Le lunghe ore dell'inferno iracheno di Aldo Cazzullo

Cronaca del primo giorno di guerra: marines in campo, scontri al confine kuwaitiano Cronaca del primo giorno di guerra: marines in campo, scontri al confine kuwaitiano Le lunghe ere dell'inferno iracheno E cinquanta carri armati fuggono verso VArabia erto DADigidr CENTRI DI RICERCA 0 COSTRUZIONE ARMI CHIMICHE T CONCENTRAMENE * DI TRUPPE SAMARRA Fabbrica di armi chimiche, in pieno deserto ro^^ BASI AEREE ro^^ CONCENTRAMENTI DI CARRI RAMPE DI LANCIO MISSILI STABILIMENTI CHIMICI CENTRI DI RICERCA NUCLEARE BAGHDAD 2,3 milioni di abitanti. Vi si trova il palazzo presidenziale di Saddam Hussein, il quartier generale dell'armata e una base aerea L'Iraq reagisce DARABANDIKHAN Diga che alimenta le centrali idroelettriche della regione di Baghdad TC(IsrefraInatin TUWAIT Complesso nucleare di Osirak (Israele vi ha bombardato nel 1981 il reattore nucleare di origine franceseTammouz 1). L'Agenzia Internazionale di energia atomica ignora se l'Iraq possieda altre installazioni nucleari SALAMN PAK Industria di armi chimiche NPal'Ece CHOU'AIBA Base aerea NAZIRIYAH Ponte autostradale sopra l'Eufrate e centrale elettrica HILLAH Sede dei «laboratori militari». E' qui che Farzad Bazoft, giornalista dell'Observer, è stato arrestato per spionaggio il 15 settembre 1989, prima di essere condannato a morte e impiccato il 15 marzo 1990 BASSORA Seconda città irachena con un milione e mezzo di abitanti. All'uscita Sud della città, grosso complesso petrolchimico e industria di gas naturale I centri nevralgici dell'Iraq: installazioni nucleari e industrie di armi chimiche, laboratori militari, basi aeree e rampe di missili no stati sparati missili Cruise e Tomahawk contro l'Iraq e il Kuwait. Sei portaerei sono le basi inattaccabili delle continue incursioni. ORE 4,50 l'Iraq prima dell'avanzata. Ma le guerre si raccontano dopo, non prima. L'attacco al territorio kuwaitiano avviene all'alba. Per ore filtrano solo notizie contraddittorie: Riad afferma che basi irachene sono state sbaragliate e un gruppo di soldati si è arreso, voci e smentite si inseguono. Nel pomeriggio le prime notizie attendibili, dalle forze armate di Londra: i topi del deserto, gli uomini della settima brigata corazzata britannica, hanno cominciato a muoversi verso Nord attraverso il deserto saudita, per raggiungere la frontiera con il Kuwait. Le fonti dell'emirato coincidono con quelle egiziane: la seconda fase dell'operazione Tempesta nel deserto è cominciata nella zona di Hafr al Baten, al confine tra Kuwait e Arabia Saudita. Mezzi corazzati hanno distrutto le due uniche basi aeree di Saddam nella sua «diciannovesima provincia». Cinquanta carri armati di Baghdad si precipitano verso il nemico, ma non è un assalto, è una diserzione. Un corrispondente dell'agenzia egiziana Mena racconta: «Ho visto 190 tra ufficiali e soldati iracheni scendere con le mani alzate dai loro tanks T-62 di fabbricazione sovietica». Il comandante delle «L'aviazione nemica è decimata, la guardia repubblicana, i pretoriani del dittatore, è distrutta. C'è la speranza che l'intero esercito si sfaldi». E' stato un bombardamento, non una battaglia aerea. Si parla di settecento jet iracheni a pezzi: i caccia non hanno fatto neppure in tempo ad alzarsi. I piloti Usa avvistano uno stormo in fuga verso Nord: il nemico sa di non poter combattere. Saddam non può contrattaccare sui cieli. «Stiamo scrivendo la storia», commenta il colonnello Bav Davies. Aggiunge l'ex segretario alla Difesa Caspar Weinberger: «Puntavamo sull'effetto sorpresa, l'abbiamo ottenuto». Non sono bombardamenti a tappeto, ma attacchi mirati: non per fare strage tra la popolazione, ma per metter fuori combattimento l'avversario, impedire ogni reazione. E a lungo non ci sono notizie della risposta irachena: il colosso bellico di Saddam sembra tramortito. La Cnn parla di cinque missili lanciati contro l'Arabia, il segretario alla Difesa Cheney smentisce. L'artiglieria di Baghdad colpisce una raffineria saudita. Del Califfo non c'è traccia. Secondo la Cbs, anche da due navi schierate nel Golfo, la Missouri e la Wisconsin, so¬ co non c'era nessun uomo del regime, ma l'America ha scelto di colpire i simboli dell'orgoglio militare iracheno. ORE 7,35 ORE 10 L'inferno ogni ora Il Pentagono alla Cbs: «Gli attacchi aerei non avranno sosta». E' vero: a Baghdad le ondate si susseguono di ora in ora, l'aviazione irachena è ridotta all'impotenza. Nelle basi dell'Arabia Saudita decolli e rientri sono continui. La Cnn: una colonna di fumo nero s'alza dalla periferia, brucia una fabbrica. Nessun edificio religioso è danneggiato, i missili non colpiscono a caso. Una notizia dall'Onu: l'ambasciatore Usa Thomas Pickering annuncia che i bombardamenti finiranno se l'Iraq lascia il Kuwait. Saddam a radio Baghdad: «Bush, non ci hai piegati, il Kuwait è nostro». ORE 16,30 // secondo assalto Saddam, la rabbia L'Air Force attacca in pieno giorno. L'Italia si sveglia e segue la guerra in diretta tv: la reazione irachena è debole, gran parte delle postazioni missilistiche sono fuori uso. Ora vanno all'assalto anche i francesi, con 14 cacciabombardieri «Jaguar»: quattro vengono danneggiati. Baghdad sostiene di aver abbattuto quattordici aerei nemici, il Pentagono ammette la perdita di un F-18, Londra di un Tornado. Saddam: risparmiate la vita ai piloti, ma gli inglesi sono già in salvo. Colpita una centrale elettrica e una caserma della milizia popolare: qui i morti sarebbero molti, ma nessuno azzarda cifre. Un testimone parla di bersagli mancati: la reggia di Saddam è intatta. Le esplosioni paralizzano la vita che accennava a riprendere, le auto rientrano veloci. Baghdad è una capitale fantasma: per le strade non c'è quasi nessuno, chi può1 fugge. Una fitta nebbia nasconde ai rari passanti gli stormi nemici. Saddam replica a Bush: «Sei un criminale assassino, la pagherai». E' il primo di una serie di messaggi al suo popolo. Il Califfo promette ancora la vittoria: «Allah Akbar», Dio è grande. «E' cominciata la madre di tutte le battaglie». Poi esce a passeggiare per Baghdad, si fa fotografare. La gente che lo incontra si china a baciargli le mani. ORE 5,30 Le telecamere abbandonano per un attimo la città in agonia, la Casa Bianca annuncha che «il Presidente degli Stati Uniti parla alla nazione». «Questa guerra non è cominciata stanotte», dice Bush. «Questa guerra è cominciata il 2 agosto, quando Saddam ha invaso un Paese inerme, l'ha saccheggiato, seviziato, commettendo atrocità anche contro donne e bambini. Da allora tutti gli sforzi diplomatici sono stati inutili. Non potevamo più attendere. Ma non sarà un altro Vietnam. Proteggeremo la vita dei soldati alleati. Non falliremo. Restituiremo il Kuwait al governo legittimo, l'Iraq dovrà obbedire all'Onu e diventerà un Paese pacifico». ORE 4 La ricognizione L'alba squarcia il sipario sulle ferite aperte dall'attacco. La vita della città ricomincia in apparenza tranquilla. Gli F-16 sorvolano Baghdad, ma colpiscono bersagli limitati. Aerei da ricognizione fotografano gli obbiettivi per verificare se il successo dell'assalto è completo. Colpite anche le Poste e la sede del partito unico, il Baath. Un'ala del ministero della Difesa è distrutta, un'altra è in fiamme: al momento dell'attac¬ Obbiettivo Kuwait La liberazione dell'emirato comincia davvero. Le forze alleate preparano l'azzardo: penetrare via terra nel regno di Saddam, dove le attendono 650 mila uomini, trincee e carri armati. Pare una svolta nel conflitto, che coglie di sorpresa esperti militari e giornalisti. Lo scenario della vigilia prevedeva giorni di bombardamento su tutto truppe di Mubarak annuncia che i suoi uomini non combattono contro i fratelli musulmani e sono pronti a ricevere i disertori. I bombardamenti colpiscono tutti i centri vitali della macchina bellica irachena: bruciano due basi al confine giordano dov'erano missili puntati contro Israele, i Jaguar francesi colpiscono un aeroporto militare in Kuwait, radio Teheran raccoglie il racconto di un profugo che parla di durissimi attacchi contro le installazioni di Bassora. ORE 19 «Numerose piattaforme petrolifere saudite nel Golfo Persico sono state raggiunte da missili di Baghdad e sono ora in fiamme», afferma l'agenzia irachena Ima. Brucia un serbatoio di petrolio di una raffineria saudita al confine con il Kuwait. Ed è la rappresaglia: elicotteri da combattimento della forza multinazionale distruggono batterie d'artiglieria nell'emirato. Sempre dall'Iran, una notizia sembra disegnare lo scenario più temuto, l'incendio che si estende alle altre nazioni del Medio Oriente. La tv sostiene che 18 jet iracheni hanno attaccato postazioni egiziane e che Baghdad ha lanciato 4 missili «Scud B» verso il Bahrein. Altri bersagli, la raffineria saudita di Khafji e l'area petrolifera «Hisham-6». «Un F-15 Usa si è schiantato, il pilota si è gettato in mare con il paracadute». ORE 20 «Il nemico resiste» La televisione irachena interrompe le trasmissioni. Gli Stati Uniti avvertono Saddam: non ti daremo tregua. Il segretario alla Difesa Dick Cheney dichiara che «la campagna sarà totale, senza sospensioni». Aggiunge il capo di Stato maggiore Colin Powell: «Gli attacchi continueranno e si espanderanno. Finora l'80 per cento delle missioni ha avuto successo, nessun missile è riuscito a partire dall'Iraq. Però abbiamo incontrato una considerevole resistenza da parte della contraerea». Bush è prudente: «La guerra non sarà breve né facile». L'Iraq grida al mondo il «suo» bilancio dei bombardamenti: 23 civili morti, tra cui vecchi, donne e bambini, ma anche 44 aerei nemici abbattuti. Londra e Washington negano. Il comandante francese Maurice Schmitt: «Saddam non potrà più usare l'arma chimica, gli alleati hanno neutralizzato i sistemi di lancio. Metà aviazione è fuori combattimento». ORE 11 Marines in campo Ora anche il Pentagono ammette che «truppe di terra americane muovono verso il fronte kuwaitiano. Sono unità anfibie da sbarco e dei marines». Una marcia d'avvicinamento all'obbiettivo, ma la tv giordana parla di violenti scontri alla frontiera e di un contrattacco dell'aviazione irachena. «A Kuwait City tutto tranquillo», dice al telefono un testimone alla Cnn. Esperti militari di Washington sostengono che il potenziale offensivo di Baghdad nei confronti di Israele è notevolmente ridotto, anche se un attacco è pur sempre possibile: «E' la prima, importante vittoria strategica degli alleati. Così gli Stati Uniti hanno evitato una serie di problemi imbarazzanti». Cioè l'allargamento delle ostilità a tutto il Medio Oriente, se non il crollo dell'alleanza con gli arabi. Se Saddam avesse potuto sferrare un attacco chimico contro Gerusalemme, provocando l'inevitabile risposta di Shamir, come poteva sperare Bush che Siria, Egitto, Marocco avrebbero combattuto al fianco del loro Nemico? Ora questo rischio dovrebbe essere evitato. Ma sulla strada per Kuwait City c'è ancora lo sbarramento di duemila carri armati e di un esercito compatto. In serata il Pentagono precisa che i movimenti di truppe al confine con l'emirato non significano che l'attacco via terra sia imminente. La guerra dal cielo «continuerà per parecchi giorni, con il ritmo di ieri: 1400 incursioni». Aldo Cazzullo