«I tre referendum violano la Costituzione»

LAwocato dello Stato: anche i padri della Repubblica contrari al voto popolare sulle norme elettorali LAwocato dello Stato: anche i padri della Repubblica contrari al voto popolare sulle norme elettorali «I tre referendum violano la Costituzione» La memoria del governo alla Corte ROMA. Tutti e tre i referendum sul sistema elettorale del Senato, della Camera e dei Comuni devono essere bocciati dalla Consulta perché violano in più punti la Costituzione. E' questa la richiesta che il governo ha avanzato ieri ufficialmente all'Alta Corte con tre memorie per complessive 95 pagine, predisposte dall'avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti. I Comitati promotori dei tre referendum elettorali hanno replicato con una duplice memoria di complessive 101 pagine, redatta dai professori Paolo Barile, Massimo Severo Giannini e Valerio Onida, con cui si chiede, invece, il definitivo lasciapassare per la chiamata dei cittadini alle urne entro il 9 giugno prossimo. L'atteso scontro tra le due parti in causa è fissato per mercoledì mattina a palazzo della Consulta. L'udienza della Corte, presieduta da Giovanni Conso (che fungerà anche da relatore), si terrà a porte chiuse. Ma entro sabato si saprà se i tre referendum avranno via libera o saranno, invece, in blocco o in parte bocciati. Ecco quali sono le tesi contrapposte del governo e dei Comitati promotori sul referendum sul sistema elettorale del Senato. E' il più importante dei tre referendum, perché da esso potrà dipendere l'eventuale scioglimento delle Camere, con la conseguente fine anticipata della legislatura, minacciata da Craxi se la consultazione popolare ottenesse il via libera dalla Consulta. L'attuale sistema elettorale del Senato è prevalentemente proporzionale (ed eccezionalmente maggioritario), mentre se vincessero i «sì» nel referendum verrebbe trasformato in sistema essenzialmente maggioritario (e proporzionale solo in via residua). In sostanza il complesso quesito referendario attraverso la cancellazione di una serie di frasi e di singole parole pone all'elettore due interrogativi tra loro connessi: «vuoi che sia abrogato il sistema proporzionale per l'elezione del Senato? E sempre per questa elezione vuoi che sia instaurato il sistema maggioritario assoluto che prevede in ogni caso l'elezione di chi abbia ottenuto nel seggio un numero di voti maggiore di quelli conseguiti da ciascuno degli altri candidati senza tener conto del numero di questi voti rispetto a quello dei votanti?». L'avvocato dello Stato Azzariti ha sollevato una raffica di eccezioni di «inammissibilità» della proposta referendaria. Ha, innanzitutto, estratto un asso dalla manica: 43 anni fa l'Assemblea Costituente escluse espressamente la possibilità di svolgere referendum anche in materia elettorale. Ma per una banale dimenticanza tale esclusione non fu, poi, riportata nel testo dell'articolo 75 della Costituzione. Azzariti ha ricostruito nei minimi dettagli questo «giallo», a partire dalla seduta pomeridiana del 16 ottobre '47 quando, su proposta dell'onorevole Maria Maddalena Rossi e di altri nove costituenti, fu approvato il seguente testo dell'articolo 72 (poi divenuto 75) della Costituzione: «Non è ammesso referendum per le leggi tributarie, di approvazione di bilanci, di concessione di amnistia e indulto, elettorali e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali». Inspiegabilmente, però, nella stesura finale della Carta repubblicana, varata dall'assemblea il 22 dicembre '47, la parola «elettorali» è misteriosamente scomparsa. E l'onorevole Meuccio Ruini, presidente del Comitato che redasse l'ultimo testo della Costituzione, ammise, poi, la vistosa omissione. In pratica, «la Costituente ritenne inconcepibile l'abrogazione referendaria di leggi elettorali». Ma i tre legali del Comitato promotore hanno replicato che le leggi elettorali non sono escluse dal referendum abrogativo perché quello che conta è solo il testo della Costituzione. E la Consulta non potrebbe ora «riesumare» l'emendamento che escludeva dal referendum le leggi elettorali, perché altri- menti effettuerebbe «un illegittimo sindacato sugli interna corporis dell'Assemblea Costituente». I professori Barile, Giannini e Onida hanno inoltre ricordato che in un suo scritto l'ex costituente ed ex vicepresidente dell'alta Corte Costantino Mortati confermò che l'emendamento che escludeva dal referendum le leggi elettorali «non è entrato in vigore». Ma torniamo alla memoria dell'avvocato Azzariti. A suo parere, è assurda anche la richiesta di «abrogazione parziale di una legge»: il congegno elettorale del Senato non può essere disciplinato con una legge voluta dal corpo elettorale a seguito dell'esito del referendum, perché «tale compito spetta solo al Parlamento». Per il governo un ulteriore motivo di invalidità della proposta è costituito dal fatto che in Italia è ammesso solo il referendum abrogativo, e non quello propositivo. Il referendum sul Senato tende, invece, «a sostituire una disciplina stabilita da una legge in vigore con un'altra diversa». Ma per l'avvocato dello Stato, in caso di vittoria dei «sì» nella consultazione popolare sul Senato, «il vuoto creato da una simile abrogazione lascia al legislatore un ampio ventaglio di scelta tra tanti sistemi elettorali possibili. E deve attribuirsi natura propositiva a quei quesiti l'articolo 70 della Costituzione». Tuttavia, pur ammettendo, per assurdo il contrario, sostiene ancora Azzariti, la Corte non potrebbe consentire alcuna «manipolazione» quando fossero possibili più soluzioni ugualmente compatibili con la norma di raffronto, perché verrebbe violata l'insindacabile discrezionalità del Parlamento. Per Azzariti il referendum sarebbe, inoltre, «inammissibile» anche perché attraverso la cancellazione di alcune parole o di alcune frasi dell'attuale normativa, cioè «lavorando sul testo vigente come lo scultore opera sul masso di marmo», verrebbe che tendono a riempire quel vuoto con un sistema maggioritario senza alcun limite minimo di percentuale di voti favorevoli: che prevede, cioè, l'elezione immediata del candidato più votato anche se non ha conseguito in un collegio la maggioranza dei voti». Secondo l'avvocato Azzariti, non possono valere in questo caso le precedenti sentenze «manipolative» della Consulta, perché si tratta di una richiesta di referendum completamente diversa da quelle esaminate in passato dall'Alta Corte e «risulterebbe violata l'attribuzione della funzione legislativa che spetta al Parlamento in base al¬ L'Avvocatura dello Stato ha presentato tre memorie a Giovanni Conso (nella foto) illegittimamente trasformata la legge elettorale in un'altra. In sostanza, l'elettore si troverebbe di fronte ad un referendum propositivo, e non abrogativo, come prevede, invece, la Costituzione. Per di più, sostiene Azzariti, non si può dire che, limitando la proposta di abrogazione, anziché all'intera legge, ad alcune frasi o parole, «i promotori abbiano reso più chiara ed univoca la domanda posta agli elettori e facilitato la loro risposta che può consistere solo in un sì o in un no». Per l'avvocato dello Stato manca, infine, il necessario requisito della omogeneità dei quesiti rivolti agli elettori: chi volesse trasformare il sistema elettorale del Senato non per questo deve necessariamente volere che sia eletto solo chi abbia ottenuto il consenso della maggioranza dei votanti. Potrebbe essere così indebitamente forzato il consenso dell'elettore sul secondo quesito sullo stesso referendum. I tre difensori del Comitato promotore hanno ribattuto a tutte le argomentazioni del governo affermando che il referendum sul sistema elettorale del Senato è pienamente legittimo e in linea con qua to già affermato in materia dalla Corte Costituzionale. Pierluigi "ranz

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