L'assassino fu Stalin ecco l'anello mancante

LA STAMPA LA STAMPA L'assassino fu Stalin ecco l'anello mancante gliato dei partecipanti alla riunione, tutti ovviamente fucilati), i due inquirenti sembrano sicuri del fatto loro. Ma, nell'entusiasmo della negazione, commettono un errore madornale, che nemmeno l'impareggiabile Watson avrebbe mancato di rilevare: essi possono affermare, al massimo, che di quella riunione non c'è traccia. Invece, tradendosi, affermano ciò che non possono dimostrare (nessuno potrebbe dimostrare l'inesistenza di qualcosa), cioè che «la riunione non è mai esistita». Addirittura Sedov e Valetov evidentemente ben protetti - si permettono, sulla Pravda, di polemizzare con Aleksandr Jakovlev, presidente della commissione per la quale lavorano. «Conosciamo A. Jakovlev come politico in vista - scrivono i due con evidente ironia - come diplomatico e come storico. Ma egli è ben lontano dalla giurisprudenza». Come dire-, stia attento a non mettere il naso nelle nostre faccende. E' chiaro che c'è una lotta sotto il tappeto nel vertice del partito, di cui il «caso Kirov» e parte di rilievo. Non è forse in quelle settimane - come ora si comincia a capire, come inducono a ritenere le dimissioni di Shevardnadze - che la sorte di Jakovlev, della squadra di Gorbaciov, dello stesso Gorbaciov sta volgendo al peggio sotto le pressioni dei conservatori? Era solo uno dei tanti segnali della svolta a destra. Le falsificazioni della «Pravda» Il 3 dicembre 1990 sulle colonne della Pravda si potrà leggere la decisione del Plenum delTribunale Supremo dell'Urss che «mette il punto finale» sul cosiddetto «caso del centro leningradese»: i quattordici fucilati di quel lontano 29 dicembre 1934 - tra le prime vittime dell'ondata repressiva che seguì l'assassinio di Kirov - sono riconosciuti innocenti. Ma attenzione al dispositivo della riabilitazione: perché - scrive l'organo del Pcus - «non esisteva alcuna organizzazione terroristica, né alcun complotto. Ci fu l'assassinio. Ma esso fu progettato e realizzato dal solo Nikolaev». Olga Shatunovskaja muore pochi giorni dopo. Ma la vita (e la morte) sono piene di inquietanti coincidenze. Quasi per caso vengo a sapere che un regista, Aleksandr Ivankin, ha girato un lungometraggio televisivo («Colpo alla nuca») sulla vicenda di Kirov. Da più d'un anno la tv sovietica rifiuta di mandarlo in onda. Ivankin accetta di mostrarmelo e durante la proiezione mi rivela l'esistenza di un sua lunga intervista televisiva, mai andata in onda, proprio con Olga Shatunovskaja. Così potrò ascoltare le risposte alle domande che avrei voluto farle anch'io. E tutto diventa improvvisamente chiaro. Perché, ad esempio, è sparita la testimonianza di Sofia Markus, cognata di Kirov? Dallo schermo risponde Olga Grigorievna. «Sparita come molte altre testimonianze di persone vicine a Kirov, che raccontarono dei suoi timori dopo il XVII: "La mia testa è già sul patibolo", aveva detto, "Stalin mi distruggerà". Perché? Perché c'era stata davvero quella riunione segreta». La voce di Olga si affievolisce. La luce dei riflettori getta ombre lunghe sulle tappezzerie d'altri tempi. Si dovevano cancellare le tracce, il movente che spinse Stalin a liquidare colui che era divenuto un suo avversario potenziale. Per questo motivo la famosa riunione segreta non doveva essere eLlstita. Così si spiega perché il procuratore Sedov vuole convincerci che i due erano grandi compari. «Kirov, specie negli ultimi mesi della sua vita, era in ottimi rapporti con Stalin; si può parlare perfino di un'amicizia, che sfociava in intimità vera e propria». Ma Olga Grigorievna insiste: «Hanno manomesso la testimonianza di Verkhovikh. Quando lo invitammo a colloquio non gli dicemmo nulla delle schede di voto mancanti». Giuliette» Chiesa CONTINUA A PAG. 16 PRIMA COLONNA

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