l'Iraq: una proroga, poi il ritiro di Giuseppe Zaccaria

l'Iraq: una proroga, poi il ritiro l'Iraq: una proroga, poi il ritiro Messaggio di Baghdad per l'inviato di Parigi AMMAN DAL NOSTRO INVIATO Ai suoi comandanti annuncia «una guerra estesa a tutto il mondo», dal mondo vorrebbe un rinvio: le mosse di Saddam Hussein ormai si avvicinano sempre più alle convulsioni che accompagnano la fine delle dittature. E' stato un diplomatico arabo a svelare l'ultimo tentativo di evitare una scadenza sempre più incombente: sabato scorso il leader iracheno ha affidato un messaggio all'inviato di Mitterrand, una proposta ancora fumosa ma che si può sintetizzare così: siamo disposti a negoziare un ritiro graduale dal Kuwait se il Consiglio di sicurezza dell'Orni farà slittare l'ultimatum del 15 di gennaio. La risposta è quella che, da Londra, è giunta immediatamente attraverso James Baker: un secco «no». La storia di quest'ennesima manovra non si discosta da quella delle altre iniziative di Baghdad: muso duro e tattica del rinvio, fanfare di guerra e «avances» oblique, roventi annunci riservati al mercato arabo e confuse profferte lanciate all'Occidente. Finora si è riuscito a capire soltanto che sabato scor- so, in un colloquio durato più di quattro ore, Saddam ha affidato questa proposta à Michel Vauzelle, inviato personale di Frangois Mitterrand e presidente della commissiono esteri del Parlamento francese. Secondo alcune fonti a premere per questa pseudosoluzione, col dittatore iracheno c'era anche il leader dell'Olp, Yasser Arafat, ma più tardi l'Olp ha negato ogni coinvolgimento. E' comprensibile. Una proposta del genere, lanciata attraverso canali così insoliti (Vauzelle era incaricato di un'ennesima «missione non ufficiale») finora è valsa solo a provocare una messa a punto da parte del governo francese. «Le informazioni che Vauzelle ci ha portato sono preziose - ha dichiarato Roland Dumas, ministro degli Esteri - ma naturalmente non cambiano nulla delle nostre posizioni». Pochi giorni fa, un diplomatico iracheno appena espulso da Londra aveva dichiarato che lo scontro armato si sarebbe subito trasformato in campagna terroristica contro obiettivi occidentali. Ieri il dittatore ha dato l'imprimatur a queste minacce: «La guerra che sta per scoppiare - ha detto ieri Saddam ai comandanti militari -sarà combattuta non soltanto nell'Iraq ma in tutti i territori arabi». Anzi, «dovunque i fratelli della Nazione Araba si trovino», cioè in tutto il mondo. Lo scontro, profetizza, «trasformerà radicalmente la realtà araba, porterà alla liberazione della Palestina, di Gerusalemme, della Qaaba e della tomba del Profeta», cioè della Mecca e di Medina, in territorio saudita. «La vittoria è vicina, il povero e l'onesto sono dalla vostra parte, e le forze del Diavolo sono nel campo degli avversari». A Baghdad i preparativi di guerra sembrano infittirsi: ieri, per la seconda volta in meno di quarantott'ore, Saddam ha convocato il Comando supremo della rivoluzione, il direttorio iracheno. Subito prima, aveva avuto una lunga riunione coi comandanti generali delle forze armate. Da un generale iracheno che, di recente, ha deciso di passare nel campo del Diavolo, giungono segnali che sembra difficile sottovalutare. L'ex comandante dell'esercito di Saddam è fuggito qualche settimana fa, riuscendo a riparare in Arabia Saudita: adesso racconta la sua storia al Washington Times e avverte: «Attenti: l'Iraq potrebbe scatenare un attacco preventivo». Giuseppe Zaccaria sein di do Arabia: il comandante Usa Schwarzkopf e re Fahd visitano le truppe [foto api

Persone citate: James Baker, Michel Vauzelle, Mitterrand, Profeta, Roland Dumas, Saddam Hussein, Vauzelle, Yasser Arafat