno capaci di sequestrare le armi illegali sul loro territorio i militari accorreranno «in soccorso». Proprio tale delega alle forze militari ha fatto crescere il sospetto che l'ingiunzione della presidenza federale mirasse a colpire le due repubbliche indipendentiste, Slovenia e Croazia, che dopo le elezioni di primavera hanno rafforzato la propria difesa. Nelle ultime ore in queste due repubbliche sono stati notati ripetuti spostamenti di mezzi militari, e questo ha contribuito a diffondere la psicosi da golpe. C'è chi ha reagito col rifornimento pre-bellico di scorte alimentari, facendo mancare il sale e altri generi. A peggiorare la situazione si sono aggiunte le notizie dall'Urss: i generali jugoslavi potrebbero prendere a modello quelli dell'Armata Rossa. La Slovenia si è affrettata a spiegare che l'ordine di disarmo non può riferirsi alla sua Difesa territoriale, perché ò organizzata in base ai regolamenti federali. Le armi sono al sicuro e non vi sono altri gruppi arma¬ ti sul territorio sloveno. Ecco perché in questa repubblica non è stata presa alcuna misura per effettuare l'ordine di disarmo. Di fronte alle minacce sempre più pressanti molti jugoslavi si sono armati fino ai denti facendo crescere a dismisura il traffico illegale di armi. In Croazia il ministero degli Interni ha già rivolto numerosi ap- Preso sul Mar Nero pelli ai cittadini affinché consegnino tutte le armi illegali alle forze di polizia. Particolarmente nella zona calda di Knin dove dall'estate divampa la ribellione armata dei serbi, popolazione maggioritaria in alcuni comuni dell'entroterra dalmata. Un mese fa i serbi di Knin hanno addirittura proclamato la propria autonomia, istituendo una polizia locale che non ubbi- disco più al ministero di Zagabria. La Croazia, che per il momento non è intervenuta con la forza per impedire uno spargimento di sangue, ha invece costituito nuove unità speciali di polizia, distribuendo armi ai riservisti. «Appoggiamo l'invito a restituire le armi illegali - ha detto il vicepresidente della Presidenza federale, il croato Stipe Mesic - Un giornale cileno Sulla costa australiana BONN NOSTRO SERVIZIO ma vogliamo sottolineare che non riguarda la nostra polizia. Per aumentare le proprie forze dell'ordine la Croazia aveva richiesto nuove armi allo Stato. Siccome non le ha avute si è rivolta alla sua rete commerciale e le ha importate. La Croazia ha scelto la via di una difesa autonoma e si è armata. Dopo la scadenza saremo ancora più forti e uniti ma malgrado tutte le minacce stiamo entrando in un periodo più tranquillo. Nessun esercito può fare un colpo militare, perché verrebbero subito richiamati tutti i croati e gli altri che ne fanno parte, sparirebbe l'esercito, sparirebbe la Jugoslavia, e non sarebbe mai più possibile rinnovarla». I ministri degli Interni e della Difesa della Croazia e della Slovenia si sono incontrati l'altro ieri per mettere a punto una strategia comune in caso di allarme. Il quotidiano di Lubiana «Delo» ha duramente attaccato l'iniziativa di disarmo della Presidenza federale che non a caso giunge nel momento in cui iniziano le trattative per il futuro della Jugoslavia, ma soprattutto nel momento in cui il governo sloveno si appresta a votare una serie di misure concrete per la secessione definitiva dalla Federazione. Intanto a Sarajevo si sono riuniti il presidente croato Franjo Tudjman e quello bosniaco Alja Izetbegovic. I due hanno concordato che la Presidenza federale dovrebbe rimandare la scadenza dell'ordine per il disarmo per evitare drammatiche conseguenze. Tudjman ha ribadito che la Croazia si difenderà nel caso di un attacco militare. Ingrid Badurina E' passato poco più di un mese dal trionfo di Kohl alle prime elezioni della Germania unita del 2 dicembre e già gli elettori, alle elezioni regionali dell'Assia, voltano le spalle al Cancelliere, creando le premesse per una coalizione «rosso verde». Sono elezioni, queste dell'Assia, svoltesi nella quasi totale assenza di campagna elettorale: un primo timido tentativo di campagna all'ombra del 2 dicembre è stato offuscato completamente dalla guerra del Golfo. Che le preoccupazioni dei cittadini siano rivolte altrove, lo si deduce anche dalla scarsa affluenza alle urne, appena il 70 per cento degli elettori. Per ritrovare livelli simili bisogna tornare all'inizio degli anni Cinquanta. La vittoria dei socialdemocratici e dei verdi non è certo stata schiacciante: cinquantasei seggi rispetto ai cinquantaquattro seggi di democristiani e liberali. Ma in termini politici è un risultato importante, perché con la riconquista del governo regionale dell'Assia l'opposizione ha riguadagnato la maggioranza al Bundesrat, la camera de' Laender, organo importante per le decisioni a livello federale. Una sede in cui il Cancelliere sarà costretto a fare non poche concessioni. I verdi tirano un sospiro di sollievo: «Siamo di nuovo qualcuno» dice il portavoce Christian Stroebele. Con l'8,8 per cento il partito ecologista (nell'Assia ha tradizioni di lunga data con Joska Fischer che nel 1985 fu il primo ministro ecologista della Germania Ovest) si è riscattato dalla disfatta di dicembre, quando per pochi punti non riuscì a entrare nel Bundestag. La Spd si è risollevata dalla sua sconfitta, ha commentato il presidente dei socialdemocratici Vogel. C'è chi attribuisce la vittoria delle sinistre ai venti di guerra e alle aspirazioni pacifiste. In realtà il contraccolpo dopo una vittoria è una caratteristica assai comune dell'elettorato tedesco. Ciononostante il Cancelliere sa di non dover prendere alla leggera questi segnali di malcontento. La «sconfitta», come l'ha chiamata lo stesso Kohl, c'è certamente stata. Prima delle elezioni il Cancelliere aveva ribadito (calcolando male la disponibilità dei tedeschi occidentali a sacrificarsi per l'ex Germania Est) che non ci sarebbero state tasse per l'unità. Solo dopo il due dicembre, nell'ambito di lunghe e tortuose trattative coi partner della coalizione, sono emerse a poco a poco notizie sempre più spiacevoli: un aumento dell'8 per cento delle tariffe telefoniche, una tassa per l'ambiente e via dicendo. E' stata una mancanza di «fair play» che non è piaciuta all'elettorato. Ne ha fatto le spese Walter Wallmann, presidente democristiano uscente del governo regionale che all'inizio di aprile, quando con tutta probabilità verrà costituito il governo «rosso verde», dovrà passare la mano al socialdemocratico Hans Eichel, sindaco di Kassel. Francesca Predazzi