Cartoline d'un amore inventato di Osvaldo Guerrieri
Cartoline d'un amore inventato Cartoline d'un amore inventato Un testo teatrale con taglio cinematografico TORINO. Che ci fa Valeriano Gialli seduto su un mucchio di sabbia, illuminato da un tenue cono di luce? Finge di guidare un'automobile e, simulando, parla, parla, spinge la voce sui toni acuti, la adagia su un timbro carezzevole, la rilancia in alto. Ma che strano racconto. Si sviluppa per parole-cartolina, nel senso che ogni frase è un'immagine, ogni espressione ò conclusa come un fotogramma. Sembra di sentire un film con le didascalie, poiché Gialli, con la sua sintassi spezzata, racconta mescolando la prima alla terza persona; e scopri che «Storiafinta», il testo di Lello Lecis prodotto dalla cooperativa Akròama e in scena allo Juvarra, e nato proprio come sceneggiatura di un film mai realizzato. Scenari urbani e panorami naturali si mescolano con ritmo serrato in questo copione molto minimalista. C'è la Sardegna, vista quasi sempre dall'inquadra¬ tura di un finestrino automobilistico, con spiagge deserte e rocciose, strade, semafori, piogge improvvise, alberghi fuori mano. E c'è un giovane che racconta l'incontro e l'innamoramento con una ragazza californiana molto vitaminizzata e attraente, una Bambina di Dio (setta molto diffusa una decina d'anni fa): passione travolgente, amore intenso sulla spiaggia tra gabbiani e insetti, confidenze tenere in un alberghetto che la bassa stagione ha reso deserto. Poi l'abitudine, la caduta del desiderio maschile, le lacrime e i tentativi di seduzione femminili, il suicidio della ragazza, romanticamente e tempestosamente eccessivo, dopo che lui la implora di non abbandonare l'appoggio della scogliera e le promette la salvezza con una barca, anzi con un elicottero. E' una storia finta, naturalmente; un'avventura nata nella mente di chi la racconta. Non ce lo dice nessuno, ma lo dimostrano i toni di Valeriano Gialli, l'impressione di guardare continuamente una fotografia sovraesposta e la periodica apparizione di Elisabetta Podda, che interpreta la ragazza di Los Angeles dandole la rigidità delle bambole: cammina con le gambe divaricate, se cade su mucchi di sabbia lo fa nel modo inarticolato delle bambole. E indossa quell'ampio abito bianco a balze, sotto cui intravedi mutandoni di pizzo. La finzione è sostenuta da Gialli con la consueta duttilità dei mezzi espressivi. L'attore è bravissimo nell'affidarc alla voce la resa di un personaggio intimamente fragile, il suo correre dietro ai miraggi, il suo cedere alla mutevolezza psicologica, che passa dalla sfrontatezza all'atonia. Una piccola perla, anzi una perla minimale. Osvaldo Guerrieri
Persone citate: Elisabetta Podda, Juvarra, Lello Lecis, Valeriano Gialli
Luoghi citati: Los Angeles, Sardegna, Torino
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