Repubbliche in rivolta dopo la «rapina del secolo» serba

Repubbliche in rivolta dopo la «rapina del secolo» serba Repubbliche in rivolta dopo la «rapina del secolo» serba «Distrutto l'ultimo legame che univa la Federazione, rischiamo la bancarotta» ZAGABRIA _ NÒSTRO SERVIZIO Un siluro nel cuore della Jugoslavia. In questi termini è stato definito il clamoroso golpe finanziario effettuato dalla più grande delle Repubbliche jugoslave, la Serbia, ai danni di un Paese da mesi ormai sull'orlo dello sfacelo. Negli ultimi giorni dell'anno scorso, mentre il Parlamento jugoslavo dibatteva sul futuro programma economico del Paese, cercando di salvaguardare quel minimo di unità indispensabile per iniziare il dialogo sul nuovo assetto politico della Jugoslavia, tramite la Banca Popolare della sua Repubblica, la Serbia si faceva accordare un credito per la liquidità della sua economia disastrata. Votato in gran segreto dal Parlamento serbo, il credito approvato in base all'emissione primaria del Paese equivale a un miliardo e mezzo di dollari (oltre 1600 miliardi di lire), la metà dell'emissione di soldi prevista per il '91 per tutta la Jugoslavia. In parole povere la Serbia ha sfondato il sistema monetario del Paese «rubando» dalla Cassa Federale la metà dei soldi che dovrebbero essere emessi quest'anno per i bisogni di tutto il Paese. Senza avere una reale copertura finanziaria, la Banca Popolare della Serbia ha trasferito la somma su vari conti della Repubblica, tra cui il Fondo per le pensioni e quello per l'agricoltura nonché alle banche rimaste senza liquidi. La transazione che a detta degli esperti equivale a una vera e propria falsificazione monetaria, minaccia di poitare alla bancarotta definitiva la già traballante economia del Paese. Intanto è stata bloccata la convertibilità del dinaro, svalutato il primo gennaio scorso del 28%. «Con un atto illegale di contabilità, la Serbia ha introdotto nel sistema monetario del Paese 18,2 miliardi di dinari» ha detto il governatore della Banca Popolare Croata Ante Cicin Sain, di ritorno da Belgrado dopo la riunione del Consiglio dei governatori delle varie Repubbliche jugoslave. «Per il momento non si sa quanti di questi soldi siano stati piazzati sul mercato, ma tutto lascia intendere che non sarà più possibile riparare al danno. Anche se non sappiamo se la Serbia ha veramente stampato le banconote, il suo atto equivale a un'emissione di soldi unilaterale ed illegale. In questo modo ha distrutto uno degli ultimi elementi di coesione della Federazione jugoslava. Ma allo stesso tempo ne ha ricavato in modo illegale un beneficio concreto. Con una operazione su carta è stato creato un valore d'acquisto pari a un miliardo e mezzo di dollari». Guidati dal presidente Slobodan Milosevic, gli ex comunisti serbi che hanno vinto alle recen¬ ti elezioni politiche hanno tentato di tappare i buchi senza fondo dell'economia della loro Repubblica, ma le conseguenze della «rapina del secolo» come la definiscono i giornali jugoslavi, colpiscono tutto il Paese. Sono minacciate le riserve in valuta straniera, ma soprattutto le future transazioni finanziarie con l'estero. Gli altri Paesi potrebbero decidere d'interrompere ogni attività finanziaria con la Jugoslavia e bloccare le riserve jugoslave nelle loro banche. La Serbia si difende dicendo che il sistema monetario del Paese è già stato sfondato in modo simile dalle altre Repubbliche jugoslave, ma le loro Banche Popolari hanno energicamente smentito l'accusa. «Lo sfondamento del sistema monetario del Paese è un atto criminale dei dirigenti politici serbi le cui conseguenze saranno dannose per l'economia e la politica del Paese intero», ha detto il presidente del governo sloveno Lojze Peterle, sottolineando che le prime contromisure prese dal governo federale e dalla Banca Popolare Jugoslava sono insufficienti, per cui la Slovenia farà di tutto per proteggere la propria economia. Peterle ha inoltre affermato che con quest'atto la Serbia ha praticamente eliminato ogni possibilità di dialogo per cercare di regolare la futura vita comune. La Serbia che sembrava la più intenzionata a combattere per l'unità del Paese ò stata invece quella che ha minato le fondamenta della Jugoslavia. E questo proprio alla vigilia del primo incontro della Presidenza Federale e dei presidenti delle Repubbliche per discutere sul futuro. Ieri la Presidenza Federale ha emesso un ordine per il disarmo di tutti i gruppi che non fanno parte delle forze militari jugoslave o della polizia. Ingrid Badurìna

Persone citate: Ante Cicin Sain, Ingrid Badurìna, Lojze Peterle, Peterle, Slobodan Milosevic