«Se il denaro rincara la colpa è dei Bot»

I banchieri fanno il check-up della crisi: la situazione ancora sotto controllo, una guerra cambierà tutto I banchieri fanno il check-up della crisi: la situazione ancora sotto controllo, una guerra cambierà tutto «Se il denaro rincara la colpa è dei Bot» Barucci: è stato il marco a spingere al rialzo i tassi ROMA. Il Golfo non c'entra. Non è stato finora il vento di Saddam a spingere in maniera diretta al rialzo il costo del denaro. Le banche stanno aumentando invece i tassi attivi minimi perché si è ridotta la domanda di impieghi a titolo speculativo in seguito alla flessione registrata dagli interessi dei Bnt. Una condizione che, accompagnata al pur lieve allentamento della politica monetaria, ha permesso alle banche di manovrare con maggiore libertà. Ma proprio ieri Carli ha fornito i dati sull'ultima asta dei Cto: sono andati a ruba (la richiesta ha sfiorato i 2100 miliardi contro i 1500 offerti) con rendimenti in aumento (12,50%). La situazione sul fronte bancario, comunque, finora è sotto controllo: non vengono segnalati trasferimenti di capitali, non c'è nessuna notizia di carenza di liquidità. Non si è verificata nessuna corsa al «contante» e lo svuotamento di alcuni Bancomat è da considerarsi «assolutamente fisiologico». A fornire questo scenario è stato ieri mattina il presidente dell'Abi, Piero Barucci, che ha fatto con i giornalisti il punto della situazione al termine della riunione del comitato esecutivo dell'associazione. Anche sul piano internazionale attualmente i mercati sono in condizioni di assoluta normalità: la stessa perdita accusata dalla piazza di Tokyo è fisiologica - ha rilevato Barucci ed anche l'andamento dei tassi d'interesse al momento non presenta alcuna anomalia. Secondo Barucci, tuttavia, il quadro attuale non è significativo: «Se ci sarà la guerra, infatti, non bisogna nascondersi che anche la struttura dei mercati finanziari sarà toccata ed in modo attualmente non prevedibile». Barucci ha anche fornito alcuni dati circa l'andamento del sistema bancario interno: a dicembre la crescita degli impieghi si dovrebbe aggirare sul 16% (rispetto a dicembre '89), la raccolta incrementarsi del 9, mentre continua ad aumentare l'apporto dei certificati di depo- SEGNALI DI CRISI sito sulla massa monetaria (oltre il 18%). Analizzando la situazione economica internazionale degli ultimi mesi, Barucci ha rilevato due aspetti positivi: un trend di crescita dell'inflazione inferiore alle attese e l'andamento decrescente dei prezzi delle materie prime, situazione favorita dal cambio debole del dollaro. Se si esclude il «fenomeno Germania», ha aggiunto, si avvertono segnali per un leggero decremento dei tassi d'interesse nominali. L'avvicinarsi del conflitto ha spostato le tensioni dal marco tedesco al dollaro, divenuto oggetto di domanda; ciò ha consentito la diminuzio¬ ne della pressione sulla politica monetaria ed i tassi hanno così potuto cominciare a scendere. La tesi di Barucci sul rincaro del costo del denaro e stata sposata in pieno dal direttore generale del Banco di Sicilia, Ottavio Salamone. L'istituto ha reso noto che aumenterà dello 0,5% i tassi attivi «non tanto per il conto economico della banca, quanto per l'arbitraggio con i rendimenti lordi dei Bot». Anche il San Paolo di Torino ha deciso di ritoccare i tassi dello 0,5% per quelli sotto il prime rate (mentre quelli al di sopra sono stati «leggermente aumentati») seguito dalla Cariplo che portato il top rate dal 18 al L'amministratore delegato del Banco di Roma, Marcello Tacci, ha invece così spiegato la decisione di aumentare, da soli, il prime rate: «Non si possono aumentare i tassi in maniera significativa se non si aumenta il prime rate». Una misura questa che non sembra sarà seguita da altri istituti. Le banche, in fin dei conti, lamentano un aumento del costo della raccolta che i tassi praticati sino ad ora non hanno sufficientemente remunerato. Anzi come ha stigmatizzato con una battuta lo stesso Barucci - «gli imprenditori hanno fatto quattrini su di noi». [c. roc] 18,50%. dare. A titolo d'esempio gli analisti di Prometeia citano l'abbigliamento, che da quando il dollaro si è messo a scendere, ha perso quote di mercato. Ma il discorso vale anche per la chimica di consumo, schiacciata da una e propria stasi di vendite, per l'auto investita da una crisi mondiale, per l'informatica e le macchine utensili. Resta infine l'incognita dei mercati finanziari. Un segnale positivo è partito ieri dai Fondi. I prevedibili effetti della crisi del Golfo sui mercati azionari non indurrano le società di gestione dei fondi di investimento a vendere i titoli in loro possesso. A lanciare il messaggio, sui comportamenti delle principali società di gestione patrimoniale, è stato il segretario generale della Assogestioni Guido Cammarano, interpellato a Napoli a margine di un convegno sulla gestione professionale del risparmio. «I fondi di investimento, in questo momento, non sono pressati dai riscatti - ha detto Cammarano - ed i maggiori gestori non hanno intenzione di vendere. Anzi - ha aggiunto qualora i prezzi fossero particolarmente interessanti e si verificassero condizioni favorevoli, esiste la liquidità necessaria per procedere ad acquisti». II presidente dell'Abi, Barucci [r. e. s]

Luoghi citati: Germania, Napoli, Roma, San Paolo, Torino