Saladino, ecco il sogno di Saddam

Saladino, ecco il sogno di Saddam Saladino, ecco il sogno di Saddam Molte le similitudini con l'antico condottiero Saddam Hussein ha un sogno. Sogna l'altura di Hattin e le armate cristiane lanciale da Ugo di Lusignano contro gli accampamenti di Saladino. Vede la polvere che inghiotte i soldati, le frecce che anticipano la carneficina, le fòrze musulmane praticamente in scacco e scaraventate ai piedi delle retrovie. Sogna Saladino, smarrito e pallido che si liscia i baffi, si protende in avanti e intima: «Smentite il diavolo». I franchi barcollano, la furia del profeta è incontenibile. La vittoria è completa. I soldati cristiani annegano nel loro sangue. Chi scampa e sgozzato. Il mondo arabo ottiene la più grande vittoria contro l'Occidente. Saddam Hussein sogna di essere Saladino. E le similitudini tra i due sono talmente palesi da far pensare che tutta la camera del dittatore iracheno sia stata ispirata dall'agiografia del condottiero che terrorizzò l'Occidente e ricucì, da Baghdad ad Aleppo, alla seconda cateratLa del Nilo, il mondo arabo. Saladino, come Saddam, era un avventuriero di oscura origi¬ ne. Si impose alla guida dello Stato arabo con le armi in pugno e la sua stella giunse allo Zenit proprio dopo quell'impresa, tanto grande quanto disperata, nella seconda metà del Dodicesimo secolo. Il mito di Saladino si alimentò sì della sua intelligenza militare, ma soprattutto della furbizia diplomatica, dell'ostentata cavalleria intercalata ad atroci esecuzioni, del mutamento di campo ogni qual volta gli balenava la possibilità di sottomettere nuovi territori. Come Saddam, prima di incrociare le anni con i cristiani, e ne avrebbe fatto volentieri a meno, sottomise le popolazioni musulmane. La sua ferocia si sfogava soprattutto contro gli sciiti, eretici dell'Islam da riconvertire. Così, anche Saddam usò quest'immagine nella guerra contro l'Iran, Paese di osservanza sciita. E come per Saladino, per il dittatore iracheno la religione è sempre stata uno buon acciarino per infiammare gli spiriti del suo popolo. Salvo poi fare alleanze che un integralista come Kliomeini non avrebbe mai tollerato: patti con il demonio. Esattamente quanto è avvenuto nella guerra con l'Iran. Fu infatti l'Iraq ad invadere il territorio persiano, anche se poi, di fronte al pericolo dell'integralismo religioso risvegliato dall'ayatollah, l'Occidente e gli «arabi occidentalizzati» si schierarono con lui. Né più né meno di quanto più di una volta capitò a Saladino, che non dimenticò mai, però, come di fronte ad un interesse superiore questi «connubi» si sciolgano. Saddam invece è stato meno cauto del suo eroe, ha sperato di poter invadere il Kuwait e di minacciare l'Arabia Saudita senza sollevare interessi economici tali da spingere il nuovo papa, George Bush, ad allestire una crociata contro di lui. Nelle biografie di Saladino si incontano altri episodi curiosamente attuali. Il sultano, dopo la presa di Gerusalemme, giocò la carta degli ostaggi. Mentre in Europa si raccontava di chiese profanate, monumenti distrutti, cristiani torturati e uccisi. Saladino in persona fece liberare i prigionieri, cercando in questo modo di investire insospettati ambasciatori che avrebbero fatto circolare per l'Occidente l'immagine di un uomo magnanimo. Su questa politica degli ostaggi, Saladino tornò più volte, guadagnandosi la fama di gran cavaliere nel ciclo di «chansons» e «romans» della Seconda Crociata. II sultano, come Saddam, fu un grande comunicatore e tenne, almeno secondo i suoi biografi, rapporti diretti con i grandi del suo tempo. Nella lettera inviata a Federico Barbarossa cerca di infondere all'Occidente la paura della potenza musulmana, esaltando il numeio di conversioni all'Islam e la possibilità che gli Stati musulmani avevano di agire per comunicazioni interne. Saladino, per la prima volta, si presentò come l'unica spada di Allah. La stessa formula che ha usato Saddam Hussein senza surtire l'effetto voluto. Solo una modesta schiera di popolazioni arabe, infatti, si è schierata dalla sua parte. Ma qui, ancora una volta, escono le similitudini. Saladino a Damasco era esaltato, ma il mondo arabo non era cer- tamente compatto con lui. Il califfo di Baghdad temeva il suo espansionismo e molti musulmani lo accusavano di abusare della religione per scopi personali. Solo con la forza si assicurò la fedeltà delle altre popolazioni arabe, pronte, appena possibile, a rialzare la testa e magari ad allearsi con i Franchi per la libertà. Come in tutta la storia del Medio Oriente, ad un certo punto l'obiettivo, il simbolo della potenza, divenne Gerusalemme. Saddam minaccia Israele, isola occidentale nell'arcipelago arabo, suo primo obiettivo nel caso scoppi il conflitto; Saladino, dieci anni dopo essere diventato sultano d'Egitto, Siria e Mesopo- tamia (1177), coronò il sogno di potenza conquistando Gerusalemme. Passarono cinque ansiosi anni in cui l'Europa preparò la riconquista dei Luoghi Santi. Fino a che Riccardo Cuor di Leone, nella pace del 1192 (un anno prima della morte di Saladino), gliene riconobbe il possesso. Questo probabilmente sognava Saddam, ripercorrendo la vita di Saladino. L'attesa, le minacce, gli enunciati, giocare al gatto e al topo per un po' di tempo, mascherare l'invasione in modo che nessuno perda la faccia; senza mai passare alle vie di fatto. E poi, un giorno, il nuovo re Riccardoche con il suo scettro ratifica l'annessione di una nuova provincia al territorio iracheno. Magari in carneo di qualcosa. Ma Saladino, alla fine, ha lasciato Saddam a piedi. Il dittatore iracheno ha soltanto un giorno per sperare che la storia non gii si ritorca contro, e quanto meno gli riservi, se non la gloria, almeno il Limbo. Proprio il luogo dove Dante relegò Saladino. Pier Luigi Vercesi Un gruppo di cavalieri d'Allah in una miniatura di Alphonso X, re di Castiglia nel XIII Secolo. Così i musulmani apparivano allora, all'epoca delle Crociate, agli occhi degli europei