Dal cuore del Medioevo di Giovanni Getto

Getto e gli inni cristiani Getto e gli inni cristiani Dal cuore del Medioevo Un libro di Giovanni Getto: «Ospite dell'anima. Meditazioni sullo Spirito Santo: il "Veni Sancte Spiritus" e il "Gloria Patri"» sarà a giorni in libreria, edito da Jaca Book. L'opera è curata da Carlo Ossola, autore anche dell'introduzione. Egli inquadra queste pagine, che ci aprono alle «notturne immensità del silenzio interiore», nel percorso scientifico di Getto, si tratti dei grandi personaggi manzoniani o della poesia di Leopardi e Pascoli, di S. Caterina da Siena o di Pascal. Pubblichiamo il primo capitolo CI IA' da tre secoli, e precisamente dal secolo IX, la cristianità, a opera forsedi Rabano Mauro o forse Idi qualche ignoto poeta di poco posteriore, possedeva nel Veni Creator un inno allo Spirito Santo soffuso di una sua cosmica suggestiva bellezza, quando l'innologia e la devozione alla Terza Persona della Trinità nella Chiesa occidentale si arricchirono di una nuova gemma, il Veni Sancte Spiritus. Non molto ci è dato conoscere intorno all'autore di questa sequenza, che venne definita la sequentia aurea. Apparsa sullo scorcio fra il XII e il XIII secolo e divulgata per opera dei Cistercensi, l'incertezza sull'autore, che oscilla tuttavia fra due soli veramente probabili nomi, quello di Lotario di Segni e quello di Stefano Langton, dovrebbe risolversi in modo più persuasivo in favore di questo ultimo. Lotario o Langton? Si tratta comunque di due personalità di statura eccezionale. Lotario: nato nel 1161 dai conti di Segni; discepolo negli studi di Parigi e di Bologna; cardinale a 27 anni; papa a 37 nel 1198 con il nome di Innocenzo III, un nome che riempie la storia della Chiesa medievale e che ci dispensa da altre particolari indicazioni. Stefano Langton: nato in Inghilterra verso il 1150; studente a Parigi negli stessi anni in cui vi si trovava Lotario; già ncll'80 «nominatissimus doctor theologiae»; poi cancelliere della scuola episcopale; cardinale nel 1206; eletto arcivescovo di Canterbury nel 1207; vissuto, perché impedito dal re di Inghilterra a entrare in sede, dal 1207 al 1212 presso gli amici cistercensi a Pontigny «ubi multa scripsit»; quindi sulla cattedra di Anselmo dAosta e di Tommaso 3ecket fino all'anno della morte (1228); in lotta contro Giovanni Senzaterra, a cui impose nel 1215 la Magna Charta; a capo infine del concilio di Oxford nel 1222. Due personalità dominanti e due culture notevolissime, e del resto non dissimili. Si tratta in sostanza della cultura che a Parigi aveva professato Pietro Cantore nel suo magistero, che risale al 1171, agli anni dunquedelia formazione di Lotario e di Langto.\ una cultura aperta ai problemi pratici della vita quotidiana, e non insensibile al fascino della letteratura e alla voce dei classici spesso riecheggiati. Piace pensare che la splendida sequenza dello Spirito Santo sia da attribuirsi all'uno o all'altro di questi due uomini forti nell'agire e forti nel sapere, nei quali insomma appare stampata più vasta orma dello spirito creatore. Certo, sarebbe bello conoscere qualcosa di più. Quale potenza evocatrice non hanno, per chi abbia gusto e dottrina storica, quelle poche righe che la grande Teresa ha scritto all'inizio del suo capolavoro, il Castello interiore: «Incomincio dunque quest'obbedienza oggi, festa della SS. Trinità dell'anno 1577, a Toledo, in questo monastero di S. Giuseppe del Carmine dove attualmente mi trovo...!» ma nel caso del Veni Sancte Spiritus il genere letterario e il breve spazio obbligato delle dieci strofe di tre senari ciascuna (i primi due sdruccioli e rimati fra loro, e il terzo con la clausola ium in rima con tutti gli altri ultimi versi di ogni strofa) non permettevano simili confessioni. Né d'altra parte altre testimonianze esterne ci sono rimaste. Jn tanto vuoto di notizie storiche e in tanta possibile libertà di movimento immaginativo, a essere, invece che critici, scrittori di romanzi o di teatro, si vorrebbe forse veder nascere la sequenza a Pontigny, nella pace trepida di attesa vissuta nell'abbazia cistercense dall'arcivescovo eletto di Canterbury, in un clima di fervido lavoro intellettuale («ubi multa scripsit») nello splendore della recente dignità cardinalizia; all'ideale displuvio di un'esistenza che saliva, faticosa e brillante, dagli anni trascorsi nell'ambiente degli studi teologici di Parigi, e stava per discendere, battagliera e gloriosa, tra lotte ed eventi religioso-politici di grande significato storico. La sequenza, degna della massima attenzione sotto l'aspetto tecnico-formale, ha una sua traboccante ricchezza di contenuto religioso, un'animazione singolare di prospettive psicologiche e teologiche. E basti pensare, subito fin dall'inizio, all'immensità del paesaggio umano e divino suggerito da quel verso d'apertura: Veni Sancte Spiritus. La sequenza, come l'inno Veni Creator, è impostata su questo invito, veni, che costituisce quasi la chiave musicale che apre l'ideale spartito su cui l'anima canta il suo canto («simphonialis est anima»!). Un verbo caratteristico In questo veni è il simbolo del nostro contegno orante, della nostra misteriosa relazione con la Persona Terza della Trinità. Questo verbo è in realtà il verbo tipico, caratteristico, dello Spirito Santo, del Paràclito, cioè del «chiamato presso», dell'«ad vocatus» (secondo traduce felicemente la Volgata, nella 1 lettera di Giovanni, il termine greco «paràclitos»). E' proprio dello Spirito Santo il venire (e valga il verbo quel che può valere, nel nostro linguaggio necessariamente inadeguato a rappresentare la verità che ci trascende, l'inattingibile profondità di Dio). Certo, anche il Padre viene a noi, ma viene con lo Spirito: e piuttosto siamo noi, venuti da Lui, ad andare, a ritornare a Lui. Il Padre ci ha mandati, e ci attende. E' Lui il nostro principio e il nostro fine. Egli non viene a noi se non nello Spirito Santo. Così il Figlio viene a noi con lo Spirito, e non sembra propria l'invocazione a Lui perché in questo momento venga a noi. Anche il suo venire nel mistero eucaristico e piuttosto un nostro andare a Lui, ed è condizionato da particolari limiti di ordinenaturale, di spazio e di tempo. Egli è già venuto nella pienezza dei tempi. Egli verrà ancora alla fine dei tempi. E' venuto come Redentore. Verrà come Giudice. Egli non ci ha però lasciati soli. Ha promesso di mandare il suo Spirito, lo Spirito del Padre. E' lo Spirito dunque che viene, anche se con Lui vengono insieme le altre due Persone. E' lo Spirito, in altre parole, che opera in noi, vivendo in noi in ogni istante e in ogni luogo. Giovanni Getto

Luoghi citati: Bologna, Inghilterra, Oxford, Parigi, Siena, Toledo