Mogadiscio rinforzi per la guerriglia di Maria Grazia Bruzzone

Battaglia intorno al bunker del dittatore: centinaia di morti, rischio di epidemie Battaglia intorno al bunker del dittatore: centinaia di morti, rischio di epidemie Mogadiscio, rinforzi per la guerriglia Ma l'aeroporto resta in mano alle truppe governative Profughi somali a Fiumicino «Nella capitale si cammina in mezzo a mucchi di cadaveri» dendo alla guerriglia di deporre le armi e di avviare negoziati. Sul versante militare, la guerriglia non è finora riuscita a espugnare il palazzo presidenziale e l'aeroporto internazionale, presso il quale si trova il bunker in cui è asserragliato Siad Barre; i guerriglieri, che controllano di fatto l'intero territorio nazionale, hanno concentrato le loro forze nei dintorni della capitale. L'altro ieri sera le tre principali formazioni antigovernative, l'Use, il movimento nazionale somalo e il movimento patriottico somalo hanno annunciato la formazione di un governo provvisorio per il ripristino della democrazia. Una quarantina di stranieri sono riusciti ieri a lasciare la Somalia partendo con un'imbarcazione da Brava, località costiera a circa 80 chilometri a Sud di Mogadiscio. Il gruppo comprende 17 canadesi e un numero imprecisato di inglesi, americani, australiani e di altre nazionalità. Lo si apprende dall'ambasciata canadese a Nairobi, che aggiunge che alcuni di essi provengono da Mogadiscio. Secondo le testimonianze che filtrano fuori dal Paese nonostante l'interruzione dei servizi telefonici e telex, la preoccupazione dei suoi abitanti è una sola: quella di fuggire da un vero e proprio inferno dove per la popolazione locale, a differenza della più protetta collettività straniera, la sopravvivenza è un Alcuni degli ultimi funzionari Onu che han «affare» ad alto rischio. In città ormai manca di tutto. Alcuni uomini d'affari giunti a Nairobi hanno riferito ieri che nelle cadenti botteghe del centro e nei suk non si I <"ova più niente da mangiare. L'acqua scarseggia e le notti, senza la corrente elettrica, sono rischiarate solo dai bagliori dei combattimenti. La situazione sanitaria è grave. Le strade della città sono disseminate di decine e decine di cadaveri che topi e cani hanno cominciato a divorare. Su Mogadiscio, secondo un commerciante fuggito a Nairobi, incombe la minaccia del colera e di altre epidemie. «Se non arriveranno rifornimenti - ha dichiarato il commerciante - la gente morirà di fame. Servono anche medicinali con la massima urgenza, negli scontri di questi giorni sono rimasti feriti centinaia di civili innocenti». I pochi alberghi di Mogadiscio sono stati trasformati in ospedali di fortuna. Alla Croce del Sud, un albergo gestito da italiani, nel centro della città, non no lasciato Mogadiscio, devastata dai c om lontano dal lungomare, avrebbero trovato sistemazione una settantina di feriti. Secondo le testimonianze arrivate dalla Somalia nelle ultime ore, la battaglia senza quartiere tra i guerriglieri e i pretoriani di Barre ha ora ridotto Mogadiscio ad una città fantasma, dove si vedono solo o uomini in armi o cadaveri. In attesa di essere evacuati, gli occidentali se ne restano rifugiati nei loro quartieri risparmiati, a quanto è stato riferito, dalla violenza di questi giorni. [Ansa] mbattimenti, per rifugiarsi a Nairobi ROMA. Arrivano i primi profughi da Mogadiscio dilaniata dalla guerra civile. Ieri sera poco dopo le nove è atterrato a Fiumicino, via Gibuti e Gedda, un aereo delle linee aeree somale con 98 passeggeri. Nessun italiano a bordo. Ma sulle facce di molti dei 68 citttadini somali sbarcati a Roma (gli altri proseguivano per Francoforte) c'erano le immagini drammatiche della battaglia che da sei giorni si combatte nella capitale della Somalia dove sono ancora intrappolati 350 italiani. Tra i fuggiaschi, la moglie del vice primo ministro e ministro delle Finanze A. Jama Barre e i suoi sette figli che oggi proseguiranno per Parigi. Un segno in più della difficoltà in cui si trova ormai il dittatore Siad Barre. «Ho visto morti dappertutto racconta una ragazza nera di 22 anni l" nome Istanbul - e tra tutti quei cadaveri si faceva quasi fatica a camminare». Concitata, Istanbul spiega che per arrivare all'aeroporto è dovuta partire da casa un giorno prima. E camminare a piedi, evitando le sparatorie. Ma un ragazzo che chiede di restare -aftoftime-pinla invece di una situazione più tranquilla. «Rispetto ai primi giorni la tensione sta dimiunuendo e credo che sia i governativi sia i ribelli siano sul punto di arrivare a una tregua». Intanto, il piano di sgombero preparato dalla Farnesina per riportare in patria gli italiani e gli altri occidentali intrappolati a Modagiscio si è blocccato. Dopo che nel pomeriggio il governo di Siad Barre aveva infatti concesso alle autorità italiane l'autorizzazione per far atterrare nella capitale somala gli aerei dell'Aeronautica militare; e dopo che da Ginevra la Croce Rossa internazionale si è detta disposta ad assicurare la sua coperatura all'azione italiana, la trattativa con i ribelli del Congresso dell'Unità Somala (Use) che combattono a Mogadiscio, non ha ancora portato a un accordo. I ribelli vogliono che sia la Croce Rossa e non i militari italiani a portare in salvo gli stranieri. Ieri da Pisa sono partiti per Nairobi altri due velivoli militari, due G222 con a bordo un contingente di venti paracadutisti, che si sono aggiunti ai due Hercules decollati mercoledì. E la fregata Orsa, assieme alla nave logistica Stromboli, ha invertito la marcia e dalle acque del Golfo si è mossa per raggiungere la baia di Mogadiscio. Nella notte i ribelli si sono detti pronti ad accettare quella tregua indispensabile per permettere al¬ la gente di raggiungere il porto o l'aeroporto. «Ma per il momento gli aerei restano in Kenia e tutto resta fermo», spiega il ministro Umberto Plaia, capo dell'unità di crisi della Farnesina, prontamente riattivata. A portar via gli occidentali potrebbero persino essere aerei e navi qualsiasi. Come la bananiera della «Tomai Fruit», citata come ipotesi nell'ultimo comunicato emesso in tarda sera dal ministero degli Esteri. O come l'aereo somalo appena atterrato. Uno degli ostacoli, nella trattativa avviata con l'Use, è infatti costituito dai mezzi inviati da Roma. «L'Italia ha deciso di mandare navi e aerei militari a Mogadiscio senza neppure consultarci. Perché lo ha fatto? - chiede il segretario degli affari esteri dell'Use, Abdukhadir Mohamed Abdullah, dall'ufficio di Roma, sede centrale del movimento che ha sferrato l'attacco a Siad Barre. «A sei giorni dall'inizio della battaglia che infuria proprio nei quartieri dove risiedono gli occidentali, tutti sono incolumi. E non per caso. Gli stranieri sono sotto la nostra tutela. "Ma se i nusU'i combattenti ve" dessero arrivare aerei o navi militari potrebbero esserci degli incidenti. Noi non potremmo garantire più niente». Se invece i mezzi italiani fossero sotto le bandiere della Croce "Rossa, garantireste l'evacuazione degli stranieri? Gli stranieri ci stanno a cuore. Soprattutto gli italiani. E non vogliamo che diventino ostaggi. Con l'acqua alla gola Barre potrebbe tentare anche questa carta. Noi non siamo contrari a un'evacuazione immediata degli stranieri. E abbiamo proposto alla Croce Rossa di intervenire. Ma proprio per questo chiediamo che vengano prese delle precauzioni, perché non vi siano spiacevoli incontri a Mogadiscio. Ma a quelle condizioni siete disposti a concedere il cessate il fuoco necessario? Il cessate il fuoco si farà solo per salvare la vita di quei cittadini inermi. Solo per motivi umanitari e non, come ha detto là Farnesina, per dialogare con Siad Barre che è ormai sul punto di crollare. Questo deve essere chiaro. Non è un caso che Barre, all'inizio contrario al piano italiano, abbia deciso di concedere la tregua di fuoco dopo che in città erano arrivati nuovi rinforzi ai nostri combattenti e si è accorto che per lui non c'era più niente da fare. Maria Grazia Bruzzone