Un sultano contro il Califfo

Un sultano contro il Califfo Un sultano contro il Califfo L'Oman in prima linea nel Golfo MUSCAT DAL NOSTRO INVIATO E' una rosa rosso-carminio, delicata e spinosa, l'ultima creazione dei floricoltori olandesi chiamata Qaboos, dal nome del sultano omanita che da poco ha celebrato i 20 anni dell'ascesa al trono di Muscat, ma è già diventata un simbolo di speranza nel marasma del Golfo. Mentre nello scacchiere infuriano i venti di guerra, qui sulle sponde dell'Oceano Indiano il sultanato arabo ha festeggiato nel segno della concordia il primo ventennale della sua giovane esistenza di Stato moderno, adesso minacciato direttamente dalla crisi che ha investito gli sceiccati confratelli. E quella rosa trapiantata ai tropici dai vivai europei, più che essere l'omaggio di circostanza, ha finito per incarnare la volontà della distensione tramite l'appello lanciato dal sovrano Bin Al Said Qaboos, in cui si riafferma «la necessità di una soluzione pacifica della vertenza basata sulle risoluzioni internazionali e sul ripristino dell'autorità legale nel Kuwait». Fermezza ribadita nella recente riunione a Doha del Consiglio del Golfo che ha fissato il prossimo vertice dei sei Stati della zona a Kuwait City «liberata» e sottolineata anche dal ministro per l'Informazione Abdul Aiziz bin Mohamed al Rowas: «Qualsiasi ipotesi di soluzione araba alla crisi deve essere preceduta dal ritiro iracheno dal Kuwait. Lo spettro della guerra deve essere evitato». In virtù della sua collocazione strategica e come produttore di petrolio (circa 700 mila barili al giorno), l'Oman, grande quasi quanto l'Italia, è ormai anch'esso in prima linea dal giorno dell'invasione irachena. Le sue navi pattugliano lo Stretto di Hormuz all'entrata nel Golfo in stretta connessione con le flotte alleate impegnate nell'embargo imposto dal Consiglio di Sicurezza, la Raf inglese vi ha trovato un prezioso punto di appoggio logistico, gli americani hanno una base sull'isola di Masirah, due presenze impegnative che non impediranno però alla diplomazia omanita di continuare a svolgere il delicato ruolo di mediazione già messo a prova durante il lungo scontro armato fra Iran ed Iraq e nel ripristino dei rapporti fra Teheran e Londra. Ed infatti, ha annunciato Qaboos, proseguiranno gli sforzi e le consultazioni incrociate con.i leader dell'area sia in seno al Consiglio del Golfo che riunisce Arabia Saudita, Emirati. Bahrein, Qa¬ tar ed il Kuwait occupato, sia con interlocutori esterni «affinché i popoli della regione possano di nuovo indirizzare le loro risorse allo sviluppo, in un clima fraterno di armonia e mutuo rispetto». Terra di antichi navigatori, da sempre punto di passaggio dei traffici marittimi fra Occidente ed Oriente - transitava per Muscat la storica «via della seta» da Venezia ai mercati cinesi ora rievocata nella missione dell'Unesco con la nave «Fulkassalama» -, all'Oman spetta il merito di aver stabilito una zona franca di stabilità nell'area calda del Golfo. Sul piano interno l'oculato sfruttamento delle risorse petrolifere, accompagnato dalla rapida diversificazione industriale, ha accelerato il passaggio da nazione 1 feudale, autocratica a Stato d'avanguardia nelle infrastrutture e nelle realizzazioni sociali senza subire gli scossoni del fondamentalismo islamico. Verrà istituito un consiglio consultivo popolare che assisterà il sovrano nelle decisioni. In campo internazionale, pur appoggiando la causa palestinese, Muscat ha accolto ufficialmente Yasser Arafat appena lo scor- so anno; nei rapporti panarabi domina la linea moderata, cardine di una deliberata politica di dialogo che sta dando risultati positivi, specie nella normalizzazione delle relazioni con il vicino Yemen oltre ad offrire generosi aiuti ai profughi kuwaitiani. Amici di tutti, servi di nessuno, un procedere a piccoli passi evidenziato pure dal tenore del protocollo che ha caratterizzato la Festa nazionale. Cinque anni addietro la ricorrenza fu presenziata da personaggi di rango, dall'allora vicepresidente Bush a Andreotti, e da un'imponente parata militare. Questa volta Qaboos aveva invitato soltanto le rappresentanze parlamentari di mezzo mondo (per l'Italia c'era Michele Achilli, presidente della Commissione Esteri del Senato) facendo sfilare allo stadio della capitale sotto un sole cocente duemila soldati seguiti da altrettanti miliziani Firqat, le fiere tribù del Dhofar che hanno marciato a torso nudo. Infine, altro segno di stabilità, il dono per tutti i dipendenti pubblici, tre mesi di stipendio a testa. Piero de Garzarolli