«Venti regioni autonome da Roma»

La Lega accantona le tre Repubbliche (Nord, Centro e Sud) e chiede più indipendenza La Lega accantona le tre Repubbliche (Nord, Centro e Sud) e chiede più indipendenza «Venti regioni autonome da Roma» Bossi: no ai commissari-viceré imposti dal centro E il leghista fa l'aerobica Tra società sportive e giornali un movimento a macchia d'olio duttività parlamentare fa riscontro un basso indice di presenze in aula eghisti, ha preparato forma della Costituzione dovrebbe - secondo Bossi - «avvicinarci agli Stati veramente confederali, a cominciare dalla vicina Svizzera dove le leggi comunali sono fatte dai Cantoni e non dalla Confederazione». Bossi pensa alla Nazione (italiana, come l'intendiamo noi) quando propone la riforma costituzionale, ma continua a pensare anche alla Nazione (lombarda, come l'intende lui) quando chiede la benzina a 632 lire come nella Regione autonoma Val d'Aosta e il servizio militare di leva in Regione come in Alto Adige. Riforma costituzionale in senso federalista, elezioni anticipate, quarto partito d'Italia, primo in Lombardia: il 1991 comincia con il libro dei sogni del't Lega. Francesco Cevasco MILANO. Karaté, aerobica, body building: mille centri sportivi, tremila istruttori di ginnastiche varie, una rivista (Living informa) e, soprattutto, un «neoideale» da vivere insieme anche in palestra e traducibile in poche, ma sentite parole: Lega lombarda, Lega Nord, autonomia, federalismo, via da Roma, Roma ladrona. E' l'ultima trovata del Bellettini dottor Gianni inventore dell'Aclis (Associazione culturale leghe italiane sportive). Ed è ranche un altro dei sempre più frequenti piccoli esempi per capire la sempre più massiccia presa di possesso della società civile, del paese reale da parte dei lumbard del senatore Umberto Bossi, quarantanovenne fondatore e leader del partito - pardon, Movimento - che promette, alle prossime elezioni e come dicono i sondaggi, di terremotare il Parlamento (da due a 80 deputati e senatori) e, quantomeno, la Regione Lombardia (conquistando più del 30 per cento dei voti). Ma Bossi guarda ancora più in là. Non scalda soltanto i muscoli ai suoi atleti, si sta allevando anche i cuccioli: al mitico liceo classico milanese Berchet il giovanotto Matteo Montanari sta radunando coetanei al motto: «Le magagne del centralismo si ripercuotono sulla scuola: mancano sempre i soldi per rendere dignitosi i nostri istituti. Basta col degrado!». A Gallarate (Varese) il ventenne Gianluca Franguelli ha organizzato un «settore giovanile under 25». In tre settimane più di cento iscritti e buon successo di due iniziative. Lo «sportello aperto»: la sezione della Lega a disposizione dei giovani (anche non leghisti) per le loro chiacchiere; e il «microfono aperto»: una sala concessa ai ragazzi per far sentire la voce di richieste e proposte indirizzate «alle autorità». Piccole cose, ma che lasciano il segno: come la zampata dell'avvocato Francesco Mongiu, quarantesettenne penalista di Monza, «meridionale per carattere», papà di Orgosolo, ex consigliere comunale per il psdi ad Arcore (dove vota Berlusconi), passato alla Lega «che non ha senso accusare di razzismo», come dice lui. Persino da un cavaliere dell'Ordine di Malta, professione costruttore, è arrivata una promessa di voto. Simpatia per la Lega tradisce pure Giovanna Moro, figlia di uno dei maggiori industriali cremonesi e fidanzata del calciatore della Sampdoria Gianluca Vialli. Stesso messaggio dalla famiglia che dà il nome alla premiata ditta Modiano, quella delle carte da gioco. Uno dei fondatori del mercianti, intellettuali e imprenditori? Propaganda, finora, ne hanno fatta poca: per le ultime amministrative hanno speso 50 milioni in tutto e soltanto in Lombardia. Ma adesso si stanno organizzando per il «salto di qualità»: a gennaio '91 sarà pronto il network di radio che coprirà tutto il Nord (un'emittente ce l'hanno già, a Varese); sono in trattativa per comprare due-tre televisioni in modo da avere una video-ragnatela sull'intera Lombardia; e il prossimo potrebbe anche essere l'anno buono per il lancio di un quotidiano «fiancheggiatore». Per ora possono contare soltanto sul bollettino «Lombardia autonomista», settimanale in vendita a lire cento. Più sul volontariato degli iscritti. Ma la maggior parte dei neoleghisti, quelli che non hanno ancora provato la trasgressione del voto di «protesta al centro» e però giurano che lo faranno alla prima occasione, «non ce li siamo andati a cercare, sono venuti loro da noi», come dice Antonio Magri, segretario del Sindacato autonomo lombardo. A fare opinione ci pensano e ci hanno pensato anche quelli che leghisti non sono, ma di cui la gente si fida. Indro Montanelli: «Riconosco che le Leghe hanno fortuna perché esprimono una protesta sacrosanta». Alberto Ronchey: «Non c'è da stupirsi se nei sondaggi d'opinione le aborrite leghe nemiche della partitocrazia volano in alto». Giorgio Bocca: «Non sottovalutate il segnale che viene dal Nord». Dario Fo: «La gente si è stufata di questo malgoverno. Su questo malcontento i lumbard sono arrivati come una bomba: hanno fatto esplodere la voce dell'uomo della strada». [f. cev.] Anche la Milano che fa politica è scossa da qualche brivido. Il consigliere comunale del pli Luca Hasdà dichiara il suo innamoramento: «Decentramento, rigore morale, federalismo: sono i valori in cui credo e che la Lega ha fatto suoi. Razzisti loro? Lasciatelo dire a me che sono ebreo: è solo orgoglio lombardo». Un ex assessore socialista deluso per essere stato tagliato fuori dalle nomine ai vertici delle aziende municipalizzate si lascia scappare: «Almeno quelli della Lega le promesse le mantengono». Al direttivo regionale de si sente dire: «Con l'aria che tira qui e a Roma finirà che non saremo più in grado di garantire un seggio sicuro a nessuno». I socialisti curiosi e preoccupati: «E' vero che chiederanno a Gianni Brera di entrare nelle loro liste?». Ancora i democristiani: «Che facce nuove tiriamo fuori in funzione anti-Lega? Non possiamo permetterci cu fare in tutta la Lombardia la figuraccia dell'anno scorso a Brescia dove Prandini disse che li avrebbe stroncati e quelli sono diventati il secondo partito». In piazza Massari 1, a Milano, quartier generale della Lega, commentano: «Hanno paura di noi, ma almeno adesso non ci insultano più» e citano il pensierino di fine d'anno dell'onorevole Carlo Sangalli, lombardissimo democristiano di Como, eletto sei volte nella circoscrizione Milano-Pavia: «Vorrei che il nuovo anno ci portasse un Bossi che parla con l'accento di De Mita». Bossi sorride e replica: «Se si vota...». Ma come han fatto i lumbard a moltiplicarsi così smodatamente? Come han fatto a sedurre allo stesso modo taxisti e agenti di Borsa, operai e com¬ Giornale di Montanelli, Marcello Stagliene ex pri, si dichiara «totalmente per la Lega lombarda». Nello stesso quotidiano lavora Daniele Vimercati, autore della prima «biografia» autorizzata della grande famiglia lumbard: «I lombardi alla prima crociata». Ma è sempre il campo della vita di tutti i giorni che i fedelissimi di Bossi stanno arando alla ricerca di consensi. Nella ricca Padania continuano a tirar su pochi nomi eccellenti e tanti piccoli imprenditori che hanno e fanno i soldi, ma «non ne possono più». A volte le adesioni arrivano senza nemmeno cercarle. Altri piccoli esempi. Riunione a Como, quattro settimane fa. Invitati i padroncini della zona. Arrivi previsti 80-90. Effettivi presenti 300. Ancora: un volontario con fabbrichetta a Milano, Andrea Tajarol, manda, tre settimane fa, 120 fax ad altrettanti colleghi piccoli imprenditori a lui sconosciuti per invitarli a parlare delle prospettive che offre loro la Lega. Si aspetta 30 adesioni, si ritrova davanti a 98 Bossi-entusiasti. Un grappo di artisti, pittori, scultori, grafici si costituisce in sindacato e sposa ufficialmente le tesi autonomiste: Antonio De Bono, critico d'arte, Marco Gusmaroli, gallerista, Luigi Regianini, docente, sono i capicordata.