Golfo ci prova anche Gorbaciov di Maria Grazia Bruzzone

De Cuéllar in Iraq, un piano in 5 punti. Baker: a mezzanotte del 15 l'attacco De Cuéllar in Iraq, un piano in 5 punti. Baker: a mezzanotte del 15 l'attacco Golfo/ ci prova anche Gorbaciov Telefonata a Bush: «Ho una nuova idea» I ribelli: vertice a Roma, senza Barre Feriti nell'ambasciata italiana a Mogadiscio Ucciso un coreano, ancora 90 bloccati Due aerei respinti dai combattimenti WASHINGTON. Il pendolo del Golfo oscilla impazzito tra la guerra e la pace: mentre il Medio Oriente si prepara a un conflitto che pare ormai inarrestabile, da Washington giunge un'inattesa speranza di conciliazione. Michail Gorbaciov ieri mattina ha telefonato a George Bush e gli ha comunicato una nuova proposta per risolvere pacificamente la crisi del Golfo. Ne ha dato notizia lo stesso Presidente degli Stati Uniti, che ha parlato di idee «innovative», «interessanti» e perfettamente «in sincronia» con il punto di vista americano. Bush, però, non ha voluto entrare in dettagli per non tradire la «confidenza» di Gorbaciov e ha subito ricevuto l'ambasciatore sovietico. Più tardi, al termine di uno dei numerosi incontri avuti in questi giorni con rappresentanti del Congresso per convincerli a sostenere una risoluzione che autorizzi l'uso della forza, Bush ha detto che entrambi i colloqui, con Gorbaciov e con l'ambasciatore sovietico, erano stati «molto interessanti». «Gorbaciov - ha dichiarato il Presidente Usa - ha alcune idee che voleva discutere con me e 10 intendo rispettare la sua confidenza». «Per questo - ha aggiunto - preferisco non entrare in dettagli, ma voi potete dedurne che Gorbaciov sta pensando in termini innovativi». Intanto anche la diplomazia internazionale è impegnata sul fronte della pace. Il segretario delle Nazioni Unite Perez de Cuellar ha ricevuto ieri a Ginevra l'approvazione dei Dodici al suo piano di mediazione in cinque punti che presenterà oggi a Baghdad. Ma le ragioni della guerra continuano a riproporsi minacciose: il segretario di Stato Usa Baker, in un discorso ai soldati nel Golfo, ha detto: «Passeremo 11 Rubicone alla notte del 15 gennaio». Gli ha fatto eco il segretario alla Difesa Cheney: «In caso di attacco non ci fermeremo al confine iracheno». E da Baghdad Saddam Hussein ha attizzato ancora il fuoco: «Non mi ritirerò mai dal Kuwait, non ho paura della guerra». Galvano, Elkann, Donati, Passarmi Zaccaria, Colombo ALLE PAGINE 4 E 5 MOGADISCIO. L'ambasciata italiana in Somalia è un campo di battaglia. Ieri una granata è esplosa accanto all'edificio: un coreano che si era rifugiato nella rappresentanza diplomatica è morto, altre persone sono rimaste ferite, non si sa se tra i sessanta italiani o i trenta stranieri asserragliati. Tutti, compreso l'ambasciatore Mario Sica, ormai aspettano di lasciare al più presto la città in preda al caos più totale. Lo sgombero è stato deciso, anche se alla Farnesina non è ancora chiaro se comporterà una vera e propria chiusura della sede diplomatica o semplicemente un suo temporaneo abbandono. Ieri i due C-130 dell'aeronautica militare decollati da Nairobi nella mattinata, giunti sulla verticale della capitale somala, sono stati cosa-etti a fare dietro front a caust! dei bomardamenti in corso nella jna intorno all'aeroporto, dove sono concentrate le trunp'. fedeli a Siad Barre. Tornati in KenvM ^ mani vuote, gli aerei, che hanno dipinte le insegne della Croce Rossa in¬ ternazionale, dovrebbero ripetere il tentativo oggi. Confusione anche sul fronte delle trattative. L'Use, il Congresso dell'Unione Somala che controlla il Centro-Sud del Paese e ha sferrato l'attacco contro Barre a Mogadiscio, dalla sede centrale di Roma fa sapere la disponibilità sua e dei gruppi alleati (Somali Democratic Movement, Somali democratic Alliance e Somali salvation Front) per un accordo che ponga fine alla guerra civile. Secondo il portavoce Muhamud Abdulahi il vertice potrebbe tenersi a Roma, ma avrebbe come pregiudiziale le dimissioni di Siad Barre. Da Mogadiscio invece, via ambasciata italiana e ministero degli Esteri, arrivano notizie di un'accoglienza favorevole da parte dei guerriglieri dell'Use alla «proposta» italiana di pace già resa nota nei giorni scorsi, che prevede la permanenza di Barre a Capo dello Stato, sia pure con una delega di poteri esecutivi a un governo da costituire. Un piano che l'Use romano aveva subito respinto. Maria Grazia Bruzzone A PAGINA 7