«Impiccatemi», il giudice lo esaudisce

«Impiccatemi», il giudice lo esaudisce «Per anni la legge è stata troppo tollerante nei miei confronti, per questo ora voglio andare sulla forca» «Impiccatemi», il giudice lo esaudisce In Usa, aveva violentato e ucciso tre bambini NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Loro ce l'hanno messa proprio tutta nel cercare di aiutarlo, capirlo, perdonarlo. Il concetto che non esistono colpevoli ma solo vittime, che ogni uomo è fondamentalmente «buono», se riesce a liberarsi dei fardelli che la vita gli costruisce addosso e che lo incarogniscono suo malgrado, lo hanno sviscerato fino in fondo. Ma lui li ha sempre irrisi, scherniti, provocati, maltrattati, e alla fine li ha indotti a compiere la più clamorosa marcia indietro culturale e politica della recente storia americana. Fra una settimana verrà eseguita la condanna a morte di Westley Alien Dodd, un trentunenne che tre anni fa ha violentato, torturato e ucciso tre bambini. Avverrà per impiccagione, la prima che viene eseguita negli Stati Uniti da almeno trent'anni, e avverrà nello Stato di Washington, uno dei più tolleranti, più sotto tono e meno violenti di tutta l'Unione, che adesso, proprio in seguito a questa vicenda, dispone della legge più forcaiola, più restrittiva e meno «rieducativa» di tutti gli Stati Uniti. Il momento culminante di questa vicenda si verifica un pomeriggio di tre anni fa, 13 novembre 1989, in un cinema di Vancouver, la città sul fiume Columbia. Westley Alien Dodd è seduto in platea ma più che dal film, un cartone animato, è attratto da un bambino di sei anni che ha adocchiato. Al momento di uscire, mentre il bambino sta aspettando la madre che lo ha lasciato un momento per recarsi alla toilette, Westley lo afferra per un braccio e cerca di trascinarlo fuori. Il bambino urla, si mette a piangere, la gente pensa a un capriccio nei confronti del padre e non interviene. Ma in quel momento la madre torna, vede la scena, comincia a sua volta a urlare e Westley è arrestato. Ai poliziotti che lo interrogano poco dopo al commissariato, racconta senza esitazione che sì, voleva rapire il bambino perché lui è un «sexual criminal». Con il suo arresto, dice, è stato risolto il mistero di tre orrendi delitti che due mesi prima hanno sconvolto la città. E' stato lui a uccidere a coltellate i fratelli William e Cole Neer, di dieci e undici anni, ed è stato lui a rapire Lee Iseli di 4 anni, ha tenerlo per due giorni prigionero nel suo appartamento, violentandolo ripetutamente e sottoponendolo a inenarrabili torture, per poi impiccarlo e gettare il suo corpo nel fiume. Tanto è incredibile, la sua confessione, che sulle prime i poliziotti pensano a un mitomane. Ma lui mostra le prove, assolutamente convincenti, e si dichiara colpevole. E alla domanda classica, perché lo hai fatto, risponde che le grida di William e Cole lo avevano eccitato e che le sofferenze del piccolo Lee gli avevano procurato un grande piacere sessuale. Se il delitto aveva scosso, la confessione di Westely, quieta e distaccata, provoca sgomento. Qualcuno parla di «mostro», ma con cautela. La tradizione dello Stato di Washington non consente giudizi sommari. Poi però esce fuori quello che è accaduto prima, tutti i «rapporti» che il giovane ha avuto con la giustizia prima di arrivare in quel cinema, e la rabbia esplode. Nei confronti di Westely, infatti, sembra che l'intero apparato giudiziario della Stato di Washington e l'intera organizzazione per il recupero dei «sexual criminal» si siano mobilitati al meglio, per 17 anni, dando fondo a tutto il patrimonio di comprensività di cui disponevano e sfruttando al massimo le leggi estremamente «umane» che regolavano questa materia. La prima volta che Westley aveva segnalato la propria esistenza alla polizia era stato a 13 anni, quando alcuni vicini di casa avevano protestato perché lui si era «mostrato» dalla finestra ai loro bambini. Se l'era cavata con una lavata di capo. La seconda volta era seguita dopo breve tempo: finito davanti al giudice dei minori per avere molestato due bambini, era stato rimproverato e affidato a un «counselor». Negli anni successivi, durante il liceo, era stato più volte arrestato, sempre per la stessa ragione, ma nessun giudice lo aveva mai condannato a pene troppo lunghe: di solito un paio di mesi, con l'obbligo di sottoporsi a trattamento psicanalitico. Nel 1981 si era arruolato in Marina. Poco dopo era stato pescato mentre adescava bambini, ma piuttosto che processarlo i suoi superiori avevano preferito farlo dimettere, senza clamore. Una condanna consistente, dieci anni di prigione, l'aveva ricevuta nel 1984. Ma poi gli era stata commutata in quattro mesi, sempre accompagnata dall'obbligo di sottoporsi a trattamento psicanalitico. In quel caso il giudice disse anche che Westley, nonostante tutto, gli aveva fatto «una buona impressione». Poi il trattamento psicanalitico, alternativo alla prigione, lo aveva interrotto, ma in prigione non c'era comunque tornato. Alla base di tutto, dicevano quelli che si erano occupati di lui, c'era il fat¬ to che era cresciuto «in una famiglia senza amore», che i genitori avevano divorziato quando lui era adolescente e che a scuola i compagni lo consideravano un «secchione» e lo prendevano in giro, scatenando il suo odio che si sarebbe manifestato anni dopo. Ma una volta che ha trovato il coraggio di confessare tutto, dopo l'arresto in quel cinema, è lo stesso Westley a sghignazzare su quelle elucubrazioni. Di amore, nella sua famiglia, non ce n'era molto, ammette, ma comunque è sempre stato trattato bene; del divorzio dei genitori non ricorda di avere risentito più di tanto e a scuola - per quello che risulta alla sua memoria soltanto un paio di volte gli è ca- pitato di essere preso in giro. Insomma la sua è stata un'esistenza normale. Le molestie ai bambini e i delitti commessi sono dovuti semplicemente al fatto che «gli andava» e quelle degli psicologi e dei difensori delle libertà civili sono tutte chiacchiere senza senso. Lui, nei processi subiti, si comportava come loro volevano, cioè si mostrava pentito e voglioso di cure, per «poter tornare libero e fare di nuovo quelle cose». Al processo per l'assassinio dei tre bambini a un certo punto ha detto: «L'unica cosa da fare è giustiziarmi, prima che abbia la possibilità di scappare e di ammazzare qualcun altro». E' stato accontentato e la condanna a morte verrà eseguita il 5 gennaio nel penitenziario di Walla Walla. Ma nel frattempo, proprio per la rabbia suscitata da tutto il prodigarsi in favore di quest'uomo, l'intera comunità si è sollevata contro le «chiacchiere senza senso» che per anni hanno guidato poliziotti, giudici e terapisti, e l'anno scorso lo Stato di Washington si è dato una legge (votata all'unanimità dal Parlamento locale) che consente cose come la detenzione a tempo indeterminato (cioè anche dopo la fine della pena) dei colpevoli di reati a sfondo sessuale, in modo da impedire i delitti che «potrebbero» commettere. Una specie di «condanna preventiva» per dei reati non (ancora?) commessi, che fa a cazzotti con tutta una tradizione e anche con i principi costituzionali. Un prezzo alto che la gente di Washington si trova a pagare, per un'applicazione forse troppo schematica di leggi buone. Franco Patitarelli «Se mi libererete ancora commetterò nuovi delitti In passato mi pentivo solo per ottenere la libertà e poter colpire altri ragazzi» Westley Alien Dodd l'uomo che ha confessato una serie di violenze sessuali su bambini L'allestimento di una forca: da trent'anni non accadeva più negli Stati Uniti

Persone citate: Alien, Cole Neer, Dodd, Walla Walla