la giustizia apre le porte del carcere a due boss

la giustizia apre le porte del carcere a due boss la giustizia apre le porte del carcere a due boss Indulto e scadenza termini per il capo dei corleonesi e il presunto killer di Basile PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Cossiga è atteso domani mattina a Gela, la città della più sconvolgente faida mafiosa mai esplosa, dove inaugurerà il tribunale. E alla vigilia di questo atteso evento (20 mesi fa gli studenti invitarono il Presidente a visitare la città assediata dalle cosche) polizia e carabinieri hanno portato a termine un'operazione con 15 ordini di fermo cautelare firmati dal procuratore di Caltanissetta Salvatore Celesti. Nel frattempo altri segnali rendono inquietante la situazione dell'ordine pubblico in Sicilia. La mafia uccide ancora: due fratelli, agricoltori incensurati, Giuseppe e Francesco Gravina di 30 e 50 anni sono stati assassinati ieri notte con fucili a lupara in un bar di Scordia, 70 chilometri da Catania. A Partinico, vicino Palermo, un pregiudicato di 29 anni, Ni¬ che una ventina di anni fa fu accusata di aver fatto la «postina» per l'anonima sequestri di Luciano Liggio. Del resto Leoluca Bagarella, in quel tempo, era il luogotenente di Liggio il cui astro è stato poi appannato da Riina. Bagarella fu catturato da due carabinieri in corso Vittorio Emanuele, nel centro storico di Palermo, dopo più di 15 anni di inutili ricerche. Fu riconosciuto e ammanettato 5 mesi dopo l'omicidio di Giuliano, assassinato perché pochi giorni prima aveva intercettato all'eroporto di Punta Raisi una valigia con 600 mila dollari indirizzati a Cosa Nostra da New York per il pagamento di una partita di eroina spedita a Brooklyn da Palermo. Ha pure riacquistato la libertà un altro esponente di punta delle cosche, Giuseppe Madonia, indiziato di essere uno dei tre killer che la notte fra del 3 maggio 1980 assassinarono il comandante dei carabinieri di colò Guarino, è stato ucciso in un altro agguato ieri mattina con quattro colpi di pistola. E un nuovo successo della mafia è indubbiamente rappresentato dal ritorno in libertà di un boss di prima grandezza, Leoluca Bagarella, della «famiglia» dei corleonesi, la principale di Cosa Nostra in Sicilia. Bagarella ha lasciato l'Ucciardone grazie all'indulto, dopo essere stato condannato a 4 anni per associazione mafiosa nel recente verdetto d'appello per il primo maxiprocesso alla mafia e malgrado sei anni fa avesse tentato di evadere (fu bloccato mentre scalava l'ultimo muro). Indicato da vari pentiti come uno degli assassini del vicequestore Boris Giuliano, il capo della Mobile ucciso nel 1979, Bagarella è cognato di Salvatore Riina, il numero uno della mafia, inafferrabile e a quanto si dice il più sanguinario di tutti, che ha sposato Antonietta, la sorella minore, una maestra elementare Monreale, il capitano Emanuele Basile sparandogli alle spalle mentre teneva in braccio la figlioletta di 4 anni. Come Giuliano, Basile aveva dato fastidio indagando sul traffico di droga tra la Sicilia e gli Stati Uniti. Madonia ha beneficiato della scadenza dei termini della carcerazione preventiva dopo essere stato assolto in primo grado per insufficienza di prove e condannato in appello all'ergastolo. Ma quest'ultima sentenza è stata poi annullata dalla Cassazione per un vizio di forma. Si attende ora il nuovo processo. E mentre si resta perplessi davanti alla notizia delle due nuove scarcerazioni, solo uno dogli assassini del procuratore della Repubblica di Palermo Gaetano Costa, ucciso il 6 agosto del 1980, sarà processato da oggi in Corte d'assise a Catania. E' Salvatore Inzerillo, arrestato due anni fa negli Stati Uniti e cugino e omonimo del boss ucciso a Pa¬ lermo all'inizio della guerra di mafia degli Anni Ottanta e che secondo il pentito Marino Mannoia capeggiò il gruppo di fuoco che eliminò il magistrato. Soltanto ora si è appreso (durante l'istruttoria vi erano stati vari omissis) che Marino Mannoia ha riferito pure che del commando fece parte anche Giovannello Greco, che avrebbe tradito le cosche vincenti per passare a quelle perdenti e che è braccato da anni sia dalle forze dell'ordine che dai «corleonesi». Gli altri sospettati per l'omicidio Costa sono morti o latitanti. Un giudizio lapidario quanto preoccupato lo esprime il vescovo di Cefalù, Rosario Mazzola, già ausiliare del cardinale Pappalardo. In un'intervista alla «Sicilia» il vescovo, attaccando i giudici, afferma: «E' la magistratura il problema più grosso della società italiana». Antonio Ravidà