Ma la destra israeliana vuole impugnare le armi

Il premier Shamir rinvia ancora un intervento nel conflitto Hf Il premier Shamir rinvia ancora un intervento nel conflitto Hf Ma la destra israeliana vuole impugnare le armi Terrorista a spasso in città BRUXELLES. Walid Khaled, portavoce ufficiale di Al Fatah-Consiglio Rivoluzionario, e uno dei maggiori esponenti del gruppo terroristico di Abu Nidal, ha trascorso almeno due notti a Bruxelles durante la scorsa settimana, eludendo i severi controlli della polizia locale. Secondo il giornale Standaard, l'uomo è poi stato riconosciuto in strada da un diplomatico asiatico, che ha avvertito le forze dell'ordine. Il primo ministro Wilfried Martens ha subito impartito le disposizioni affinché Khaled lasciasse il Paese prima dell'alba di giovedì ed ha definito un «errore di giudizio» la decisione del ministero degli Esteri di concedere il visto a Khaled. In seguito alla vicenda, due collaboratori del ministro degli Esteri Mark Eyskens, e cioè il direttore degli affari politici del ministero Jan Hollants Van Locke ed il capo di gabinetto Alex Rijn, hanno chiesto e ottenuto di essere rimossi dai loro incarichi. [Agi] BRUXE Shomron. E se un solo Scud sfuggisse ai Patriot e seminasse morte in Israele, o se Saddam usasse i gas, neppure Eag'eburger riuscirebbe a trattenere Israele dalla legittima reazione. Senza però il «via libera» americano, la reazione israeliana potrebbe essere solo simbolica, o addirittura fallimentare. Prima di colpire, i bombardieri con la stella di David dovrebbero conoscere i piani bellici della forza internazionale dispiegata in Arabia (altrimenti si rischierebbero addirittura duelli aerei tra alleati) e localizzare le rampe grazie all'aiuto dell'intelligence americana. Per questo l'ex capo di Stato Maggiore, Rabin, a nome dell'establishment militare e del vertice laborista, ieri ha detto che un contrattacco sull'Iraq può essere deciso soltanto a due condizioni: un coordinamento con gli Stati Uniti e la definizione di obiettivi precisi. Rabin ha parlato ad un Parlamento che dopo cinque giorni tornava a riunirsi con la maschera anti-gas a portata di mano, nella stralunata ed irreale normalità cui ieri è tornato Israele. Riaperte le fabbriche, ripristinati i servizi di pullman, si fanno i conti di quanto sono costati quattro giorni di paralisi: un miliardo e mezzo di dollari, secondo le stime che il ministro delle Finanze presenterà oggi a Eagleburger per chiedere aiuti economici. Il bilancio politico è invece positivo. La presenza dei mili¬ LLES e o o o tari americani in territorio israeliano è stata incassata bene dall'opinione pubblica. Ma il mugugno che cova all'interno dello stesso Likud, il partito di Shamir, potrebbe crescere. Già ora Ariel Sharon dice che «sarebbe ora di smetterla di parlare» e di passare ai fatti, senza dare ascolto agli americani. S'indigna il Moledet, partitino della destra estrema che appoggia il governo: «Se non rispondiamo subito all'Iraq, gli arabi finiranno per ridere di noi e i gentili ci disprezzeranno». E su un quotidiano compare un annuncio a pagamento che esplicita il sospetto della destra: quale sarà il conto politico che gli Usa ci presenteranno alla fine del conflitto? Secondo fonti israeliane, Shamir avreb¬ be ottenuto dagli Usa l'impegno a non insistere, almeno in un primo momento, con la proposta di Conferenza internazionale sui territori occupati. Ma a guerra finita Washington dovrà far fronte anche alle pressioni degli alleati, soprattutto arabi. Così il dilemma d'Israele, se rinviare o no la reazione ad un periodo meno inopportuno per l'alleanza arabo-occidentale, minaccia di dividere il Paese. La destra vuole comunque che la reazione sia terribile. Scrive Ma'ariv, il secondo quotidiano del Paese: «Sarà una punizione così speciale che per un secolo dovranno ricordarsene. Per questo il colpo che assesteremo non deve fallire». Guido Rampoldi Abitanti di Tel Aviv recuperano effetti è ancora il paradigma di ogni aggressione. Ora vi si vuole leggere l'indifferenza dell'Europa alle sorti della Nazione ebraica. Secondo Abba Eban, l'ex minist:o dell'Israele laborista, l'indignazione israeliana per i tentativi negoziali degli europei alla vigilia del conflitto si spiega anche con la memoria storica di un popolo che si ò rivisto consegnato dal Vecchio continente all'Hitler di turno, Saddam Hussein. L'attuale successore di Eban al ministero degli Esteri, Levy, nei giorni scorsi ha ricordato alla Germania che la responsabilità storica dell'Olocausto avrebbe dovuto perlomeno suggerire a Bonn di non commerciare con l'Iraq, tantomeno di non aiutarlo a fabbricare quelle miscele chimiche con le quali adesso Saddam vorrebbe «gasare» la popolazione di Tel Aviv. «E' bizzarro doversi difendere dai gas tedeschi con una maschera anti-gas tedesca», ha commentato il romanziere Amos Elon. In realtà la memoria dell'Olocausto non è oggettiva, ci di¬