Il falco Bresciani razza in estinzione di Bruno Bernardi

Il bomber del Toro vuole confermarsi rapinatore d'area anche contro la Fiorentina Il bomber del Toro vuole confermarsi rapinatore d'area anche contro la Fiorentina Il falco Bresciani, razza in estinzione «Quest'anno mi gioco tutto» Il milanista tra farmaci e... zolle S. Siro, l'unica spiaggia che non aiuta Donadoni a guarire la pubalgia TORINO. E' un vecchio ragazzo del Filadelfia ma solo ora, dopo otto anni, sta diventando qualcuno. Giorgio Bresciani, toscano di Lucca che non ha mai tifato per la Fiorentina, a differenza del suo allenatore, il lombardo Emiliano Mondonico, è finalmente profeta nella patria adottiva, Torino. Con cinque gol, tutti in trasferta, è il capo cannoniere granata e oggi, contro i viola, vuole confermare il suo stato di grazia, espugnando il... Delle Alpi. Una partita che vale doppio per il Torino. E' l'occasione di compiere un importante passo avanti verso la «zona Uefa», contro un'avversaria coriacea ma già piegata nella finale del torneo di St-Vincent, e di tornare a vincere in casa dopo due mesi anche se, da due anni esatti, (sconfitta con il Napoli 1-0, gol di Careca, l'8 gennaio '891, la squadra torinese è imbattuta davanti al proprio pubblico con un bilancio, fra A e B, di 24 vittorie e 13 pareggi. Mondonico, recupera Policano e, al posto dello squalificato Benedetti, schiera Armoni da opporre a Borgonovo, con Bruno su Buso. In avanti tornano Martin Vazquez e Skoro, assenti a Marassi. Il terzo straniero, Muller, nuovamente infortunato, andrà in tribuna, accanto a Marchegiani che si prepara a rientrare nel retour-match di Coppa Italia con l'Inter in programma il 23 gennaio, a cavallo fra le due trasferte di campio- LAZIO-INTER ^^^«^^W^^^^^»^^^^^#^^Wfc»»««8 Uno Zoff insolitame IL GRANATA SECONDO SOLO A VIALLI BOMBER SQUADRA "jg GOL ^JJJ VIALLI SAMPDORIA 624 7 89 BRESCIANI TORINO 545 5 109 MATTHAEUS INTER 1.170 9 130 PIOVANELLI PISA 1.085 8 136 CANIGGIA ATALANTA 732 5 146 MELLI PARMA 1.193 8 149 KLINSMANN INTER 1.311 7 187 CIOCCI CESENA 1.326 7 189 BAG6I0 JUVENTUS 1.332 7 190 JOAO PAULO BARI 1.155 6 193 PADOVANO PISA 1.160 6 193 VOELLER ROMA 1.250 6 208 SERENA INTER 1.342 6 224 VAN BASTEN MILAN 1.170 5 234 EVAIR ATALANTA 1.181 5 236 MANCINI SAMPDORIA 1.257 5 251 SOSA LAZI0 1.313 5 263 nel più totale anonimato. Anche Bresciani, in autunno, stava per lasciare il Torino. Non sarebbe stata la prima volta, visto che era già finito in prestito all'Atalanta nella scorsa stagione, ma il Brescia lo acquistava a titolo definitivo. Insomma, è stato ad un soffio dal divorzio con la Casa Madre, un addio senza ritorno. Invece è rimasto, con un contratto sino al '93, e la doppietta vincente di Marassi con la Sampdoria testi¬ nato con Atalanta e Lazio. Bresciani è uno degli ultimi superstiti di una razza in estinzione, quella dei rapinatori di aree di rigore. E nei suoi gol ladreschi, nel modo di confezionarli, ricorda Paolo Rossi. Anche Pablito esplose ventunenne. Prima, pur avendo doti non comuni ma tre menischi in meno, non era stato capito, sia dalla Juventus che da Bagnoli, allora allenatore del Como che gli preferì un altro Rossi, finito poi nte scherzoso alla vigilia del match in cui te meggiano hanno nomi italiani: Melli, Piovanelli, Ciocci e Vialli. E Bresciani ha un'ottima media-gol, in rapporto alle presenze. Nato sotto il segno del Toro, ha messo su una grinta nuova, quella che gli è costata l'espulsione nel derby e due giornate di squalifica ma che gli consente di non farsi sopraffare nei corpo a corpo in area anche se, fisicamente, non è un colosso. E' un peso welter che ha affinato le sue doti di opportunista, astuto e tempista. «Il vivaio non produce più questo tipo di attaccanti, a parte un Casiraghi che usa la potenza», osserva Bresciani, il «Rossi dei poveri». Rossi aveva un... radar che gli consentiva di intercettare e catturare palloni considerati persi sotto porta. «Non sono bravo come lui, ma negli ultimi venti metri sono abbastanza rapido e, soprattutto, ho un partner ideale in Lentini: per me è fondamentale e, se entrambi stiamo bene, è capace di farmi segnare tre gol a partita», assicura Bresciani. Sono cresciuti insieme, un sodalizio che dura dall'84, interrotto per un paio di stagioni. S'intendono ad occhi chiusi. Le loro qualità si integrano e gli scambi diventano micidiali. «Solo così, non ceito in velocità ma manovrando di prima, potevamo mettere in crisi uno come Vierchowod», sorride Bresciani. E oggi cercano il bis. monia che, nel calcio come nella vita, ci sono svolte decisive, coincidenze • fortunate in momenti delicati. «Sì, è stata una svolta, mi sento più responsabilizzato, sono un altro anche in campo e gli avversari se ne stanno accorgendo», dice Bresciani. E aggiunge: «Mi prefiggo di giocare, di affermarmi: è l'anno giusto per dire che ci sono anch'io». A parte i tedeschi Matthaeus e Klinsmann, i bomber che pri- nta di battere il «morbo Giorgio Bresciani, 22 anni ad aprile, ha segnato finora 14 gol in serie A non sono più il giocatore dell'anno scorso ma in realtà nulla è cambiato in me: se manco nello scatto, negli affondo, dipende unicamente da questo malanno che mi frena. Le critiche in questi casi sono inevitabili ma a me interessa sapere di avere la solidarietà della società, dell'allenatore. Le nuove cure stanno facendo effetto: spero, molto presto, di poter dimostrare che Donadoni non è cambiato, è sempre quello di prima». Questa è la lucida autodifesa di Donadoni, il «ragazzino» scoperto da Bianchi e «plasmato» in seguito da più o meno importanti personaggi di diverse caratteristiche: da Sonetti a Vicini (Under 21 e Nazionale), da Liedholm a Sacchi. Senza dimenticare Vilma, la ragazza conosciuta sui banchi di scuola e diventata in seguito sua moglie. «Per me fu quasi un trauma ricorda - passare da Sonetti a Liedholm ma mi abituai presto alla filosofia del Barone. Purtroppo il Milan non decollava e io non riuscivo a dare il massimo anche se attorno sentivo la fiducia della società e del pubblico». Al punto che Berlusconi disse di lui: «E' quello che può accendere la luce a San Siro». Puntualmente Donadoni lo esaudì, così come lo aveva esaudito tempo prima quando lo scomparso Cesare Bortolotti lo aveva posto di fronte ad un dilemma che avrebbe reso felici milioni di ragazzi: «Boniperti e Berlusconi ti hanno chiesto ufficialmente: scegli tu dove vuoi andare». Disse no alla Juve e sì al Milan, per via della sua antica passione per Rivera ma anche per non allontanarsi dalla Lombardia. La nuova posizione che gli diede Sacchi in campo fece u resto. Gloria ma anche tanti incidenti e la pubalgia. Ora la lenta guarigione. Lo conferma anche il medico: «Si notano miglioramenti, è sulla strada della guarigione. Certo, ci fosse un terreno migliore...». In Comune hanno assicurato che il trapianto delle zolle proseguirà anche a febbraio, in modo da eliminare la ridicola freccia che parte da una porta all'altra con quelle corsie laterali che farebbero la gioia degli habitués delle spiagge di Copacabana ma non di Donadoni e compagni. Per la Coppa Campioni col Marsiglia, assicurano, San Siro avrà un terreno all'altezza della situazione: intanto col Bari, domani, ci si dovrà accontentare della solita «freccia» e non sarà certo l'ideale contro un avversario che vanta la migliore serie positiva del campionato, dieci partite senza sconfitte. Il Bari candidato a conquistare il titolo di «stella del Sud» anche se il Milan a sua volta non scherza: ha la migliore difesa del campionato e punta allo scudetto d'inverno. A scanso di equivoci, Sacchi ha chiesto ieri ai suoi ragazzi un «furore agonistico perché si rischia soltanto di perdere contro avversari tipo i baresi». E poi una stilettata a Van Basten: «Deve giocare con la stessa umiltà di Agostini e Massaro». E' già finita la tregua fra i due? MILANO. Non c'è rissa e neppure aria di divorzio fra Donadoni, ventisettenne fantasista del Milan, e Sacchi. Soprattutto ora che il superfarmaco arrivato dalla Germania fa miracoli: anche ieri Donadoni s'è allenato come gli altri a conferma che il Timunox è efficace e la pubalgia comincia a essere debellata. Anzi, l'obbligo a convivere col dolore, com'è avvenuto negli ultimi mesi, gli ha ridato il sorriso, la voglia di giocare: «E' la dimostrazione che al Milan servo». Da quando la pubalgia lo ha reso a volte irriconoscibile, troncando sul nascere una fonte di gioco capace di disorientare l'avversario, tecnici e medici del Milan si sono guardati spesso in faccia: dipende dalla malattia o qualcosa non funziona nel motore di Donadoni? Una domanda importante che poteva avere sbocchi delicati. Al punto che si mormorava del malumore di Sacchi che lo avrebbe voluto più disposto al sacrificio mentre l'interessato replicava che più di così non poteva fare. «In effetti gioco da due mesi con la pubalgia e solitamente con questo malanno non si va neppure in campo. No, io mi sacrifico, stringo i denti e gioco, per dimostrare il mio attaccamento al Milan. Anche perché riposare non serve affatto, non modifica la situazione. Se il mister ha bisogno di me, sono pronto. Peccato che non possa dare il massimo, ma credo di essere scusato. Apparentemente Bruno Bernardi del pareggio» e il suo antico maestro