Finito l'amore uccide la barista

Mestre, fermato giostralo che minacciò di buttarsi da S. Marco per avere un lavoro Mestre, fermato giostralo che minacciò di buttarsi da S. Marco per avere un lavoro Finito l'amore, uccide la barista A colpi di mitra nel locale Messina, offerta la «protezione» Otto mafiosi in ffabbrka mandano via gli operai e minacciane direttore VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quel commensale così singolare, che il sindaco neanche un mese fa aveva invitato a colazione, oggi è accusato di assassinio. Sarebbe lui l'uomo vestito di nero e incappucciato che l'altra notte ha ucciso con una mitragliata la titolare di un bar di Mestre, Annamaria Benedetti, di quarantadue anni. L'assassino è entrato all'improvviso, sparando un raffica al torace della donna, e seminando il panico tra gli avventori che all'una di notte ancora stavano nel locale. Un mese fa, dunque, quell'uomo, Gianfranco Faccio, un giostralo di quarant'anni, era seduto a tavola con il sindaco e alcuni assessori, invitato apposta per discutere del suo problema. Le due ore precedenti le aveva trascorse a parlamentare, lui all'esterno della cella campanaria sopra il campanile di San Marco e pronto ad uccidersi, l'intera giunta comunale all'interno, per tentare di convincerlo a rientrare. Faccio voleva buttarsi di sotto, settanta metri di volo: il problema era allora la sua giostra, che il Comune non aveva incluso fra quelle autorizzate a stazionare sulla riva degli Schiavoni per le feste di Natale. Dall'altra notte, il problema di quell'uomo è diventato un altro, l'omicidio di cui è accusato, anche se lui per ora nega BOLOGNA quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia». La fabbrica è in via Thaon de Ravel, accanto agli uffici amministrativi della prefettura. Ieri mattina è stata visitata dal prefetto Mario Iovine accompagnato dal questore Fernando Masone e da ufficiali dei carabinieri. Iovine ha colto l'occasione per sottolineare come la sua presenza e quella degli altri rappresentanti delle forze dell'ordine sia «impegno a fare quanto necessario per garantire la libertà d'impresa». Da parte sua il questore ha rilevato che «solo la collaborazione delle vittime può concorrere a estirpare il racket». Ma non e tutto facile. Già sei anni fa i Grassi sbatterono la porta in faccia a un certo «zio Stefano» che aveva tentato di estorcere loro 50 milioni. Gli risposero no, ma non In passarono liscia: qualche notie dopo il loro pastore tedesco Duck fu massacrato a botte. Pochi giorni ancora e le paghe dei dipendenti furono rapinate da due «picciotti» che portarono via ì 50 milioni chiesti con la minacciosa telefonata da «zio Stefano». «I due rapinatori - dice ora Grassi - furono identificati. Ma il riconoscimento fatto dal personale dell'azienda avvenne faccia a faccia, senza precauzioni, e ancora oggi quei miei operai vivono nel terrore di una vendetta». [a. r.] MESSINA. Per chiedere il «pizzo» allo stabilimento di acqua minerale «Fontalba» di Montalbano Elicona, in provincia di Messina, otto banditi hanno fatto irruzioiio ieri mattina in fabbrica e, pigola alla mano, hanno costretto gli operai a salire in auto e a tornarsene a casa. Per essere più persuasivi hanno anche sparato un colpo in aria. Poi si sono presentati al dirigente dello stabilimento, Giovanni Lo Bue, e gli hanno offerto la loro «protezione». A Palermo un imprenditore ha deciso di non piegarsi alla mafia delle tangenti e si è rivolto alla polizia. E' Libero Grassi, 61 anni, esponente radicale titolare della Sigma, un'azienda che produce duemila capi al giorno fra pigiami, biancheria, vestaglie con 100 dipendenti e un fatturato di 7 miliardi l'anno. Da qualche tempo è stato incrementato l'export in Danimarca, Spagna e Austria. «Ho costruito questa fabbrica con le mie mani - afferma Grassi -. Se paghiamo, torneranno alla carica. Saremmo destinati a chiudere». E' stato un certo «geometra Anzalone» a telefonare a Libero Grassi chiedendogli 50 milioni «per quelli che sono in prigione». In una lettera al Giornale di Sicilia l'imprenditore precisa: «Volevo avvertire il nostro ignoto estorsore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in Gianfranco Faccio, 40 anni, il giostraio fermato per il delitto oppure lasciare libero l'indiziato. Ed è questo il terzo omicidio in pochi giorni che Mestre, la metà di Venezia che si trova in terraferma, è costretta a registrare. Un altro è avvenuto nel corso della stessa notte. Un signore di cinquant'anni, Giorgio Fagarazzi, ha strangolato la madre Irma, di settantasette, e ha poi chiamato egli stesso l'ambulanza. L'uomo è da quindici anni in cura presso un Centro di salute mentale. Viveva con la madre in un caseggiato popolare di periferia, mentre il padre ottantenne è ricoverato da tempo all'ospedale. Dopo aver stretto le mani intorno al collo della madre che si trovava a letto, Fagarazzi l'ha trascinata in corridoio con le lenzuola, restando accanto al cadavere per quattro ore, dalle sette alle undici di sera. Infine si è scosso e ha chiamato il pronto soccorso, senza probabilmente rendersi conto di quello che aveva fatto. Del terzo omicidio in questi pochi giorni si celebrava proprio l'altro ieri il funerale: un poliziotto che aveva sparato alla moglie perché Irù lo voleva lasciare, e si era poi puntato la pistola alla tempia. Un bilancio assai cruento che la t :tà di terraferma, così provinciale e terziaria, non era tbiuiata a dover fare. Mario Loi.o Bardella Gagliardi Saffirio