Springolo, l'ansia del vero
Springolo, l'ansia del vero Il pittore che ispirò un romanzo a Comisso L'opera completa in volume e 90 dipinti in mostra a Treviso Springolo, l'ansia del vero Sottile indagatore di donne e paesaggi mfj TREVISO la EL 1936 Giovanni Cok misso pubblicava presso ■ Mondadori un romanzo A_U di memorie, I due compagni. In realtà il riferimento, come evocazione di rapporti amicali e di psicologie, era a tre artisti: se il personaggio Giulio Drigo alludeva al pittore Nino Springolo, cugino dello scrittore, «tremendamente solo con la sua ansia di ritrarre il vero», il suo doppio e antagonista Marco Sberga, rivoluzionario ed eversore, nasceva da una fusione fra la personalità prevalente del pittore Gino Rossi, che anche nel romanzo finisce segregato in un istituto psichiatrico, e quella dello scultore Arturo Martini. Quella «Venere moderna» Nel gran fervore di arte contemporanea veneta dei primi tre decenni del '900, le battaglie dei giovani di Ca' Pesaro trovarono appoggio e linfa in due centri di terraferma, la Verona di Casorati e dei Trentini, e soprattutto la Treviso dei due Martini (Alberto il grafico simbolista e surrealista e Arturo), di Gino Rossi, di Bepi Fabiano e appunto di Nino Springolo. Dopo le antologiche a Venezia, galleria Bevilacqua La Masa, nel 1959 a cura di Perocco e Zampetti, e a Treviso, Casa da Noal, nel 1975, data della morte a 89 anni, a cura di Luigina Bortolatto, la banca trevigiana Cassamarca nella sua bella sede espositiva di Casa dei Carraresi dedica a Springolo (fino al 17 gennaio) un'ampia mostra di 90 dipinti, disegni, pastelli, sempre a cura della Bortolatto. La stessa studiosa ha curato nell'occasione un volume (Matteo Editore), con il catalogo fotografico dell'opera completa pittorica e grafica, dai primi paesaggi trevigiani del 1905 alle due grandi tele del 1974, Le sirene e Aratura, tipiche della singolarissima, affascinante ultima fase apparentemente «ingenua» che è soprattutto illustrata in mostra dalla Venere moderna del 1971. Non è un caso che il sottile e vibratile Comisso privilegiasse fra i pittori, sui due versanti dell'«improvvisazione» e della «regola», De Pisis e Springolo, cioè due altrettanto sottili, solitari indagatori della vitalità del reale e dei confini o colloqui, sottili e ineffabili, fra forma, luce, colore, in punta di pennello sul gran solco degli impressionisti; in modi dissimili ma confluenti in una idea della realtà quotidiana come oggetto poetico (poesia visiva distillata come parallelo della versificazione) entro i canoni accettati dei generi tradizionali, la figura, il paesaggio, la natura morta. Per questo, in mostra, è del tutto accettabile il criterio di riproporre per tre volte il riepilogo del percorso sessantennale di Springolo secondo appunto i Xxe«generi». Il valore unificante lungo il percorso (le figure al piano terreno, con la serie stupenda dei ritratti femminili lungo gli Anni 20 e 30, i due Ragazzi del 1931, le tarde composizioni irrealistiche; le più accentuate variazioni di linguaggio nei paesaggi e nelle nature morte al primo piano) è dato dalle non appariscenti ma sottilissime alchimie nel tessuto pittorico, in cui l'olio sembra assumere la calda morbidezza della cera, lasciando trasparire il tracciato, dei segni a matita. Tra Boccioni e Bonnard E' una tecnica singolare, e che singolarmente mi evoca, anche nella tenuta poetica della figurazione l'ultima fase di Menzio. Questa dolce naturalità, definitivamente emergente al ritorno dalla prima guerra mondiale, segue la fase della breve sperimentazione fra 1912 e 1915, in cui la singolare estremizzazione della tacca divisionista di Signac si accompagna, con echi che vanno dal Boccioni prefuturista fin si direbbe a Bonnard, agli addensamenti dei toni divisi nella Bambina presso la finestra e in una mirabile serie di Nature morte. Marco Rosei Fu un protagonista delfervore artistico nel Veneto del primo '900 Sopra, Nino Springolo nel 1963. A sinistra «Il piccolo Luciano» dipinto nel '31. Qui accanto Giovanni Comisso
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