La perestrojka macchiata di sangue di Enrico Singer

La perestrojka macchiata di sangue Eltsin corre in Estonia per un patto con i baltici: «Siamo a un passo dal precipizio» La perestrojka macchiata di sangue I russi minacciano l'accordo sul bilancio. Il silenzio di Gorbaciov MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il massacro di Vilnius annuncia ore drammatiche anche a Mosca. Mikhail Gorbaciov tace, ma lo scontro politico che oppone radicali, moderati e conservatori, ormai, si è macchiato di sangue e il tempo dei compromessi sembra scaduto. «La crisi è a un passo dal precipizio», ha detto uno dei più stretti collaboratori di Boris Eltsin. E proprio il presidente della Repubblica russa, ieri, è passato al contrattacco dopo una mattinata di consultazioni frenetiche, di contatti con il ministro della Difesa, Yazov, e di telefonate al presidente lituano, Landsbergis, assediato nel suo Parlamento dall'Armata Rossa. Boris Eltsin è partito per Tallin, la capitale dell'Estonia, e qui oggi dovrebbe firmare con i leader baltici una dichiarazione comune. Sarà una specie di «patto», un'alleanza tra Repubbliche che vogliono difendere la loro sovranità contro il centro dell'impero sovietico. «La Repubblica russa ha chiaramente espresso la sua condanna dell'uso della forza per risolvere i problemi nazionali», ha dichiarato Boris Eltsin subito dopo l'arrivo a Tallin. «E ieri, prima di partire, l'ho ripetuto anche a Gorbaciov», ha aggiunto il leader radicale che si è poi incontrato con il presidente estone, Edgar Savisaar. C'è chi ipotizza per oggi addirittura una tappa di Eltsin a Vilnius in un estremo gesto di solidarietà con gli indipendentisti lituani. Ma, anche se le «condizioni oggettive» dovessero impedire la visita nella capitale della Lituania, la nuova sfida al Cremlino è lanciata. Boris Eltsin aveva già denunciato sabato scorso il rischio di trasformare il Baltico «nel campo di manovra delle forze che stanno facendo di tutto per riportare la dittatura in Unione Sovietica». Lo aveva fatto nel corso di una drammatica seduta del Consiglio federale che si era conclusa con un impegno a non usare la forza in Lituania ed era stato votato all'unanimità da tutti i componenti del Consiglio: da Mikail Gorbaciov ai presidenti delle Repubbliche. E' da questo impegno tradito che Boris Eltsin, adesso, vuole costruire la sua iniziativa politica. Nei Paesi baltici, ma anche nel cuore stesso di Mosca. Il Presidium del Soviet supremo russo potrebbe riunirsi oggi stesso per esaminare altri mezzi di pressione per fermare la prova di forza in Lituania e due «contromisure» circolano già. Se i paracadutisti non saranno ritirati da Vilnius, la Repubblica russa sarebbe ben decisa a denunciare l'accordo che era stato faticosamente raggiunto sul bilancio federale. La Russia contribuisce per il 50 per cento alle finanze dell'Unione e la riapertura della «guerra del rublo» paralizzerebbe l'economia sovietica. L'altra contromisura prevista è il divieto di utilizzare con «compiti repressivi interni» i soldati russi che servono nell'Armata Rossa. E' una minaccia che metterebbe in crisi l'esercito sovietico che è composto per circa il sessanta per cento da giovani di nazionalità russa. Boris Eltsin, insomma, sembra deciso a contrastare con iniziative e misure molto concrete quella che per il leader radicale è «la prova della svolta a destra di Mikhail Gorbaciov». Il capo del Cremlino, per ora, non ha replicato a questa pioggia di contestazioni. Ieri tutti attendevano un discorso di Mikail Gorbaciov, un suo intervento in televisione per chiarire i mille interrogativi sollevati dall'intervento armato a Vilnius: in Urss e all'estero. Le reazioni di sconcerto e di allarme che sono state espresse da tutte le capitali hanno un peso notevole per Mosca e Gorbaciov non può davvero ignorarle, anche perché un improvviso gelo dei rapporti internazionali finirebbe per ripercuotersi in un gelo degli aiuti tanto sollecitati e tanto attesi per risanare lo situazione disastrosa dell'economia dell'Urss. Ma la «replica» di Gorbaciov alle critiche interne e internazionali si fa attendere. Ieri il capo del Cremlino ha inviato il suo ministro dell'Interno, Boris Pugo, in televisione per lanciare un generico invito alla calma, senza nulla concedere alle ragioni del governo di Vilnius. E questo non ha fatto altro che aumentare il timore di nuovi colpi di forza. L'allarme è alto soprattutto nelle altre due Repubbliche baltiche. Il vice presidente della Lettonia, Dainis Ivanis, ieri è stato molto chiaro. «Sappiamo che duemilacinquecento paracadutisti sono già nelle basi alla periferia di Riga e che po¬ trebbero entrare in azione da un momento all'altro». Nella piazza principale della capitale lettone, da ieri, duecentomila persone sono riunite di fronte alla cattedrale. E hanno intenzione di vegliare. Come a Vilnius. Enrico Singer Vilnius. Una folla di lituani osserva il passaggio della colonna di mezzi militari sovietici diretta verso la torre della televisione per occuparla