La pubblicità «bellicosa» e un salvatore della nostra arte

La pubblicità «bellicosa» e un salvatore della nostra arte La pubblicità «bellicosa» e un salvatore della nostra arte pubblicità è una tecnica sempre più diffusa. Farlo con i militari è una cosa che forse in Italia non è' usuale. Ma dal mio punto di vista la cosa non mi scandalizza. Anzi, è forse un fatto positivo. Nessun disprezzo per gli Obiettori di Coscienza, bensì una benvenuta propaganda, anche se indiretta, a un concetto di «servizio allo Stato» sempre più necessario in questa povera Italia dove nessuno pare interessarsi al declino delle istituzioni della nostra Repubblica. Piero Pastorello Verbania Troppi sei miliardi per il Kraus di Ronconi Dopo cori di osanna, ho finalmente avvertito nella prosa di Nico Orengo del 30 dicembre un'ombra di garbato dissenso circa lo spettacolo di Ronconi al Lingotto. Sei (dicono) miliardi, pubblici e di industrie costrette a mettere la gente in cassa integrazione, sono stati dati senza fare una piega per un «evento» destinato a essere visto per poche volte da quattro gatti. Ogni giorno ci viene detto sospirando che mancano i soldi per provvedere a necessità tragicamente essenziali. Anche se questo artista di regime è Shakespeare marmellate con Eschilo, lo spreco oltraggioso rischia di apparire un segnale simbolico della sensibilità e della scala dei valori dei nostri ceti dirigenti. Qualche superstite cavaliere di Vittorio Veneto, deliziato del funzionamento della Sanità, potrebbe aver fantasticato di un appropriato uso degli armamenti impiegati nell'«evento». A non menzionare patrimonio e istituzioni culturali che per difetto di manutenzione e finanziamenti ordinari vanno in malora. Liliana Giacone Egregio professore, in merito a quanto scritto dai lavoratori di Imperia, ormai prossimi alla pensione (Lo Stampa, 2 gennaio), questo Comitato rileva che la legge Bacchelli trova soprattutto applicazione per le persone illustri anziane colpite da malattie croniche e da non autosufficienza. E' una legge atipica, in quanto fornisce aiuti economici a coloro che, a causa della malattia o, più spesso, di pluripatologie, dovrebbero essere curati gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Invece, molto spesso gli ospedali espellono... C. S. A., Torino ON sono professore e neppure mi sento egregio (dal latino egregius, tratto dal gregge), ma ringrazio particolarmente il C. S. A., Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base, Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti di Torino per quest'intervento in un discorso che riguarda tanta gente, non solo pochi nomi appunto egregi. In redazione sono pervenuti recentemente molti riscontri alla lettera di Rosa Garibaldi, Bruno Bottino e Giuseppina Roberto di Imperia, ma tutti o quasi in polemica con la «legge Bacchelli», tutti o quasi auspicantine la soppressione, invece che l'estensione al resto del gregge, insomma a voi che mi scrivete, a medie vi rispondo. Giustamente il Comitato per la difesa dei di- Malatie mdel g Così Rotondi sottrasse i capolavori ai nazisti Sulla Stampa del 4 gennaio la notizia della morte di Rascel in prima pagina, e la sua commemorazione a tutta pagina nella rubrica spettacoli; nello stesso giorno la notizia della scomparsa di Pasquale Rotondi, storico RISPÓNDE O.d.B. ritti degli assistiti di Torino ribadisce che la «legge Bacchelli» è atipica, perché tutti i vecchi malati cronici non autosufficienti «dovrebbero essere curati gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Invece, molto spesso, gli ospedali espellono, anche in modo selvaggio, i vecchi malati cronici non autosufficienti (a volte anche se di chiara fama) nonostante le leggi vigenti sanciscano il loro diritto alle cure sanitarie, comprese, occorrendo, quelle praticate dagli ospedali o da altre strutture curative». Oreste del Buono cui una folla di guitti - che nemmeno, c'è da giurarlo, avranno partecipato alle sue esequie - imperversa nel cinema e in televisione. Però Pasquale Rotondi, ex direttore dell'Istituto Centrale-, del Restauro, negli anni della II guerra mondiale, quand'era sovrintendente alla Galleria Na¬ zionale delle Marche, e insieme docente di storia dell'arte al liceo classico di Urbino, è l'uomo che nascose prima nei rifugi, e poi trasferì di notte su uno sgangherato camioncino, affinché non fossero consegnate ai tedeschi come ordinava il governo di Salò, tra infinite peripezie e continuo rischio della vita, dal Palazzo Ducale di Urbino a una cascina di Urbanìa, se ricordo bene, capolavori come la Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca o la Tempesta di Giorgione, insieme con altre centinaia di opere, da Tiziano a Caravaggio: tesori tutti che riuscirono poi a giungere in Vaticano, e furono definitivamente salvati all'Italia. Penso che Rotondi meritasse una diversa memoria, non solo | per avere conservato alla patria capolavori irripetibili, ma anche, visto che siamo in un'epoca che sembra apprezzare esclusivamente il valore monetario di ogni fatto, per avere mantenuto allo Stato un patrimonio di centinaia e centinaia di miliardi. Gian Carlo Molignani Carrara La lezione di Sen per un mondo migliore Il Censis definisce gli italiani «pavidi e attendisti». Giovanni Agnelli dice: «Più autonomia alle Regioni. Il Paese deve crescere». Mi pare che sia un'importante opera il censimento, che la visione di chi rappresenta il capitalismo illuminato e il mondo dell'industria d'avanguardia ci suggeriscano la stessa cosa: cioè la necessità di scuoterci e di impegnarci. E' necessario diffondere il concetto che dobbiamo pensare a una nuova economia per il governo di un mondo che sta cambiando, perché il processo di integrazione e interdipendenza che si è avviato neanche la guerra potrebbe annullarlo. L'Italia non può continuare a essere retta da quei lavoratori che quando dicono «Non ne possiamo più» si riferiscono a bisogni e diritti negati, non al terrore di perdere qualcosa del superfluo di cui già dispongono. Si è dato pochissimo risalto al premio Agnelli '90. Neppure il mondo politico, non dico la democrazia cristiana o il socialismo di Craxi, ma gli intellettuali, Occhetto che vuole una forza d'avanguardia. Neppure loro ritengono di dover far leva su quello che quel premio rappresenta, per dimostrare al mondo che l'Italia non è tutta uno sfascio ma sa anche operare scelte prestigiose. Bisogna che facciate sapere alla gente «pavida e attendista» quel che un illustre filosofo economista umanista, Amartya Sen, ci indica per cambiare il mondo e costruirne uno migliore. Maria Pia Palmieri Cosenza L'autobus dei fratelli Romolo & Remo Su Stampa sera di lunedì 17 dicembre si legge che, in seguito all'ultimo vertice europeo di Roma, il presidente Andreotti ha rispedito a Westminster l'autobus guidato dai fratelli Marx, smentendo le critiche britanniche sulla capacità di presiedere e guidare la Cee. Ma il guaio è che in Italia viaggiano ancora molti autobus e carrozzoni guidati dai fratelli Romolo e Remo, targati: Sanità, Previdenza, Poste, Istruzione ecc. che necessitano di una radicale revisione, per di più urgente, al fine di non compromettere ulteriormente l'intero sistema circolatorio della nazione, diretto da una politica tanto chiacchierata, e piena di polemiche, che purtroppo è concreta solo con l'inasprimento fiscale. Luigi Quaglia, Torino