Coraggio compagni «tradite» anche voi di Giuliano Ferrara

Intervista con Giuliano Ferrara. Le sue «lettere ai comunisti» nel nuovo libro per Laterza Intervista con Giuliano Ferrara. Le sue «lettere ai comunisti» nel nuovo libro per Laterza Coraggio compagni, «tradite» anche voi « I « Intellettuali pei, io vi detesto» Ho riferito solo fatti verificabili In merito a un articolo di Paolo Guzzanti (La Stampa del 14 dicembre), a una lettera di Marco Pannella e alla relativa risposta di Guzzanti (La Stampa del 16 dicembre), il giudice D'Urso ci manda le seguenti precisazioni: Quanto allo scritto nel riquadro di pagina 1 su La Stampa del 14 dicembre, relativo a una mia intervista, non è stata da me detta la frase, invece attribuitami, «Così... sconfissi i brigatisti...», che può rendere equivoca la ragione per cui ho partecipato al servizio; e cioè - senza intendere autoattribuirmi successi, sull'esito della vicenda solo esporre fatti verificati, acquisibili alla memoria storica, anche a contrasto di tesi, sull'argomento, disinformate o tendenziose. Affiorano, peraltro, dall'intervista nessi cronologici e causali, che di per sé lumeggiano una sfera di meriti, solo attribuibili ad atteggiamenti o condotte, aventi piena legittimità di titolo, per prevalere - effetto oggettivamente conseguito sull'eversione criminale. E credo che su ciò siansi coagulate le certezze e la riconoscenza della collettività sociale e in ci , '0gliono omologarsi ed espri' . ,rsi i miei grati personali sontimcnti, di cui, con l'intervista, intendevo dare testimonianza. II Quanto al servizio di pagina 9 su La Slampa del 14 dicembre, rettifico e preciso: 1) la progettazione delle Brigate Rosse dell'attentato a un generale dei CC, sin dall'ottobre 1980, insieme al mio sequestro, e la loro disponibilità - prima di quest'ultimo - di ingente materiale informativo, anche d'origine ufficiale, sono l'esito di accertamenti processuali, poi evocati nella sentenza citata nel servizio; 2) al rigo 19 col. 4, la frase Non sono io che li invito: sono loro che stanno per raggiungermi. E mi raggiungeranno. C'è chi dice però che lei si trovi abbastanza bene in questo ruolo di «traditore». In che senso? Nel senso che scrive saggi, fa il commentatore politico e in tv. «Ferrara ci marcia», dicono gli ex compagni. Auguro ai candidati ex comunisti del pds, che in molti casi sono miei vecchi amici, di saper stare in futuro nel ruolo di «ex» con lo stesso scrupolo e la stessa integrità con la quale ci sono stato io negli ultimi dieci anni. Ci sono ancora dei comunisti che considerano gli «ex» come traditori? Penso di sì: sono quelli che tradiscono la loro intelligenza. Lei esorta gli operai: basta con i sensi di colpa, reagite, buttate all'aria i baciapile che vi hanno incensa¬ la ? LETTERE AL GIORN to per anni e raccontato un sacco di frottole. Perché gli operai dovrebbero darle ascolto? Veramente sono io che ho dato ascolto agli operai negli anni vissuti a Torino, e ho imparato da loro il pragmatismo, la concretezza, il rifiuto dell'utopia. La mia non è una lezione agli operai: è una lezione avuta da loro. Una lezione che però è un atto di accusa contro il pei. Perché? Perché gli operai francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli hanno avuto una chance in più rispetto agli italiani: hanno trovato dei movimenti socialisti che li hanno portati al governo rendendoli veramente protagonisti nella società. Lei esorta i comunisti: compagni è tempo di riconciliazione, di pace, di «desiderio intenso e puro della verità politica». Non le sembra di parlare come Wojtyla? - ALE DAL' IVO RlfWMfM6UTT) DI ZCATVtfTTe ?0>lO Soltanto supporr m W&PA* A LUNGO. La parte dei sogni, delle fumisterie, la parte di chi spacciava per autenticità e virtù politica le più solenni bestemmie della ragione impazzita. Chi sono oggi gli intellettuali comunisti? Uno potrebbe essere Alberto Asor Rosa. E gli altri? I più sono incamminati verso l'ex comunismo, ma senza dirlo e senza volerne pagare il prezzo. Poi ci sono anche quelli che io rispetto, come Luciano Canfora. Che differenza c'è fra Asor Rosa e Canfora? Canfora ha imparato la sua lezione da Lenin e da Tucidide. Asor Rosa l'ha imparata dal professor Mario Tronti. I giornalisti di Samarcanda sono intellettuali comunisti? Ma no: sono giornalisti di opposizione che navigano superbamente nelle acque chete della lottizzazione. E quelli del Manifesto? Sono una lobby di estrema sinistra teneramente coccolata e vezzeggiata, da sempre, da tutti noi. Tutti vogliamo bene al Manifesto. Non si può fare altrimenti: un Manifesto non fa male a nessuno. Nel suo libro ci sono parole tenere per Pietro Ingrao. Non c'è niente di più lontano da me di quel che pensa Ingrao e a volte mi fa diventare pazzo di rabbia per quel suo modo di ragionare. Ma gli voglio bene. Tutti pensano che Ingrao sia la vestale del comunismo. E sbagliano. Ingrao è un uomo che dubita. E il dubbio lo porta a un disperato ed estremo tentativo di salvare il salvabile. Chi è il principale nemico di Occhetto? E' Occhetto stesso. Il personaggio si divide in due. Da un lato c'è l'uomo coraggioso e anche un po' incosciente. Dall'altro il cinico, che nel capitolo finale potrebbe anche preferire il risultato minimo per sé al vantaggio massimo per tutti. Per niente. Nella nostra vecchia ideologia anche il pacifismo era un atto di guerra ideologica, un modo di dividere il mondo in buoni e cattivi. Quello che bisogna capire è un'altra cosa. E cioè che esistono i conflitti, ma che i conflitti non sono incompatibili con la riconciliazione con se stessi e con la realtà. Il problema vero dei comunisti è questo: fare pace con la verità delle cose, non innescare sotto la scorza dei fatti le mine del desiderio e dell'immaginazione ideologica. Compagni - lei dice -, voi sapete che quando ero con voi eravamo più simili agli anticomunisti che non ai filocomunisti fiancheggiatori. Perché? I filocomunisti stanno dalla parte dei deboli ma non sono i più deboli. Non trovano mai ostacoli. Non cadono, non mordono la polvere. Hanno il carburante a bassissimo costo della buona coscienza. Prendono le difese dei deboli ma non scoprono le loro difese. E gli anticomunisti? Credo che nella storia di questi ultimi anni, i comunisti abbiano avuto più amici per convenienza e fanatismo, che non nemici per gli stessi motivi. Meglio un nemico vero che un amico ipocrita. Altra esortazione: compagni, finiamola con la litania delle mani pulite e costruiamoci una banca al posto dell'ennesimo centro convegni. Non le sembra di esagerare? E perché? I sindacati tedeschi hanno fatto una banca, non vedo perché i sindacati italiani debbano continuare a fare case del popolo. Ferrara parla di banche, direbbero i nemici, perché è un ex comunista al quale piacciono i soldi. E' vero? Veramente quando sono diventato ex comunista, nel settembre 1981, ho perso un sacco di cose. Nell'ordine: il lavoro, l'auto blu di capogruppo al Consiglio comunale di Torino, la segretaria, l'ufficio, lo sti¬ pendio, un qualunque ruolo politico o professionale. Mi sono dimesso da consigliere comunale - le dimissioni sono state respinte ma io le ho riconfermate - e ho vissuto della generosità di mio padre e di mia madre per circa tre anni, facendo traduzioni per la Mondadori e il Centro studi di politica internazionale, che mi venivano pagate settemila lire a cartella. Avevo la fortuna di conoscere le lingue e di sapermi arrangiare. Tuttavia ero trattato come una specie di appestato, tanto che tolsi il disturbo e me ne andai in campagna col mio cane lupo. E dopo? Non potendo fare l'ex comunista a vita né ingrigirmi nella malinconia, ho deciso che dovevo trovare un mestiere. Mi sono messo a fare il giornalista e mi è andata bene. Agli intellettuali comunisti lei dice: «Sto qui a parlarvi, nell'impossibilità di picchiarvi». Che cosa le hanno fatto? Stavo con l'ala amendoliana del pei, la cosiddetta destra. E ogni volta che c'era bisogno di un aumento di ragionevolezza e di intelligenza politica per spingere la nave verso le sponde della realtà e del concreto, loro, gli intellettuali comunisti, spingevano sempre dall'altra parte. Quale parte? Giuliano Ferrara: «E' il comunismo che ha tradito voi» Mauro Anselmo

Luoghi citati: Ferrara, Torino