SCHERZI DA CAMBISTA di Stefano Bartezzaghi
SCHERZI DA CAMBISTA SCHERZI DA CAMBISTA Come giocare con le lettere: da Inermi a in Armi, da ManiCure a Mani Dure Le trappole delle sciarade: «sinceramente», «sino», «pianoforte» ELO schedario?», mi chiederanno i più fanatici tra i cambisti. E io risponderò: lo schedario c'è ed è per essere completato o quasi, e non v'è chi non veda corno non sia umanamente possibile parlare solo di quello. Nella vita c'è anche altro. Magari anche solo altri modi per giocare ai cambi. Molti lettori, in queste settimane, mi hanno proposto giochi vecchi e nuovi, legati al meccanismo dei cambi. C'è chi fa metagrammi, c'è chi fa cambi all'interno di poesiole e filastrocche, c'è chi recupera i cambi di più lettere uguali e i cambi di tutte le vocali (giustamente ricordando il ginzburghiano «baco del calo del malo»): e c'è chi propone allo schedario dei cambi oppositivi «a frase». Il primo è stato Roberto Morraglia (Sanremo, Im) con uno splendido «inermi/in armi)». Poi è arrivato Giulio Rutello (Ciriè, To) con «manicure / mani Dure»: e mi ha detto «la prenda sullo scherzo». E no, caro Rutello, io la prendo proprio sul serio, perché mi sembra uno scherzo bellissimo. D'ora in poi, per riempire lo schedario e le sue schede più riottose, si accetteranno esempi di tal fatta: da una parola singola a due parole (non da due a due, o da tre a tre, o da due a tre; Avanti, Pietro, con giudizio). Per riempire lo schedario c'è infine chi suggerisce di pubblicare la lista delle schede ancora vuote: così da potersi comodamente concentrare, senza disperdere energie metagrammatiche in direzioni disparate. Infatti così è successo con la lettera l. Dopo che ho dato l'elenco delle schede in l ancora vuote, mi sono arrivate subito, a raffica, epistole riparatrici. Ma proprio per questo vorrei evitare di riempire un'intera rubrica con un elenco arido delle lacune. Lo farò senz'altro, ma non prima che tali lacune si siano ridotte a una trentina: mi comportavo così anche quando collezionavo le figurine Panini. Ma vorrei ritornare alla lettera di Rutello, che a un certo punto contiene una strana cosa: ff'. Cos'è? Io l'ho risolta così: «acca, v: alla v acca = accavallavacca». Vuole dire che c'è una «acca» e una «vi», e che la «acca» è «elevata alla potenza v». Il risultato è quella ormai famigerata parola inventata da Marco Morello (Castiglione, To), qualche anno fa, e che con gli anni sta diventando la sigla di questa rubrica. E' un palindromo, è una parola monoconsonantica, è un mucchio di cose. In collaborazione con Chiara Rutello, Giulio rispolvera anche i vecchi ad'dàd (plurale di d'idd). Ve li ricordate? Sono quelle parole che vogliono dire una cosa e il suo contrario. Ru¬ tello (un po' Chiara e un po' Giulio) aggiungono alla lista «certo», che può essere vago («un certo giorno») o preciso («un giorno certo») e «manetta» (che serve per imprigionare o per liberare la potenza di una moto che va «a manetta», appunto). Bene bene. Ancora meglio una nuova trovata di Rutello, che si è accorto che esistono parole «che sono sciarade di significati opposti». Rutello chiarisce che non si tratta di esempi come «sottosopra» o «chiaroscuro», etimologicamente banali. Lui propone «pianoforte» (il cui antenato, ricordo, era il «fortepiano»), «sino» (preposizione) e «sinceramente». Ho detto che questa è una «nuova trovata di Rutello», ma non ne sono certissimo. Mi scuso con lui e con tutti, ma mi accorgo che nel periodo degli ad'dàd il mio archivio, per certi motivi, è andato un po' a pallino: adesso, con un po' di pazienza, rimetterò a posto le lettere, e vedrò se qualcuno non aveva per caso già pensato alle sciarade oppositive. Qualche altro lettore potrebbe farmi (farci) dono di altri esempi, se ce ne sono. Il periodo della ricerca degli ad'dàd coincideva, settimana più settimana meno, con il periodo della ricerca delle -teche, e anche lì devo metterci mano e metterci ordine. Ma intanto sia pubblico il mio grato elogio per i lettori che di tanto in tanto mi segnalano altre -teche. Nulla va perduto! Tutto fa brodo! Col tempo e con la paglia maturano le nespole! Vedo che continuano a uscire libri sull'«italiano di oggi» e sui neologismi, ultimo il Dizionario delle nuove parole italiane di Augusta Forconi (Tasco, pagine 224, Lire 15.000), ma che il profluvio delle parole in -teca non lascia tracce. Teorizzo che i dizionari stanno molto attenti a nuove parole composte da vecchi «morfemi» (suffissi e prefissi), come il «post» di «postmoderno» e «postcomunista», il «video» di «videotel» e «televideo», e tutti gli -esi, gli -ismi, i -neo, e così via. Ma il nostro -teca è proprio nuovo in quanto suffisso, o meglio è relativamente nuova l'estensione d'uso che ha subito. Sarà per questo che i «neo-dizionari» del «post-neologismese» risultano del tutto «atecotechici» («detto di dizionari che non raccolgono parole in -teca»)? Mi piace teorizzare sui neologismi. Ci sono nuovi cambi di lettera, ci sono vecchie lettere di argomento biconsonantico, c'è in ballo il gioco dello «sviluppo» o «sintesi», se vi ci appassionerete ci sono le «sciarade oppositive» di Rutello, ci sono le -teche che van sempre bene. C'è da giocare per un anno. Scrivete a Tuttolibri, Redazione Giochi, via Marenco 32, 10126 Torino. Stefano Bartezzaghi
Persone citate: Augusta Forconi, Castiglione, Giulio Rutello, Marco Morello, Roberto Morraglia, Tasco
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