Ingrao e Magri isolano i separatisti di Fabio Martini

Ingrao e Magri isolano i separatisti Ingrao e Magri isolano i separatisti Garavini e Cossutta potrebbero puntare alla fusione con dp ROMA. Il vecchio Ingrao ha guardato negli occhi Garavini e gli ha detto subito di no, che lui non ci sta a lasciare il partito di una vita. Lucio Magri, il comunista chic delle mille barricate, ha storto la bocca. Luciana Castellina tace. Tra gli irriducibili del pei, la proposta della scissione amichevole lanciata da Sergio Garavini per ora è precipitata nel vuoto. Giovedì sera il gotha dell'opposizione comunista era riunito al quarto piano delle Botteghe Oscure, quando le telescriventi hanno lanciato la proposta di Garavini ai nemici di Occhietto: «Separiamoci e poi federiamoci col partito democratico della sinistra». Una sortita che era nell'aria, ma che è arrivata per tutti a bruciapelo, senza preavvisi. E così, uno dopo l'altro, i capi dell'opposizione si sono tirati indietro. Ha detto di no il drappello di punta, gli uomini che per un anno hanno sostenuto lo scontro quotidiano con Occhetto (Angius, Chiarente), hanno detto no gli uomini di apparato (il barese Santostasi e il romano Salvagni). E così, a 24 ore dalla sua sortita, Sergio Garavini si trova a fianco il manipolo di compagni senatori che già conosceva: il battistrada dello strappo Armando Cossutta, la napoletana Ersilia Salvato, il torinese Lucio Libertini, l'emiliano Rino Serri, più altri 14 parlamentari che prima di Natale hanno firmato un documento a favore della federazione, ma la cui disponibilità ad aderire ad un nuovo partito comunista è da verificare. Dietro a loro i compagni di base, gli autoconvocati, i delusi che non demordono, che domani mattina sì ritroveranno al teatro Eli seo per decidere il piano di battaglia. E cosi, proprio per marcare l'isolamento dei «separatisti», il segretario del pei ha dato ai I suoi la consegna del silenzio. Dal piano nobile delle Botteghe Oscure è uscito appena uno spiffero: «Se la scissione resta limitata a questo gruppetto, non conta nulla, se si allarga può diventare più preoccupante». E infatti la scommessa dei «separatisti» si gioca tutta nei 24 giorni che mancano al congresso di nascita del pds: cercheranno di agitare la grancassa, spostare i riflettori sull'idea della federazione, convincere gli incerti. «Il pei, in questi ultimi mesi e molto cambiato — dice Libertini — i militanti decidono con la propria testa e quello che dice un Ingrao o un Tortorella ha un peso limitato». In realtà i «separatisti» sanno bene che la loro sortita è destinata all'insuccesso se non si porteranno dietro, oltre a frammenti di base delusa, anche un pezzo di vertice. I riflettori sono puntati sul gruppetto dell'ex pdup: che faranno al momento decisivo Lucio Magri, Luciana Castellina, Luigi Pintor? Finora l'unico che ha detto la sua è stato Magri nel vertice del No: anche se non ha pronunciato un no squillante, ha fatto capire che l'idea di Garavini non lo entusiasma. Chi guarda con speranzoso interesse al possibile strappo in casa comunista è Giovanni Russo Spena, segretario di democrazia proletaria: «Mi sembra che si sia aperto un dibattito molto interessante, sarò all'assemblea di domenica». Anche se Cossutta e Garavini non lo dicono a chiare lettere, lo sbocco di una possibile scissione dell'ala sinistra del pei è proprio quello di una fusione con quel che resta di dp. In dote al nuovo pc, il partito di Russo Spena porterebbe 4 deputati e un plafond elettorale che oscilla tra l'I,3% delle Europee 89 e 1' 1,2 delle regionali. Fabio Martini

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