Bush con Mosca sincronia perfetta di Giuseppe Zaccaria

Il Presidente, a sorpresa, si dichiara ottimista su un'ipotesi di mediazione sovietica Il Presidente, a sorpresa, si dichiara ottimista su un'ipotesi di mediazione sovietica Bush: con Mosca sincronia perfetta Ma Saddam ribadisce-, non illudetevi, il Kuwait è mio WASHINGTON solo sullo stato delle relazioni sovietico-americane, ma anche sul fatto che lo scontro non è semplicemente Usa contro Iraq, ma Iraq contro il mondo intero». Bush, tuttavia, è apparso più eccitato di quanto in genere non sia nel riferire della telefonata di Gorbaciov, mentre numerosi tentativi di pace sull'orlo dell'abisso sono portati avanti dagli europei e dal segretario generale dell'Onu, Javier Perez de Cuéllar, che oggi vede Saddam. Ci sono ancora tre giorni per sperare. Sono numerose le circostanze che, nel caso queste iniziative invece fallissero, potrebbero indurre Bush a non aspettare molto dopo la scadenza del 15 gennaio. Una di queste è l'andamento del dibattito nei due rami del Congresso, che, almeno per quanto riguarda la Camera dovrebbe concludersi oggi con un voto. Bush ha svolto in questi giorni un intenso lavoro di «lobbying» e anche ieri mattina, all'ora di colazione, ha ricevuto un centinaio di deputati. Poiché, in entrambe le Camere, la maggioranza è dei democratici, è necessario che una buona parte di questi voti assieme ai repubblicani per consentire l'approvazione della risoluzione che autorizza l'uso della forza. Mentre alla Camera dei Rappresentanti Bush non dovrebbe avere molti problemi, al Senato, che è più importante, le cose gli stanno andando male. I numeri sono 56 (democratici) contro 44 (repubblicani). Bush pensava di portarne con sé 16-17 e vincere 60 a 40, ma anche giovedì pomeriggio, in un incontro con i fatidici 17, ha dovuto constatare che i potenziali trasmigratori (si tratta di un voto «di coscienza») sono meno del previsto. Potrebbe uscirne una vittoria di strettissima misura, magari con un margine di un solo voto. Un brutto colpo per la Presidenza, che potrebbe, a quel punto essere indotta a accelerare un'azione militare per evitare che lo smacco politico abbia il tempo di incidere negativamente sul consenso dell'opinione pubblica, che appare ancora piuttosto alto. Secondo l'ultimo sondaggio ABC-Washington Post, infatti, il 69% degli americani approva la condotta della crisi da parte di Bush e il 68% è favorevole a un attacco subito dopo il 15 gennaio. La Casa Bianca, poi, nutre qualche preoccupazione sul fatto che Israele parta all'attacco da sola. Anche questo induce alla fretta. Il segretario alla Difesa, Cheney, ha dichiarato che, se gli Usa attaccheranno per liberare il Kui wait, non avranno nessun rispetto dei confini dell'Iraq. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Michail Gorbaciov ieri mattina ha telefonato a George Bush e gli ha comunicato una nuova proposta per risolvere pacificamente la crisi del Golfo. Ne ha dato notizia lo stesso Presidente degli Stati Uniti, che ha parlato di idee «innovative», «interessanti» e perfettamente «in sincronia» con il punto di vista americano. Bush, però, non ha voluto entrare in dettagli per non tradire la «confidenza» di Gorbaciov e ha subito ricevuto l'ambasciatore sovietico. Con il mondo sull'orlo della guerra, le iniziative dell'undicesima ora si moltiplicano. La telefonata di Gorbaciov è arrivata verso le 8 del mattino. Il portavoce della Casa Bianca, Marlin Fitzwater, ha detto che la conversazione si è protratta per circa 25 minuti e si è incentrata sulla situazione del Golfo, con una breve appendice sulla crisi lituana. E' stato il Presidente sovietico a pregare Bush di convocare il suo ambasciatore a Washington, Aleksander Bestmernyk, che gli avrebbe fornito ulteriori particolari. Bestmernyk è giunto alla Casa Bianca verso le 10 e si è trattenuto a colloquio con Bush per circa 20 minuti. Più tardi, avvicinato dai giornalisti al termine di uno dei numerosi incontri avuti in questi giorni con rappresentanti del Congresso per convincerli a sostenere una risoluzione che autorizzi l'uso della forza, Bush ha detto che entrambi i colloqui, con Gorbaciov e con l'ambasciatore sovietico, erano stati «molto interessanti». «Gorbaciov - ha dichiarato il Presidente Usa - ha alcune idee che voleva discutere con me e io intendo rispettare la sua confidenza». «Per questo - ha aggiunto - preferisco non entrare in dettagli, ma voi potete dedurne che Gorbaciov sta pensando in termini innovativi». Bush ha sottolineato che Usa e Urss rimangono «in sync», in perfetta sincronia, e che sia lui sia Gorbaciov stanno «cercando di pensare se c'è qualcosa che possa essere fatto nel pieno rispetto delle risoluzioni Onu». «Cerchiamo di non lasciare nulla di intentato - ha spiegato ancora - per trovare una soluzione pacifica a questo problema». L'enfasi data da Bush alla telefonata di Gorbaciov non deve indurre automaticamente alla conclusione che esiste un nuovo piano di pace votato a un sicuro successo. Certamente il leader sovietico ha fatto delle proposte, che Bush considera accettabili. Ma il Presidente Usa potrebbe essere stato indotto a enfatizzarle allo scopo di sottolineare l'aspetto di una completa solidarietà tra Usa e Urss alla vigilia di una guerra che ritiene ormai difficilmente evitabile. «Io penso - ha affermato ieri - che il fatto stesso che Gorbaciov mi abbia chiamato, in uno spirito di effettiva consultazione, dice molto non Paolo Passarini IL TERMOMETRO DEI MERCATI vasori vedranno come le loro armi saranno abbattute se si avvicineranno in un raggio di cinque, dieci, venti chilometri». Chissà se l'Iraq fra le «conquiste tecnologiche» continua ad annoverare anche i cocktail a base di gas nervino. Con un mezzo o con l'altro, tuona Saddam, «la vittoria è vicina, la Palestina tornerà al suo popolo con l'aiuto dell'onnipotente Allah. Noi lottiamo per la dignità, il paradiso è promesso solo ai credenti. Voi credete che gli infedeli possano colpire il vostro spirito? Non accadrà mai...». Forse potrebbe ancora accadere, invece, che una volta ottenuto dall'invasione del Kuwait tutto quanto avrebbe potuto ottenere, il «Rais» decida di rientrare nei suoi confini, magari il 16 o il 17 di gennaio, ormai trasformato in campione del mondo arabo. Anche il «numero due» del regime, Tarek Aziz, continua a ostentare sicurezza: ieri, incontrando il ministro degli Esteri dello Zambia, ha accusato gli Stati Uniti di aver fatto fallire il meeting di Ginevra con un atteggiamento «doppio e ingiusto», legato al rifiuto «di trattare la questione palestinese sulla base del diritto internazionale e della giustizia». Anche Baker sembra intravedere dietro le grida bellicose di Saddam i segnali di un'ennesima manovra: «Penso che l'Iraq stia per ritirarsi dal Kuwait: probabilmente Saddam vuole aspettare fino all'estremo limite prima di muoversi», ha detto ieri il segretario di Stato americano, in visita alle truppe schierate in Arabia Saudita. «La nostra preoccupazione è che, nel suo solito stile, calcoli male quale sia esattamente questo limite. Per evitare equivoci, fatemi essere assolutamente chiaro: noi considereremo superato quel limite alla mezzanotte del 15 gennaio. Allora passeremo il Rubicone». Quel che è certo è che, se sferrato, il primo colpo sarà terrificante. In questa prospettiva, anche una parte degli italiani residenti in Giordania si prepara a rientrare. L'ambasciata li ha interpellati l'altro ieri: si tratta di circa 250 persone fra religiosi, donne sposate con cittadini giordani, figli di queste coppie. Stamani si saprà quanti decidono di partire: il governo è pronto a inviare, se necessario, un «C130» per il trasporto. Le ultime notizie sui preparativi di guerra giungono dalla Turchia, fino a ieri fronte quasi dimenticato, e che invece in caco di conflitto potrebbe rivelarsi decisivo. Ieri Ankara ha deciso di mobilitare la difesa civile nelle principali città del Paese e ha incaricato la «Mezzaluna Rossa» di approntare riserve di plasma e sangue. Giuseppe Zaccaria