Il re dell'Eliseo

I primi 10 anni di Mitterrand presidente I primi 10 anni di Mitterrand presidente Il re dell'Eliseo // coraggio d'essere pratico IT ESSUNO in Francia si 1 pone oggi il problema a della «Repubblica presi- I denziale», quella instauOJrata da De Gaulle nel 1958 e consolidata nel 1962 con l'elezione del capo dello Stato a suffragio universale. Francois Mitterrand la osteggiò duramente per paura della monarchia. Di queste istituzioni ha detto: «Non erano fatte per le mie idee, ma sono fatte bene per me. Erano pericolose prima di me, lo saranno dopo di me». La diagnosi è più polemica che equilibrata, salvo per un punto: è certo che Francois Mitterrand ha trovato in questo regime lo strumento esatto che gli ha garantito la base del suo disegno politico: anzitutto la durata di sette anni, poi altri sette anni. 11 tempo per trasformare in profondità la Francia del Ventesimo Secolo. Questo Paese ha conosciuto due anni soltanto di esperienza socialista, tra giugno del 1936 e aprile del 1938, con Leon Blum alla testa del governo espresso dal Fronte popolare. E in capo a quattro mesi dovette arrestare, senza dirlo, le riforme proclamate nel febbraio del 1937. Rimangono nella memoria impressioni più catastrofiche di quanto non m'eritasse l'opera compiuta allora sul terreno sociale. Molto ingiustamente gli sono attribuite le cause politiche della disfatta del 1940. Nel 1981 la «gente di sinistra» porta in sé, di quell'epoca, i sogni piuttosto che le delusioni, e l'opposizione - cioè la metà circa dei francesi - teme un socialismo che, contrariamente alla social-democrazia tedesca, non ha abbandonato la sua adesione al marxismo e rimane la sola ideologia indiscutibilmente settaria. Quando è eletto presidente della Repubblica il 10 maggio del 1981, con il 51,75 per cento dei suffragi, Francois Mitterrand incarna pertanto più speranze a sinistra che paure a destra. II suo programma delle « 101 proposte socialiste», che vanno oltre quelle del Fronte popolare nel '36, potrà essere concretizzato? Potrebbe governare in modo autoritario, senza ostacoli: contrariamente alla sua promessa non è stato ripristinato il controllo del Parlamento sull'esecutivo. Disponendo della maggioranza il suo primo ministro può imporre la votazione di una legge senza emendamenti. Il capo dello Stato ha la possibilità in qualsiasi momento di sciogliere le Camere. E' sicuro di non poterne essere vittima, perché detentore di due atout sui quali non poteva contare Leon Blum: la durata garantita del suo mandato e il non dovere fare i conti con le segreterie dei partiti. Dieci anni dopo una certezza: Francois Mitterrand non ha governato nella direzione in cui avrebbe potuto condurlo la Costituzione. Ma ci si domanda se sia riuscito a realizzare profondi cambiamenti nel panorama francese, se li abbia accompagnati con la sua volontà. Ci si chiede in quale misura questa «era Mitterrand» sia dipesa dal suo disegno personale, dalla sua volontà d'imprimere un segno, di lasciare un'opera realizzata. Non c'è un suo testo che non lasci trasparire in filigrana il pro¬ Mitterrand blema del dominio dell'avvenimento. Ed ecco un libro che lo racconta a chiare lettere: s'intitola // decennio Mitterrand. E' un'opera il cui primo volume, il solo stampato finora, descrive gli anni dal 1981 al 1984: Lesful>tti/res (Edition de Seuil). I dueautori, Pierre Favier e Michel Martin-Roland, sono giornalisti della Vrance Presse, che hanno da dieci anni l'incarico di «coprire» la presidenza della Repubblica. Malgrado la sua diffidenza per la stampa, il protagonista del libro ha concesso ai due autori venti ore di colloqui. Ed è andato molto più in là, autorizzandoli a consultare la sua documentazione privata e i rendiconto dei Consigli dei ministri, sui quali finora c'era il segreto più assoluto. Sotto la denominazione generica di «documenti d'archivio» gli autori del «decennio Mitterrand» fanno dunque riferimento all'archivio personale costituito da Francois Mitterrand all'Eliseo fin dalla sua elezione. Autorizzati da questo esempio duecento d, il suo mandato si concluderà tra quattro protagonisti della vita politica, in particolare gli ex primi ministri e quaranta ministri, hanno aperto i loro dossier. Persino la segretaria personale del Presidente della Repubblica è stata autorizzata a fare qualche confidenza. Su questo archivio, fatto di documenti ufficiali o privati, Francois Mitterrand si baserà il giorno in cui avrà compiuto il suo itinerario politico scrivendo le sue memorie. Ai due giornalisti ha lasciato il compito di fìssare «un punto di riferimento per la Storia». Ma è evidente che molto spesso devono essersi limitati a contemplare la ricchezza delle loro fonti, senza avere il diritto di usarle molto. Procedendo per temi e cronologicamente, rimettono gli avvenimenti nel contesto della loro importanza relativa, senza dare allo «scoop» altro valore che quello d'un istante, negandogli qualsiasi carattere di rivelazione. Cosi abbozzano il primo schizzo affidabile del panorama percorso. Rigorosi osservatori per professione, si distinguono dalle decine di autori, spesso brillanti, che da dieci anni hanno sfornato delle « Mitterrand iane», scrittori di pamphlet o d'altro, ma la cui caratteristica comune era sempre di ricamare sul tema «Mitterrand ed io». Favier e Martin-Roland vedono il loro protagonista mentre apre il suo sentiero nel paesaggio, camminando in politica con lo stesso passo che usa per affrontare le foreste o le strade di nni Parigi. Qui la solitudine, là la scorta e la gente che lo riconosce. Un uomo che ha sempre scommesso sul tempo e superato gli ostacoli non senza soffrire, ma trascinato dalla volontà di continuare. Solitario, ma circondato di compagni, appartenenti ad ambienti diversi. Venuto da lontano prima di incarnare il socialismo nell'epoca stessa in cui tutte le forme di questa ideologia si sfaldano in ogni Paese, Francois Mitterrand esprime perfettamente l'aspirazione alla giustizia sociale: è quella aspirazione che, dai tempi della sua adolescenza fino a quelli dell'Eliseo, ha qualificato la sua generazione di francesi passati da un cattolicesimo moderatamente politico a una politica moderatamente cattolica. Una generazione che ha potuto constatare come né il sentimento né la rivoluzione realizzavano nei fatti la spartizione dei beni, la redistribuzione, la riforma delle strutture. Francois Mitterrand è più di quanto spesso si creda l'uomo della continuità nazionale, e della fedeltà a se stesso fin dall'inizio della sua avventura. «Cambiare la vita»: questa massima presa da Rimbaud ha guidato la sua campagna elettorale del 1981. Nei tre «anni di rottura» essa è scomparsa dietro la necessità di cambiare il socialismo tecnico in socialismo possibile per evitare errori economici ispirati dalla dottrina. Quello che è stato il suo partito, che di fatto ha rotto con gli errori della sua storia, ha in lui l'uomo che compie l'elaborazione delle idee con la prova del potere. «Dobbiamo riuscire... Il popolo ha voluto che il potere cambi disegno... Stiamo attenti, non si fa ciò che non si fa rapidamente», afferma al suo primo Consiglio dei ministri. Il Mitterrand di questi tre anni «procede a istinto». Questo uomo che all'inizio sembra fisso su schemi, in realtà è uno dei più grandi pragmatici della storia di Francia. Egli crede nella preminenza della volontà politica sulle realtà economiche. Ne dà la prova più evidente nel marzo del 1983 quando, al culmine della crisi economica, decide di abbandonare la politica di protezionismo sociale e di non «uscire dall'Europa». Ne guadagna un grado altissimo di impopolarità e la rabbia di una parte dei suoi; ma pone le condizioni della ristrutturazione industriale richiesta dai fatti, malgrado il suo prezzo. Mancano ancora quattro anni perchè si concluda il mandato di Francois Mitterrand. Com'è successo prima a Giscard d'Estaing, egli non sembra immune da tentazioni di infallibilità suscitate dalla forma di potere nella quale si è ricavato un abito a sua misura. Rimane un'incognita: quella dell'adattamento della Francia alle nuove dimensioni di una Comunità europea squilibrata dal peso della Germania. Tutti i presidenti della Quinta Repubblica hanno condiviso con De Gaulle «una certa idea della Francia». E' probabile che tocchi a Francois Mitterrand di adattare questa idea a realtà irreversibili, mostrando la caducità delle analisi fondate sul timore delle ripetizioni. o anni Jacques Nobécourt

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