De Cuéllar: io non posso fare più nulla

De Cuéllar: io non posso fare più nulla De Cuéllar: io non posso fare più nulla «Non c'è niente su cui trattare, la pace dipende dall'Iraq » q » WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Non c'è molto che io possa fare, adesso la pace dipende dalla capitolazione dell'Iraq». Javier Perez de Cuéllar ha risposto con queste parole agli appelli provenienti da alcuni Paesi perché l'Onu interponga i suoi uffici per interrompere la guerra. Il presidente della Tunisia, Ben Ali, che ha finora ha appoggiato la posizione irachena, aveva infatti rivolto una richiesta in questo senso. L'ambasciatore cubano alle Nazioni Unite, Ricardo Alarcon, ha avanzato la proposta, peraltro informale, che sia convocato il Consiglio di Sicurezza per chiedere la cessazione dei combattimenti. Anche lo Yemen ha fatto la stessa cosa. Ma gli Stati Uniti, appoggiati da Gran Bretagna e Francia, hanno fatto subito sapere che, qualora questo avvenisse, por¬ rebbero il veto. De Cuéllar ha espresso «profondo dolore» quando è stato informato dell'inizio dei bombardamenti aerei, in una riunione informale del Consiglio di Sicurezza attorno alla mezzanotte (ora di New York), dal capo missione Usa all'Onu, Thomas Pickering. «Come Segretario generale dell'Onu, che è un'organizzazione di pace, io posso solo provare tristezza per l'inizio delle ostilità». «Ma - ha aggiunto - dopo il fallimento dei tentativi diplomatici, non potevamo aspettarci nulla di diverso. Pertanto, al momento, non penso che ci sia più spazio per la diplomazia, il che significa che non c'è molto che io possa fare». Il Segretario generale ha poi precisato che «le ostilità erano contemplate nella struttura delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza». Fin dall'inizio della guerra, il rappresentante americano Pickering si era affrettato a ribadire che «l'Iraq può ancora evitare ulteriori distruzioni con un completo, immediato ritiro senza condizioni dal Kuwait». «Noi speriamo - ha affermato l'ambasciatore Pickering di concludere le ostilità il più presto possibile, in coerenza con la piena realizzazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza». Gli americani, per evitare il sorgere di polemiche, sentono il bisogno di ripetere l'assicurazione, già fornita da Bush, che l'obiettivo del «Desert Storm» è liberare il Kuwait, non invadere l'Iraq. E' questo il punto che ha sollevato ieri il capo-delegazione sovietico all'Onu, Yuri Vorontsov. L'Urss, peraltro, ha appoggiato senza titubanza l'attacco dell'aviazione americana, purché sia chiaro che l'obiettivo è solo la liberazione del Kuwait e non la «distruzione» dell'Iraq. Per il resto, sulla strategia da usare tocca agli Stati Uniti decidere. «Gli Usa - ha dichiarato Vorontsov - hanno creato una forza per liberare il Kuwait con mezzi militari dopo che certe condizioni non sono state accettate da Saddam Hussein. Chi siamo noi, adesso, per dire a loro come devono fare?». Mentre, fin dall'inizio dei bombardamenti, l'ambasciatore kuwaitiano all'Onu, Mohammad Abulhasan, ha applaudito, come era ovvio, l'aviazione degli Stati Uniti, augurandole un rapido successo, altri Paesi del Terzo Mondo o cosiddetti non-allineati hanno espresso grande preoccupazione, oppure, come nel caso di Cuba e Yemen, una forte opposizione. «E' un grave colpo al prestigio delle Nazioni Unite l'essersi comportate come.una specie di alto comando per l'esercito americano», ha detto Alargon. «E' dovere del Consi- glio di Sicurezza - ha aggiunto - fare un appello per la cessazione delle ostilità». L'ambasciatore indiano, Chinmaya Rajanitah Gharekhan, si è limitato a definire «disastroso» l'esplodere delle azioni di guerra. L'ambasciatore iraniano, Kamal Kharrazi, ha espresso grande «tristezza», aggiungendo che «sarebbe stato necessario cercare di evitare un simile evento». «Ma - ha aggiunto adesso dobbiamo solo aspettare e sperare che l'Iraq si ritiri dal Kuwait». Le proteste di Cuba, Yemen e Tunisia, non hanno nessuna possibilità di smuovere il blocco costituito da Usa, Urss, Francia e Gran Bretagna, che sono quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio e, a questo punto, sono compatti sulla necessità di ottenere con ogni mezzo la liberazione del Kuwait. Il quinto membro, la Cina, all'Onu ha taciuto. [p. p.l