I quattro Grandi europei di Fabio Galvano
I quattro Grandi europei I quattro Grandi europei «Basta con la diplomazia ora tocca alle armi parlare» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Mosca chiede ai quattro maggiori Paesi europei di lanciare attraverso i canali della diplomazia un urgente appello a Saddam affinché si arrenda alla realtà. Ma «la fase diplomatica è terminata, ormai sono le armi a parlare», osserva il ministro degli Esteri francese Dumas. E così i Dodici della Cee, riuniti a Parigi in coda a un consiglio ministeriale dell'Ueo, raccolgono solo in parte l'aperto invito di De Michelis a far proprio quell'ultimo bagliore di pace. Esprimono sì «un appello pressante alle autorità irachene affinché ritirino immediatamente e integralmente le loro forze dal Kuwait, evitando nuove vittime e nuove distruzioni»; ma dalla capitale francese l'Europa riparte piuttosto con un più stretto coordinamento militare nel Golfo e, guardando al futuro, una nuova richiesta di Conferenza sul Medio Oriente. L'Italia, forte del voto di ieri mattina al Parlamento, si presenta al mondo come uno dei 4 Paesi europei — gli altri sono Gran Bretagna, Francia e Olanda — con un preciso ruolo operativo. Riuniti a poche ore dall'avvio delle ostilità, in un clima di esplicita soddisfazione per l'esito della prima ondata di attacchi, i ministri degli Esteri — prima quelli dei Nove, affiancati dai colleghi della Difesa, poi quelli dei Dodici — hanno lanciato al mondo un ennesimo show di compattezza. «Siamo tutti uniti in questa nuova fase», ha osservato l'olandese Van den Broek. E la Cee, trascurata da Saddam nel gioco della diplomazia, si limita in questa fase di guerra appena nata a insistere che bisogna spostare l'attenzione europea al dopo-crisi. E' stato ai Nove dell'Ueo — tutti i Paesi della Cee meno Irlanda, Danimarca e Grecia — che De Michelis ha comunicato il voto del Parlamento e le immediate conseguenze militari. «Abbiamo già dato — ha annunciato — le direttive per una piena partecipazione delle forze aeree e navali, che saranno operative nelle prossime ore. Esse sono poste, fermo restando il comando nazionale, sotto il comando operativo americano. Nel quadro di questo coordinamento parteciperemo senza limite di caratteristica delle missioni». Per molti è stata una sorpresa, perché si pensava che i dieci Tornado e le tre fregate dell'Italia avrebbero avuto essenzialmente un ruolo di supporto. Ma si è trattato di un salto qualitativo che De Michelis ritiene fondamentale. «Se a quest'operazione avessero partecipato soltanto Francia e Gran Bretagna — ha detto — ci saremmo ritrovati indietro di 45 anni, come nel 1945». «Se l'Europa vuole avere una politica estera comune — gli ha fatto eco il ministro Rognoni in un trasparente riferimento al futuro ruolo difensivo della Cee — deve anche avere una politica di difesa comune, perché questa è un supporto della politica estera. L'interesse nazionale non sempre si limita alla difesa dei confini». E' stato sulla linea della reciproca collaborazione fra i quattro impegnati operativamente e gli altri cinque, ma anche fra l'intera Ueo e gli Stati Uniti, che la discussione si è inanellata. Si è parlato di attività di pattugliamento delle squadre navali, di supporto logistico per il trasporto delle truppe americane, di personale medico, di tutto ciò che le amare realtà di una guerra rendono imperativo. E soprattutto si è ribadita in un documento ufficiale la condanna delle «responsabilità» di Saddam, mentre a Bruxelles la Nato teneva la sua seconda seduta in 12 ore (la prima era stata alle 3,30 del mattino, per un'informativa dell'ambasciatore americano conclusasi con un'espressione di «solidarietà e appoggio» per le forze della coalizione impegnate nel Golfo): un incentro del Comitato per i piani di difesa, che decideva fra l'altro lo spostamento di 8 unità (di cui 5 fregate) nel Mediterraneo orientale e l'invio di 5 cacciamine dalla Manica. L'Europa che secondo il ministro degli Esteri belga Eyskens è «un gigante economico, un nano politico, un verme militare», è uscita a testa alta da questa giornata di grande tensione, nella quale si trattava di governare il difficile passaggio dalla diplomazia alla guerra. E lo ha fatto, soprattutto nella riunione dei Dodici, volgendosi al dopo-crisi. Ha così approvato due idee che l'Italia ha sempre appoggiato. Anzitutto un «approccio globale attraverso una politica mediterranea rinnovata»: la ricerca di quella Cscm, formula mediterranea della Csce, vagheggiata da De Michelis. In secondo luogo l'esplicito richiamo a un «pieno impegno» in favore della convocazione di una Conferenza internazionale sul Medio Oriente. Le proposte di pace del dopoguerra non si discostano molto da quelle che forse avrebbero potuto prevenire il conflitto. Fabio Galvano
Persone citate: De Michelis, Dumas, Eyskens, Rognoni
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