Danza, sette miliardi al vento di Sergio Trombetta

Danza, sette miliardi al vento Anche nel '92 finanziamenti ministeriali a pioggia per una pletora di gruppi Danza, sette miliardi al vento E la metà viene assegnata a compagnie romane TORINO. Venticinque milioni per fare tredici spettacoli di danza. E farli in fretta: in trenta giorni. A Susanna Egri la comunicazione del ministero dello Spettacolo è arrivata il primo dicembre. Con linguaggio burocratico la coreografa e insegnante torinese veniva informata che la sua compagnia aveva ottenuto dal Fondo Unico dello Spettacolo, il famigerato Fus, la assegnazione annuale di 25 milioni per allestire 13 spettacoli obbligatoriamente entro il 31 dicembre. «Miserevole e umiliante», è stata la reazione della Egri: «Il ministero mi lascia all'oscuro per undici mesi sul finanziamento che assegnerà e poi al dodicesimo mese m'impone di realizzare tredici spettacoli dandomi una miseria che arriverà, tra l'altro, con due anni di ritardo». Susanna Egri ha preso carta e penna e ha scritto al ministro Margherita Boniver per informarla che ri- nunciava al finanziamento. L'avventura della Egri è un caso limite? Una mostruosità ministeriale? Al contrario, è normale amministrazione. Come la Egri molte altre compagnie ottengono i finanziamenti soltanto a fine anno. E non è un caso se a dicembre molti teatri italiani, succede anche a Torino, vedono passare raffiche di compagnie impegnate in spet¬ tacoli che nessuno va a vedere. Qui infatti la presenza del pubblico non è importante. L'importante sono i borderò: dimostrare al ministero di avere fatto gli spettacoli richiesti per ottenere il finanziamento. E' chiaro che tutto questo con lo sviluppo della danza non c'entra. C'entra invece con un malcostume inveterato che è proseguito anche quest'anno nonostante le tanto sbandierate intenzioni di risparmi e razionalizzazioni della spesa pubblica. Secondo i dati, che saranno pubblicati sul numero di gennaio del Giornale della Musica, il Fus ha assegnato nel '92 sei miliardi e 977 milioni a 67 compagnie italiane. Un finanziamento a pioggia per una pletora di compagnie grandi e piccole: si va dai 5 milioni del Centro per la Danza e il Teatro Gestuale di Rovigo ai 630 del Centro Regionale della Danza di Reggio Emilia (cioè Aterbal- letto) e la Fondazione del Teatro Nuovo per la Danza di Torino. Trenta gruppi, quasi il 50 per cento, sono romani e totalizzano una simile percentuale di finanziamento: tre miliardi e 43 milioni. Non è il caso di essere degli specialisti per sapere che invece le due compagnie italiane più prestigiose, l'Aterballetto (630 milioni) e il Balletto di Toscana (450 milioni) non sono romane. E poi quanti degli spettacoli che queste compagnie spesso fantasma mettono su in fretta e furia per un aiuto ministeriale avvengono veramente? Quale controllo viene effettuato da parte del ministero sulla quantità e soprattutto sulla qualità del lavoro? L'unico criterio di cui il ministero sembra tenere conto è l'anzianità aziendale, cioè gli anni passati di finanziamento. Sarà questo il motivo per cui 400 milioni sono andati al Nuovo Balletto di Roma di Biagi e Bartolomei, oppure 185 milioni ai Danzatori Scalzi, 130 alla compagnia di Balletto di Mimma Testa, e soltanto 40 milioni alla compagnia Occhesc di Enzo Cosimi, 35 milioni alla compagnia Baltica di Fabrizio Monteverde, 80 milioni all'Eclisse di Virgilio Sieni, cioè tre nomi della giovane coreografia italiana che meriterebbero di essere aiutati e incentivati? Sergio Trombetta Un momento di uno spettacolo del Balletto di Toscana, la compagnia di danza italiana più prestigiosa insieme con l'Aterballetto

Luoghi citati: Reggio Emilia, Roma, Rovigo, Torino, Toscana