Gli Usa: «Americani, lasciate Israele
Gli Usa: «Americani, lasciate Israele Gli Usa: «Americani, lasciate Israele » I caccia di Tel Aviv pronti a entrare in azione Difesa civile in allerta contro la guerra chimica TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO I piloti dell'aviazione militare israeliana hanno già un dito sul grilletto. Non è una metafora, ma la descrizione delle immagini mandate in onda la scorsa notte dalla tv israeliana nel contesto di una campagna psicologico-propagandistica volta a convincere la popolazione che il Paese è sull'orlo di una guerra ma che, al tempo stesso, non c'è motivo di panico. Nella prima di una serie di interviste che saranno trasmesse tutte le sere, è apparso il comandante dell'aviazione militare, il generale Avihu Ben-Nun, in tuta da pilota, rivelando che le difese aeree sono state potenziate dal recente arrivo di missili «Patriot». Nelle ore successive diverse informazioni preoccupanti sono state centellinate al pubblico. Le autorità della difesa civile hanno consigliato di sigillare porte e finestre in almeno una stanza per appartamento e due classi per scuola. Hanno anche spiegato, per la prima volta, quale tipo di sirena verrà usata per avvertire di un attacco chimico. Dal canto suo, l'ambasciata Usa a Tel Aviv ha consigliato ai cittadini statunitensi «di considerare la possibilità di far ritorno in patria», se non hanno gravi motivi per restare in Israele. La radio militare, infine, ha riferito dell'avvio di un richiamo parziale dei riservisti basandosi, però, su informazioni della «Bbc». A questo quadro deprimente si è aggiunta la mole di analisi elaborate dai supplementi dei quotidiani. Da diversi commenti si deduce che in queste ore viene compiuto, in Israele, un enorme sforzo di «intelligence» per valutare le possibili mosse non solo dell'Iraq, ma anche di Giordania e Siria, i cui eserciti sono pure in stato di allerta. Il compito più difficile, per gli analisti, è di ricostruire come le mosse israeliane siano interpretate a Baghdad, Amman e Damasco. Il pericolo è che un con¬ flitto nel Golfo inneschi, per una serie di malintesi, anche una reazione a catena fra i Paesi del vicino Oriente. Fra i segnali di allarme che vengono valutati vi è l'improvvisa decisione di re Hussein di farsi crescere la barba, cosa che era già avvenuta in passato in un momento di crisi quando l'aumento della pressione sanguigna gli aveva provocato un'infiammazione al volto. A Tel Aviv ci si chiede ora se la barba di Hussein non sia un tentativo di uniformarsi al nuovo spirito di fondamentalismo islamico che agita il suo Paese. In Israele vi è dunque preoccupazione mista a fiducia nella propria forza di far fronte a qualsiasi evenienza: da un sondaggio del «Yediot Aharonot» è emerso che il 47% degli intervistati prova paura, mentre il 53% si sente relativamente sicuro. Il 55% crede che Israele sarà coinvolto in una guerra. Filippo Donati
Persone citate: Filippo Donati
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