L'Eldorado? E in via Condotti di Liliana Madeo

Per i negozi affitti altissimi, l'orma del piede vale 200 mila lire Per i negozi affitti altissimi, l'orma del piede vale 200 mila lire L'Eldorado? E' in via Condo mondo 1| ROMA " ANTICA via Trinitatis, che dalla Trinità dei i Monti raggiungeva il Te Uvere, è entrata nella hit parade delle dieci strade più costose del mondo, al nono posto. Oggi che si chiama via Condotti - dalle condutture dellAcqua Vergine che Gregorio XIII fece passare qui sotto per rifornire tutto il Campo Marzio - il costo di ogni metro quadro nei suoi solenni edifici è salito in misura incredibile. E compete con gli affitti vertiginosi che si pagano lungo la Ginza di Tokyo (per un negozio di 120 metri quadri, il canone annuo può arrivare a un miliardo di lire), lungo la Queens Road di Hong Kong (cinquemila dollari al metro quadro al mese), la Fifth Avenue di New York (400 dollari a «piede quadro», il quadratino di pavimento dove si poggiano i piedi), la parigina Place Vendòme (325 dollari), la londinese Bond Street (250), la ginevrina rue de Rhòne (225). Secondo la graduatoria degli affitti più alti del mondo, compilata ogni anno dall'immobiliare newyorkese Hubert & Peters, chi entra in un negozio di via Condotti deve sapere che quel pezzetto di pavimento dove ha messo i piedi costa 200 mila lire al mese. «Il fatto ci sconcerta - ammette Gianni Battistoni, presidente dellAssociazione via Condotti e camiciaio di fama internazionale, nella penombra ovattata di palazzo Caffarelli -. Quando mio padre venne qui, nel '46, aprendo al pubblico una vetrina che neppure si affaccia sulla strada ma si trova nel cortile dell'edificio, la sua iniziativa sembrava azzardata. Non però folle. Questa era una strada prestigiosa, di alto artigianato, con una clientela scelta e tante potenzialità. Fino a vent'anni fa il costo dell'affitto contava, ma non era condizionante. Oggi è diventato un fatto essenziale. Non esiste una Borsa valori degli affitti. Non ci sono limiti di prezzo. Soltanto le grandi aziende sono in grado di approdare a via Condotti, Con questo sistema si possono sloggiare le attività tradizionali. Siamo in una fase di grande evoluzione commerciale. O involuzione». L'impennata dei prezzi, e la progressiva trasformazione della strada, è incominciata una decina di anni fa. Il primo cambiamento è avvenuto nello scenario complessivo. Con il centro storico assediato dal turismo di massa e dagli eserciti di giovani che la sera, la domenica e al fine settimana invadono via del Corso e la fascia di strade che da qui partono n.on la scomparsa dei caffè traci rionali, delle librerie e delle i.utteghe artigiane che formavano il tessuto irripetibile delle vie fra piazza del Popolo e piazza di Spagna. Con l'apparizione di fast food, paninoteche, jeanserie, abbigliamento casual e musica, plexiglas e alluminio anodizzato al posto delle antiche insegne. «Questo era il salotto di Roma - ricorda Peppino Capuano, famoso gioielliere napo- Intervista con l'et letano, da 35 anni a via Condotti -. Oggi non 16 è*più. Ma è tutta la società, tutta la città che è cambiata. Forse è giusto che tutti vadano dappertutto. Questo, d'altronde, succede ormai in ogni centro turistico». Via Condotti si è sottratta all'impressionante degrado che ha snaturato le zone limitrofe. E solo in parte ha attratto i nuovi frequentatori del centro storico. Anche se ne paga prezzi non leggeri. «Il sabato è per noi un incubo» ammette Maria Grimaldi, una delle proprietarie del famoso Caffè Greco, sotto le tele antiche che ricoprono le pareti, nelle salette che dal 1760 - quando il locale fu aperto da un levantino - hanno ospitato scrittori e musicisti, pittori e grandi viaggiatori. Ecco il tavolino dove Ungaretti veniva tutte le mattine alle 9, e il vano dove si riunivano gli artisti della colonia danese nell'800, l'angolo dove Gogol scrisse pagine e pagine delle «Anime morte», il punto da cui Schopenhauer si dove alzare per ologo Frans De Waal, mentre esce in Italia il suo nuovo studio sulla politica delle scimmie Uno scorcio di via Condotti [FOTO DI GIANNI BERENGO GARDIN, DA -ROMA-. ED. TOUR.NG CLUB ITALIANO] andarsene, cacciato dai pittori «nazareni» per aver parlato male dei tedeschi... E' mezzogiorno quando fa il suo ingresso, fra tutti questi velluti e ricordi, una comitiva di turisti: cercano la toilette e si mettono in fila, in paziente attesa, dopo che invano tutt'intorno hanno cercato questo servizio. «Ecco un segno dei tempi, l'effetto di una città lasciata a se stessa, senza risposte adeguate ai fenomeni del grande turismo» commenta, sconsolata, la signora Grimaldi. Il problema delle toilettes nell'ex salotto della capitale fa un particolare effetto, se si mettono a confronto i disagi e le contraddizioni di oggi con il prestigio di questa strada, che già nel '700 era la più internazionale della città, con gli alberghi più rinomati, le prime case con appartamenti in affitto, le locande gestite da tedeschi, olandesi, francesi, prediletta dagli stranieri per questa specie di zona franca rispetto all'occhiuta vigilanza H.egli sbirri papalini. La fama di via Condotti, ricordata in tutti i diari di viaggio come nelle guide che hanno accompagnato per secoli pellegrini e studiosi, non si è mai appannata. E oggi ha un clamoroso rilancio, nelle dimensioni finanziarie e affaristiche proprie del nostro tempo. «Questa è una vetrina nel mondo - osserva Capuano -, Essere qui significa aver raggiunto un punto d'arrivo, imporsi nella valutazione internazionale. Le spese per aprire a via Condotti un negozio non sono più fini a se stesse, ma vanno considerate nel quadro delle spese pubblicitarie: sono un investimento». Battistoni aggiunge: «Quello che interessa, nel mercato mondiale, è distribuire un prodotto. Per questo non conta se un negozio è in perdita. Conta l'immagine che si lancia di sé, il prestigio che se ne ricava. A patto naturalmente che il circuito dei punti di vendita sia ampio e vario. Come sta succedendo con le grandi firme della confezione e del design. Gli affitti che si chiedono e vengono pagati, nella Quinta Strada come a via Condotti, se li potranno permettere solo le multinazionali. Prescindendo dall'utile diretto. Questa, ad esempio, sta diventando una via industriale, non più commerciale». La lievitazione dei prezzi - all'inizio - ha colto di sorpresa i tradizionali negozianti di via Condotti. Vantavano una tradizione artigiana, che si traduceva nei gioielli fatti a mano nei laboratori dei due grandi gioiellieri della strada, nei mocassini inventati dai disegnatori di Gucci, nel rapporto diretto con il cliente che ordinava l'oggetto di suo gusto e ne seguiva l'esecuzione. Tutto questo mondo è stato via via smantellato. Incalzato dagli sfratti, invogliato a gettare la spugna dalle clamorose buonuscite che anni fa hanno incominciato a circolare, magari intimidito dall'irromperf di logiche e regole nuove. Il gestore del famoso tiretto di via Condotti, luogo di ritrovo abituale - a una certa ora - di un giro intellettuale e mondano, quando passò la legge sull'Iva ne fu talmente spaventato che lasciò l'azienda e la cedette ai dipendenti (i quali poi hanno dovuto chiudere, perché sfrattati). «La sopravvivenza di un'azienda familiare come la nostra - dice Capuano - è già un qualcosa di particolare. Forse ci possiamo permettere di rimanere qui perché la nostra scelta di stare in questo bellissimo cortile anziché sulla strada fu già una scelta culturale, fu l'intenzione di privilegiare il rapporto artigiano-cliente». Il denaro che circola per mandare via i vecchi gestori è tanto. Tutt'intorno a via Condotti sono scomparsi cinematografi, grandi magazzini, osterie, teatri, studi d'artista. L'Associazione si è battuta per evitare che nella strada approdi un drug store (e finora ha vinto). Ha contrastato il «baraccone» con vendita di prodotti artigianali all'imboccatura della via durante i mondiali di calcio (e ha perso). Ha lanciato l'idea di chiudere con una cancellata l'accesso a piazza di Spagna e al popolo dei giovani di periferia o degli extracomunitari (raccogliendo molte critiche). Difende l'etichetta via Condotti e accusa - come fa il suo presidente - «la mancanza di attrezzature nel centro storico, l'incuria e l'inefficienza dell'amministrazione comunale, la mancanza di chiarezza delle leggi, la scarsa tutela della categoria operata dall'Unione Commercianti». L'immagine di via del Corso, con tutte le cianfrusaglie delle sue vetrine e l'abbassamento di livello della clientela, è il paragone aborrito. Ma l'avanzata delle grandi griffes non è un'altra tendenza allo snaturamento? «Non è una tendenza riconosce Battistoni -. E' già una realtà, un fatto compiuto al cinquanta per cento. Un processo incontrollabile». Liliana Madeo

Luoghi citati: Hong Kong, Italia, New York, Roma, Tokyo, Trinità