Per Gladio tira un'aria di armistizio

Andreotti ha riferito alla Camera, nel governo solo il pri ha criticato il suo discorso Andreotti ha riferito alla Camera, nel governo solo il pri ha criticato il suo discorso Per Gladio tira un'aria di armistizio «Struttura legittima e necessaria» Colloquio di 2 ore fra Craxi e Cossiga riconfermare ieri alla Camera le tesi sue e di Cossiga sulla legittimità e necessità della nascita di Gladio, senza tener molto conto delle numerose domande che il psi, assieme al pri e alle opposizioni, gli avevano posto. Gladio è nata con un accordo Cia-Sifar del 1956, ha detto Andreotti. Accordo che non era necessario sottoporre all'approvazione del Parlamento perché non era un trattato internazionale, ma solo la «esecuzione» del trattato Nato del 1949. A sostegno di questa tesi del tutto nuova, Andreotti ha portato il parere dell'avvocato generale dello Stato, Azzariti. Ha detto che il comitato dei «saggi», chiesto dal pri, non lo ha potuto costituire per le difficoltà del sen. Elia. Ha dato spiegazioni, invero non molto chiare, sullo scontro con i ministri socialisti all'inizio di dicembre sulla legittimità o no di Gladio e sulla minaccia di dimissioni di Cossiga, ed ha escluso qualsiasi collegamento tra Gladio e Piano Solo. Il dibattito appare «dimezzato», «parziale e non conclusivo. Consentiteci almeno un dubbio» dirà alla fine il vicepresidente del gruppo socialista, Buffoni. E Claudio Martelli aggiungeva: «Oggi, con l'intervento di Andreotti, è iniziato il chiarimento, che avrà varie tappe. La legittimità costituzionale di Gladio non vuol dire legalità delle procedure seguite». Ma Craxi era stato molto più cauto dei suoi ancor prima del dibattito. E al termine ha diffuso un appunto di poche righe per spiegare che il psi «accoglie» la richiesta di Andreotti di riparlare della vicenda quando sarà pronto il rapporto del governo. Più rigido il segretario repubblicano La Malfa che ha chiesto al governo la lista di coloro che nel 1964 dovevano essere deportati in Sardegna, esprimendo dubbi sulla legalità della vita di Gladio alla luce «delle sicure deviazioni dei servizi segreti». La Malfa ha dato appuntamento ad Andreotti per un nuovo dibattito sulle responsabilità di chi impedì negli anni scorsi di punire i complottatoli del Piano Solo. Per il partito comunista, Achille Occhetto ha sostenuto che nei legami tra Gladio e Piano Solo si può cogliere un «filo oscuro» dalle prime deviazioni della struttura Nato sino alla «eliminazione» di Moro. Alberto Rapisarda li presidente del Consiglio Giulio Andreotti durante l'intervento alla Camera sulla vicenda «Gladio». «L'avvocato dello Stato - ha detto - ha prodotto uno studio ineccepibile che allegheremo alla relazione per il Parlamento.» ra, tanto per cambiare, si avrebbe la tentazione di definire di basso profilo. Invece - come sempre - è un ragguardevole distillato di andreottismo. Oltre a un accenno alla «critica anche archivistiva del passato» che «si sviluppa» negli ex Paesi dell'Est (traduzione: occhio alle spie italiane) e ai suoi documenti sempre a disposizione («Ho ritrovato tra le mie carte...») ci si trovano l'idea dell'Avvocato dello Stato, un elegante tentativo di scaricare sul senatore Elia il fallimento dei Saggi e, dulcis in fundo, quel terribile attacco al capo dei servizi ammiraglio Martini («comportamenti assolutamente intollerabili»), peraltro mai nominato. Attacco preceduto - andreottianamente dall'inconfondibile formula: «Io non voglio, certamente, puntare il dito contro nessuno». Così come la parte dell'intervento più dura nei confronti dei comunisti (e infatti dai loro banchi si levano subito «vivi commenti») è anticipata dalla formula: «Non dispiaccia ad alcuno». Piccoli, crudeli accorgimenti d'oratoria parlamentare miscelati all'indubbia arte dell'interruzione (su cui Andreotti ha scritto un libro) e del battibecco d'aula. Sta spiegando, ad esempio, perché Gladio in Sardegna. S'ode una voce a sinistra: «Per turismo!». E lui: «Se si fa propaganda al turismo sardo non posso che darle ragione». Il de Bartolo Ciccardini propone infine, sono le 15,50, la distribuzione di onorificenze per i gladiatori. Il presidente se lo guarda incuriosito. «Così - gli risponde incoraggiante - sapremo finalmente quanti sono». ste - le metterò a disposizione tutte le norme che regolano i rapporti». Andreotti, secco e impercettibilmente seccato: «Li conosco abbastanza». Così come sa bene, a parte il colpo a sorpresa dell'Avvocato, come partecipare a un difficile dibattito parlamentare. Tempi e stile. Sette ore di fila incollato sulla poltrona, giusto un caffè sorseggiato con sobria lentezza, fogli e foglietti sul banco e, ai piedi, una magica borsa da cui estrarre una specie di ufficio ambulante: lettere, giornali, cartelline, buste, gli indispensabili strumenti del bricolage andreottiano. Da combinare, comunque, con rispettosa attenzione agli oratori. Oltre alla solita, straordinaria economia di movimenti. Gomito destro sulla spalliera mentre Rauti rievoca «l'Italia di Tombolo e delle Am-lire». Gomito sinistro con Occhetto che affronta «il lugubre mosaico, il putrescente brodo di coltura». Braccia incrociate guardando Forlani, manina sul mento per i laici minori e gli altri. Impassibile - naturalmente - di fronte alle accuse ma anche alla pioggia di complimenti indiretti che gli fanno gli avversari. «La sua indubbia capacità» (Occhetto), «l'abilità che tutti gli riconosciamo» (Bassanini), «tutta la stima che ho nella sua capacità di rispondere» (il verde Lanzinger), «lei, oltre che testimone, protagonista di tutta la vita politica contemporanea» (il radicale indipendente Luigi D'Amato). Se ne rimane lì, immobile sul banco, con l'aula ormai svuotata (il record alle 15,30: tre deputati nell'emiciclo), atmosfera surreale. Lascia agli atti parlamentari un discorso che, a prima lettu¬

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