Che successo il teatro ritrovato di Armando Caruso

«La grande magia» e «L'uomo dal fiore in bocca» al Festival Italy in Canada «La grande magia» e «L'uomo dal fiore in bocca» al Festival Italy in Canada Che successo il teatro ritrovato Un pubblico bombardato da Sanremo applaude Gassman, Ughi e la Magnani Oggi e domani il cantautore al Regio Conte: tre concerti per gronde musico Le basi delle canzoni del suo Ip registrate alla scuola di Saluzzo «Chiusa! Chiusa... senza mai guardarci dentro. E cammina... non ti formare mai. Tanto, anche se lutto ti sembrerà un secolo, poi ti accorgerai che è durato soltanto un attimo. Anche voi... la vostra scatola... sempre chiusa... chiusa,..», E mentre la musica suona, Calogero a poco a poco sparisce con la mano a spiegare che mai, mai nessuno deve aprire la scatola magica dell'illusione. Mai. Si fa buio, e dai 1200 del Thcàtrc Maisonneuve piove una cascata di applausi. «La grande magia» di Eduardo, nell'allestimento del Piccolo di Milano con la regia di Giorgio Strehler (protagonisti Giancarlo Dottori e Renato De Carmine con Mimmo Craig, Rosalina Neri, Carlo Montini, Annalisa Costantino e Licinia Lenl.ini), è stato uno dei momenti culminanti del Festival «Italy in Canada», la manifestazione promossa da ministero degli Affari Esteri, Turismo e Spettacolo e Beni Culturali, in collaborazione con Regione Sicilia, Campania, Lazio e Lombardia, che lia allestito al di là dell'Atlantico una vetrina della cultura italiana. Il programma, da novembre alla fine di gennaio, comprendeva una scelta di spettacoli, ma anche esposizioni o mostre, per offrire, nelle intenzioni degli organizzatori, il meglio del made in Italy in fatto di musica, teatro, danza, arti visive, design, architettura. E anche se forse non si ò trattato del meglio in assoluto, il cartellone proposto è stato quanto meno interessante sia per un «contatto» con il pubblico canadese in generale, sia per un «aggiornamento» della folta comunità TORONTO italiana residente tra Toronto, Montreal, Ottawa, Vancouver che oggi rappresenta il quarto gruppo etnico dopo quello inglese, francese e tedesco. Alla fine degli Anni Ottanta, la comunità italiana ha superato il milione di individui, due terzi dei quali sono concentrati nell'Ontario, 200 mila in Quebec, 93 mila nella British Coiumbia e 50 mila nello Stato di Alberta. Sono stati soprattutto questi italiani di prima e seconda generazione a far registrare il tutto esaurito ogni sera al Bluma Appel Theatre di Toronto (840 posti), al Maisonneuve e nelle altre sedi del Festival. E' un pubblico molto particolare, che sembra attendere sempre l'esplosione liberatoria della risata. Un pubblico che riesce a trovare lo spunto comico anche se Gassman recita «L'uomo dal fiore in bocca», o se Dettori si rifugia danzando nel limbo della follia. «Perché questi spettatori sradicati pagano una mancanza di tradizione teatrale confermano i responsabili del Piccolo, reduci dall'esperienza con le platee moscovite -. Non sono abituati a leggere il palcoscenico, arrivano al teatro attraverso i mass media, quindi restano legati allo stereotipo televisivo». E per dare un'idea dei programmi, basta dire che la Pay tv di lingua italiana trasmette il Festival di Sanremo praticamente tutto l'anno, tra repliche e special, il «Processo del lunedì» tre volte la settimana e non si spinge oltre «Domenica in». Ma la scarsa preparazione è compensata da un entusiasmo e una profonda capacità emozionale che gli attori italiani hanno immediatamente avvertito dal palcoscenico. Oltre alla DAL NOSTRO INVIATO Vittorio Gassman ha offerto in Canada il suo recital «Parole»; anche Uto Ugh «Grande Magia», Montreal e Toronto hanno ospitato «Parole», lo spettacolo-recital di Vittorio Gassman con Paila Pavese e Attilio Cucari (Ruzanfc, Pirandello, Belli, Marchese di Caccavone, Cardarelli, Kafka, il «Kean» di Dumas nell'adattamento di Sartre, brani di Dante, Neruda, Boris Vian e Ferlinghetti). «Il senso del mio spettacolo - ha detto Gassman - è la mancanza di senso. Ho voluto dare un'idea della diversità della mia esperienza teatrale. E se vogliamo, quella scimmia che diventa uomo in "Una relazione accademica" ha qualcosa a che vedere con il destino dell'attore. Come dico ai miei allievi della Bottega: siete pazzi, andatevene. Il talento non si può insegnare, se ce l'avete, allora forza». «Come attore - ha detto ancora - credo di avere una qualità di cui ha parlato il regi¬ sta Peter Brook: la capacità di restare bambino fino a 90 anni. Il mestiere d'attore comunque è delicato, pericoloso: in fondo si basa sulla scissione dell'io, che ò lo stesso principio della schizofrenia». Entusiastiche le accoglienze della critica per tutti gli spettacoli. Scontate per Strehler e il «mostro sacro» Gassman, per i Solisti Veneti o per Uto Ughi, hanno confortato anche le scelte più «difficili» degli organizzatori: «Il capitano Ulisse» del Bondo di Palermo (e pare che la comunità siciliana abbia obbedito a una generale parola d'ordine, intervenendo compatta alle rappresentazioni), i Pupi Siciliani e la Nuova Opera dei Burattini, e soprattutto la «Rapsodia per una stalla», lo spettacolo dei Sosta Palmizi guidati dal coreografo Giuseppe Rossi, i punta avanzata della danza INFORMAZIONE PUBBLICITARIA i è piaciuto molto al pubblic moderna italiana. A completare il Festival, anche il cinema: una retrospettiva dedicata alla Magnani (una folla al'inaugurazionc con «Bellissima»), una personale dedicata a Gassman e una settimana del Nuovo Cinema Italiano dalla «Stazione» di Rubini (poi regolarmente in prima visione) a «Tutta colpa del Paradiso» di Nuti, a «Buon Natale e Buon Anno» di Comencini. Alessandra Pieracci La pagina denon esce per mancanza Ce ne scusiamo o e alla critica dei dischi oggi di spazio. con i-lettori sta dalla grandissima vena poetica, perfettamente padrone di tutti i segreti dell'armonia. Un arrangiatore completo, che scrive tutte lo parti d'orchestra, che esperimenta al pianoforte ogni motivo, pronto a raccogliere i suggerimenti di Jimmi Villotti, il suo più stretto collaboratore e degli altri musicisti che fanno parte dell'equipe, certo che dal dialogo nascono i frutti migliori e più duraturi». A Saluzzo, Paolo Conte ha registrato per sei giorni, consecutivi, dalle 17 alle 23 «ma si finiva sempre alle tre - ricorda Muò - perché discuteva ogni nota, pretendeva da tutti il massimo della perfezione». Alle sovraincisioni hanno preso parte il «Quartetto d'archi» di Saluzzo e naturalmente i bravissimi musicisti dell'equipe che con Paolo Conte collaborano da tempo: Jimmi Villotti e Daniele Dall'Olmo alla chitarra; Danill Di Gregorio a percussione o vibrafono; Jino Touche, un ragazzo di 24 anni delle Mauritius che per amore s'è fermato in Piemonte ed è diventato contrabbassista con Gianni Negro; Leonardo Martina alle tastiere; Francesco Zennaro (oboe, sax, flauti), Massimo Pitzianti alla fisarmonica e Yoro Guye, trombone. Un ensemble variegato costituito da musicisti di diversa estrazione: i due chitarristi sono di Cuneo, lo due bravissime vocalist sono inglesi, una olandese e due del Ghana, ma tutti sintonizzati su un'unica lunghezza d'onda: quella di Paolo Conte. I concerti al Regio sono organizzati in collaborazione con Aics Contromusica, Big Club e Centro Jazz Torino. TORINO. Paolo Conte, «L'adulto prodigio», come l'aveva definito «La Stampa» per la presentazione ad Amsterdam del suo decimo album, nel novembre scorso, finalmente arriva al Regio: e come sempre senza clamori, senza trionfalismi, conscio dei suoi successi ovunque, Olympia di Parigi prima di tutto. Vi arriva da gran musicista, da cantautore più acclamato d'Europa, forse contento di non essere musicalmente un modernista, consapevole di aver trovato le sue radici culturali nei primi anni di questo secolo, di essere rimasto il Paolo Conte di sempre, che si trova a suo agio soltanto a Scurzolengo, nella campagna dell'Astigiano. Al Regio, Paolo Conte oggi alle 16 e alle 21 e domani ancora alle 21, canterà le suo canzoni più belle, fra cui quelle di «Parole d'amore scritte a macchina» il nuovo disco «made in Piemonte», costruito, nota per nota in casa, e non nei grandi studi d'incisione europei o giapponesi. E vale la pena di considerare questo aspetto tecnologico che il Piemonte oggi è in grado di offrire al grande cantautore. Le canzoni di «Parole d'amore scritte a macchina» sono state registrate in uno studio a Galliano Monferrato, a pochi chilometri da Scurzolengo, mentre il musicista ha completato la registrazione nella Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo, croata dai «Filarmonici di Torino» con l'appoggio finanziario della Cee e del ministero del Lavoro, oggi meta anche di tecnici giapponesi e tedeschi. «E' stata un'esperienza estremamente interessante - osserva Vittorio Muò direttore della Scuola di Saluzzo - vedere all'opera Paolo Conte. E' un musici¬ Armando Caruso