Chisimaio, una strage dei clan
Chisimaio, una strage dei clan Chisimaio, una strage dei clan Prima dello sbarco Usa 200 esecuzioni MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO La pax americana accelera i tempi della normalizzazione somala in attesa dell'arrivo del presidente George Bush però al di là dei buoni propositi le notizie sul terrena restano quelle di sempre. Recitano monotone il crudo linguaggio dei bollettini di guerra con sparatorie, morti e feriti tra la popolazione locale ed elencano in arido linguaggio burocratico il tran-tran dei resoconti di rastrellamenti e confische di armi da parte delle forze della coalizione internazionale. E proprio ieri si è avuta la conferma ufficiale di uno spaventoso massacro avvenuto a Chisimaio, nel Sud del Paese. Oltre 200 le vittime immolate nel segno delle faide di clan che continuano a seminare lutti sull'intero territorio, incluse le otto regioni già raggiunte dai contingenti di sicurezza stranieri dove si sta procedendo alacremente alla distribuzione dei soccorsi raccolti dalle organizzazioni umanitarie. Stando al resoconto fornito a fonti diplomatiche occidentali da alcuni testimoni oculari la strage sarebbe avvenuta l'8 dicembre, quasi in contemporanea allo sbarco statunitense a Mogadiscio e 12 giorni prima dell'entrata dei marines nel capoluogo del basso Scebeli, nel cuore della zona bantu al confine con il Kenya. E' stato il classico regolamento di conti tra due fazioni rivali dello Spm, il movimento patriottico somalo, guidate dal generale Gabiyo della tribù Ogaden, tradizionalmente vicina all'ex dittatore Siad Barre, e da Omar Jess, capo degli harti e fedelissimo di Farah Aidid, uno dei due padroni della Somalia di oggi. Una mattanza voluta a sangue freddo da Gabiyo: ha ordinato ai suoi seguaci di arrestare gli esponenti più in vista degli harti - intellettuali, commercianti, insegnanti -, li ha fatti convogliare verso una radura e fucilati a dieci per volta calando i corpi in una fossa comune. L'episodio getta una luce sinistra sulla tenuta dell'ennesimo accordo di amicizia, il terzo per la precisione, siglato domenica tra Aidid ed il presidente ad interim Ali Mahdi. I due erano abbracciati in pubblico nel bagno di folla che circonda l'è- dificio dell'assemblea nazionale, insieme hanno osannato alla «caduta del muro di Berlino nel Corno d'Africa», in coro si sono impegnati a smantellare la «linea verde» che spacca a metà la capitale oltre a disarmare i propri seguaci. Stamane sono andato a curiosare lungo la linea di demarcazione, tra Moga-Sud e MogaNord, nelle viuzze del quartiere Guled. Tutto come prima, posti di blocco, bazooka e mitragliere che ondeggiano pericolosamente sulle macchine scoperte dei guerriglieri. Insomma il classico gioco dello scarica barile, non mi muovo se prima non ti muovi tu, ed intanto nessuno dei due principali contendenti abbandona il campo nel timore di perdere faccia e prestigio. Ieri altri due giovani somali sono stati colpiti dal fuoco di autoprotezione degli americani i quali, a bordo dei loro mezzi cingolati, scorrazzano per la città entrando nelle case, alla ricerca di nascondigli di armi e perquisendo i passanti; una prova di forza collettiva che si spera impressioni la popolazione. Piero de Garzarolli
Persone citate: Aidid, Ali Mahdi, Farah Aidid, George Bush, Omar Jess, Piero De Garzarolli, Siad Barre
Luoghi citati: Africa, Berlino, Kenya, Mogadiscio, Ogaden, Somalia
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