l'Italia scopre la sindrome del fronte

Cossiga: «Nessuno vuole combattere, ma non possiamo premiare la prepotenza» Cossiga: «Nessuno vuole combattere, ma non possiamo premiare la prepotenza» l'Italia scopre la sindrome del fronte Voci, poi smentite, di un richiamo dei riservisti stro della Difesa, il democristiano Virginio Rognoni. Per alcune ore l'ansia di migliaia di italiani è andata crescendo. Poi la notizia è stata smentita dal ministro, il quale ha spiegato alla commissione Difesa che si trattava di un'operazione di routine. «E' un fatto che accade ogni anno: queste cartoline sono sempre arrivate, soltanto che essendoci la crisi del Golfo si è creato allarme». Ma l'intervento di Rognoni non è bastato a placare la preoccupazione degli italiani, tanto più che per il ministro «l'unica ipotesi realistica sembra quella di un attacco dei Paesi impegnati per la liberazione del Kuwait. Potrebbe configurarsi - ha aggiunto Rognoni - come un solo massiccio colpo, di grande intensità e limitatissima durata, condotto pressoché esclusivamente per via aerea e diretto principalmente a fiaccare il morale nemico». Ma come reagiscono gli italiani di fronte al pericolo imminente di guerra? Da un sondaggio (quasi ultimato) del TG3 che non ha valore scientifico ma che offre comunque il senso dello stato d'animo in cui vive il Paese - risulta che ormai quattro italiani su dieci sono convinti che la guerra scoppierà. Eppure la grande maggioranza degli intervistati - l'83 per cento - pensa che il conflitto potrebbe ancora essere scongiurato se solo si esplorassero tutte le vie per uno sbocco paci- fico della crisi. Ma se non si trovasse una via d'uscita, il 46,4 per cento sarebbe favorevole ad un intervento militare dell'Italia mentre il 50,2 per cento vi sarebbe contrario. Almeno centomila pacifisti sfileranno domani per le vie della capitale. La manifestazione è promossa da Àcli, Arci, Lega ambiente e altri gruppi minori. I sindacati non aderiranno alla sfilata per la pace. Ma in compenso Cgil, Cisl e Uil hanno invitato tutti i lavoratori a scioperare per un quarto d'ora il 15 gennaio. La spaccatura del Paese tra pacifisti e favorevoli all'uso della forza servirà da tela di fondo per uno scontro vivace tra le forze politiche il 16 gennaio in Parlamento, quando dovranno indicare al governo la linea da seguire in caso di guerra. La polemica, del resto, è già scoppiata tra i partiti di maggioranza, che hanno accettato la richiesta del governo di tenere il dibattito parlamentare il 16 gennaio, e i partiti dell'oppo sizione, che volevano tenere il dibattito prima del 15, quando scadrà l'ultimatum a Saddam Hussein. Per il ministro degli Esteri Gianni De Michelis rimane comunque «un pertugio strettissimo» per agguantare la pace all'ultim'ora. E il Consiglio di gabinetto si riunirà oggi a palazzo Chigi per decidere che cosa rimane ancora da fare. PIAZZA AFFARI COMIT 509,64 MARCO 752,180 IN ITALIA operatori nutrono ancora speranze sulla possibilità di evitare il conflitto. Ieri sul tema è in tervenuto il premio Nobel Freedman, fornendo una visione, per certi versi, capovolta del problema. «Se il conflitto dovesse esplodere - ha detto penso che sarà molto breve e che non produrrà enormi distruzioni. In tal caso il prezzo del petrolio crollerà con effetti benefici per l'economia mondiale. In altri termini la guerra del Medio Oriente potrà rivelarsi positiva o negativa sul piano economico secondo l'evoluzione degli avvenimenti». Una crisi a doppia faccia, quindi. BONN. La Germania elargirà un nuovo contributo al contingente multinazionale anti-iracheno, fornendo in prestito agli Usa munizioni per carri armati per oltre 39 milioni di dollari. Secondo il «Berliner Morgenpost», Bonn si incaricherà della consegna del materiale, mettendo a disposizione sei aerei da carico. L'Spd, tuttavia, ha sollecitato il governo a cercare una soluzione pacifica della crisi, ribadendo l'appoggio alle iniziative del Segretario generale dell'Orni de Cuéllar. [Ansa-Agi] PECHINO. «Le conclusioni dei colloqui di Ginevra non sono state quelle che la comunità internazionale desiderava. L'Iraq deve ora adottare un atteggiamento realistico e ritirarsi immediatamente e senza condizioni dal Kuwait»: è la posizione della Cina, che ha rivolto «un appello all'Iraq e alla comunità internazionale per una soluzione pacifica del conflitto» e ha augurato successo alle iniziative di de Cuellar. [Ansa] IN BREVE Da Bonn proiettili per i tank americani Pechino: Baghdad mostri realismo Londra: si avvicina il momento della forza LONDRA. La Camera dei comuni britannica discuterà martedì della crisi del Golfo: al dibattito parteciperanno anche il premier John Major e il ministro degli Esteri Douglas Hurd. Hurd,, che parte oggi per una missione nel Golfo, ha espresso apprezzamento per la missione a Baghdad di de Cuéllar, anche se ha aggiunto che «se si vuole un mondo più sicuro, viene un momento in cui bisogna rischiare il ricorso alla forza». Secondo il leader laborista Kinnock, invece, bisogna dare alle sanzioni anti-Iraq più tempo per poter essere efficaci. [AnsaAgi] Pronto lo sgombero dei turisti inglesi LONDRA. Le compagnie di viaggio britanniche hanno predisposto un piano di rientro d'emergenza dei propri turisti in Medio Oriente in caso di guerra. Attualmente, sono tre-quattromila i britannici in vacanza tra Egitto e Cipro. La British Airways, intanto, continua a volare verso il Medio Oriente, ma un portavoce ha detto che i collegamenti potrebbero essere interrotti «in caso di necessità». [Ansa] Vaticano: continuiamo a sperare nella ragione CITTA' DEL VATICANO. Il Vaticano continua a sperare che nella crisi del Golfo prevalgano la ragione, la giustizia e la tutela dei diritti. La speranza si basa sull'impressione che dopo l'incontro Baker-Aziz vi siano ancora possibilità di accordo e, infatti, si confida sulla missione di de Cuéllar. Il portavoce Navarro ha comunque ribadito che non esiste alcuna richiesta di mediazione al Vaticano. [Agi]