Fu Nenni a salvare la democrazia di Alberto Rapisarda
« « Fu Nenni a salvare la democrazia » IIpsi: rinviò le riforme osteggiate dalla destra Nel maggio '67 il generale dei carabinieri Giorgio Manes fu incaricato di elaborare una relazione sul Piano Solo. L'ufficiale condusse l'inchiesta interrogando «alcuni generali e colonnelli» coinvolti nel progetto del generale De Lorenzo. Il 25 giugno 1969, Manes fu convocato alla Camera: si presentò con una borsa di documenti, ma non fece in tempo a presentarli alla Commissione che lo aveva convocato: morì d'infarto al bar di Montecitorio. Ecco il testo del rapporto scritto nel '67: «Al signor Generale di C.A. s.p.c. Carlo Ciglieri, Comandante Generale dell'Arma Ai fini della ricerca di chi possa aver fornito le dichiarazioni contenute nel n. 21 del settimanale Espresso del 21 maggio 1967, ho avviato la inchiesta della quale sono stato incaricato. Per ragioni di riservatezza prospettate verbalmente, non ho ritenuto avvalermi di "qualificati ufficiali di grado elevato" preferendo interrogare personalmente- alcuni generali e co- ROMA. Vengono fuori le carte sul «piano Solo» e si incrinano i rapporti tra psi e de. Quei fantasmi rimossi durante 25 anni di alleanza, quel «rumor di sciabole» che Pietro Nenni udì distintamente nel 1964 come strumento di pressione politica sul psi, escono dall'oblio e diventano elementi non previsti di una situazione politica in movimento. Perché oggi gli eredi di Nenni si guardano indietro e, col senno del poi, sono tentati di dubitare anche del presento. E pare che il psi di Craxi, anche se in modo ancora circospetto, sia tentato di avviare una revisione profonda della fiducia che aveva nel suo principale alleato di quasi trenta anni di governo, la de. Lo fa attaccando contemporaneamente l'opposizione del pei al centrosinistra, ma l'abbozzo di analisi critica del rapporto con la de è ugualmente una novità importante, perché questa volta parlano le voci più vicine al segretario Craxi. Tocca all'Avariti! impostare la prima mossa socialista della partita con la de, con un articolo del direttore Villetti fitto di citazioni dei diari di Pietro Nenni che mirano a dimostrare come il Presidente della Repubblica, il democristiano Segni, fece di tutto per impedire la ricostituzione del governo di centro-sinistra nel 1964. VAvanti! non dice che Segni poteva essere d'accordo col generale De Lorenzo sino a favorire il colpo di Stato per impedire il ritorno dei socialisti al governo, ma lo fa capire. Scrive Villetti che Nenni «non credette mai a iniziative puramente e semplicemente interne agli apparati militari e dei servizi serrati, fiutò fin dall'inizio che esisteva una ben precisa relazione, forse strumentale, tra le pressioni politiche e il rumore di sciabole, non credette nell'ipotesi pura e semplice del golpe e capì che si trattava di resistenze reazionarie al centro-sinistra». «Rimango ancora convinto che preminenti furono nella crisi gli interessi politici» scrisse Nenni nei suoi diari; e, ricorda ancora il quotidiano socialista, Nenni era convinto che ci fu in quegli Anni 60 «un tentativo di scavalcamento a destra del Parlamento, sostenuto da ambienti della destra politica ed economica e caldeggiato dallo stesso Segni». Il psi, sotto quelle pressioni, fu costretto tra l'altro a rinunziare alla riforma urbanistica, e da allora non se ne parlò più. Lo ricorda lo storico socialista Giuseppe Tamburrano spiegando che «Nenni capì che la democrazia era in pericolo e cedette per salvarla». Va ricordato che il ministro de (Fiorentino Sullo) che aveva sinceramente creduto alla riforma urbanistica per bloccare sul nascere la poi straripante speculazione sui suoli, fu sconfessato e politicamente distrutto dal suo partito. Diventa sempre più chiaro che Craxi vuole rivalutare ora la controversa esperienza del centro-sinistra considerata come baluardo contro i rischi di involuzione autoritaria ed anche come formula di governo che fu ugualmente capace di approvare riforme importanti. Tornare a quel passato che pareva ormai lontanissimo comporta implicitamente una presa di distanza dalla de, partito col quale il psi degli Anni 60 ebbe scontri durissimi. E significa anche riaprire un conto aperto col pei. Con il pei di Togliatti che avversò Nenni e, dice Tamburrano, non capì quali erano i veri rischi corsi allora dal Pae¬ se, forse per mancanza di informazioni. Ieri, alla riunione della segreteria del psi, Craxi ha riaperto la vertenza col pei ricordando quell'atteggiamento negativo che lasciò il psi stretto tra due fronti: «Il centro-sinistra fu una importante pagina riformista contrastata dalle forze reazionarie e sbagliò il pei a non capirlo e a scagliarsi contro quella esperienza», ha detto. E' quello che ha ripetuto alla radio il portavoce della segreteria, Intini, aggiungendo di suo che c'era una «aggressione che veniva dall'estrema sinistra, dai comunisti, da chi organizzò soprattutto a Mosca la scissione del psiup». Quella scissione, però, secondo le voci che correvano in quegli anni, sarebbe stata agevolata soprattutto dalla de per vie traverse. Sino a domenica scorsa Craxi era rimasto ormai isolato nel suo partito a polemizzare col pei risalendo al 1921. E' un fatto nuovo che ora si sia spostato sul terreno più concreto sul quale gli stessi comunisti hanno cominciato a fare autocritica. Alberto Rapisarda
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