Giappone arriva la pillola dopo tanti aborti di Fernando Mezzetti

Giappone, arriva la pillola dopo tanti aborti Giappone, arriva la pillola dopo tanti aborti Solo da quest'anno, forse, anticoncezionali «liberalizzati» più semplice. Legalmente. In vigore dal '48, la legge è apparentemente severissima e va sotto il sinistro titolo di «Legge di protezione eugenetica». Permette l'aborto in caso di accertate malformazioni del nascituro. Ma si può anche abortire nel caso di gravidanze da violenza carnale e ove sussista pericolo per la vita della madre. In più, è lecito farlo per «motivi economici»: ed è questa la motivazione più diffusa, addotta nel novanta per cento dei casi, e accettata dai sanitari senza discutere. Primo al mondo in tanti campi, il Giappone è in prima fila anche nel numero degli aborti: 497 mila ufficialmente nel 1987, su una popolazione di 120 milioni, oltre 15 ogni mille donne. Quasi tutti, appunto, per motivi economici. In questo caso però bisogna pagare in media 700 mila lire. Negli altri casi, tutto è coper¬ lo più antico: l'aborto. Fermo nel negare la pillola - mentre già a 16 anni il 10 per cento delle ragazze ha le prime esperienze - il Giappone è forse il Paese più permissivo per l'aborto. La pillola non è proibita in assoluto, e una donna potrebbe comunque procurarsela su prescrizione medica. Ma abortire è to dalle assicurazioni malattie. L'aborto è ammesso fino a 24 settimane di gestazione. Un recente progetto governativo di abbassare il limite a 22 settimane in linea con indicazioni dell'Organizzazione mondiale della Sanità ha provocato le proteste delle femministe. Questi gruppi si fanno sentire meno nella campagna per la pillola, e la ragione sta forse nelle riserve espresse dalla signora Yuriko Ashino, della federazione per la pianificazione familiare: «La pillola potrebbe togliere ogni responsabilità all'uomo. Lui ne godrebbe tutti i benefici lasciando tutto il peso alla donna». Il preservativo, oltre che nelle farmacie e in distributori automatici, è venduto col sistema porta a porta, in confezioni giganti «formato famiglia», 144 pezzi l'una, con sconti cospicui, e stagioni di vistosi saldi o cam¬ pagne promozionali per nuovi modelli. Ciò ha costituito senza volerlo la più forte difesa contro l'Aids. Tra portatori sani e veri malati si hanno in Giappone poco più di un migliaio di casi. Ma il preservativo conta solo al 75 per cento, secondo cifre ufficiali, nel controllo delle nascite. Ecco allora il largo ricorso all'aborto, che qui non suscita lacerazioni e problemi morali. Certo, vi sono i templi buddisti dedicati ai «Mizuko-Jizo», o «figli dell'acqua», i bambini mai nati: hanno cimiterini affollati di statuette in pietra deposte dalle mancate mamme. Il più celebre è quello «delle nuvole purpuree», a Nord Ovest di Tokyo: ci sono almeno tredicimila statuine che rappresentano l'anima del bambino, con accanto vestitini, succhi di frutta, giocattoli. In questa forma di religiosità popolare trovano sfogo in molti casi tragedie intime e laceranti complessi di colpa. Ma la patetica messa in scena e la ritualità danno l'impressione di espedienti per ammettere la vergogna, chiudere il caso e ricominciar daccapo: gli antropologi sanno bene quanto sia estraneo alla mentalità giapponese il complesso di colpa, e fortissimo invece quello della vergogna. Se per il primo si devono fare i conti con se stessi, per il secondo basta chieder scusa e il problema è risolto, mentre va avanti l'industria dell'aborto: col gran giro di affari per i medici, i fabbricanti di statuine (dalle cinquecentomila ai due milioni di lire ciascuna) e i monaci buddisti: centomila lire almeno per una preghiera quando si depone la statuina. Fernando Mezzetti

Persone citate: Yuriko Ashino

Luoghi citati: Giappone, Tokyo