Il giudice: non mi fermo davanti a Bush

Il giudice: non mi fermo davanti a Bush WASHINGTON La magistratura è convinta che la Casa Bianca stia cercando di insabbiare lo scandalo Il giudice: non mi fermo davanti a Bush Sarà interrogato, il perdono non chiude l'Irangate WASHINGTON. Quando il 20 gennaio lascerà la Casa Bianca, George Bush dovrà probabilmente cercarsi un avvocato penale: il procuratore speciale Lawrence Walsh vorrebbe infatti interrogarlo sull'«Irangate», sospettando che il Presidente uscente abbia partecipato alle manovre d'insabbiamento con cui l'amministrazione Reagan tentò di difendersi dallo scandalo delle armi vendute sottobanco all'Iran e dei finanziamenti illegali ai guerriglieri «contras» del Nicaragua. Bush si è messo in aperta rotta di collisione con Walsh alla vigilia di Natale concedendo all'ex ministro della Difesa, Caspar Weinberger, all'ex consigliere per la Sicurezza nazionale, Robert McFarlane, all'ex sottosegretario di Stato, Elliott Abrams, a un ex agente della Cia, Alan Fliers, ed a Duane Clarridge (ex capo della Cia in Europa) un «pieno e incondizionato perdono» per il loro ruolo nell'«Irangate»: avrebbero agito da patrioti, nori sarebbe giusto criminalizzare scelte politiche. Il procuratore speciale non ha accettato queste argomentazioni e ha avanzato il sospetto che Bush abbia deciso il controverso provvedimento di grazia anche o soprattutto per proteggere se stesso: dall'imminente processo contro Weinberger sarebbe forse emerso che nel 1986 - quando era vicepresidente - l'attuale ca¬ po della Casa Bianca non ha affatto detto tutto quanto sapeva sulla torbida trama. Walsh ha accusato Bush di «misconduct» (condotta sconveniente), ma deciderà se si tratta di un comportamento penalmente perseguibile soltanto dopo aver esaminato con attenzione una serie di appunti scritti dal Presidente nel 1986 e acquisiti agli atti dell'inchiesta con enorme ritardo, appena sedici giorni fa. Intervenendo a difesa di Bush, il capogruppo repubblicano al Senato, Bob Dole, ha intanto chiesto a gran voce le dimissioni di Walsh: a suo avviso il procuratore speciale è «un incompe- tente» che agisce in modo «meschino e vendicativo» per nascondere il fallimento totale della sua inchiesta sull'«Irangate». Sul piede di guerra invece una parte dei democratici: per il capogruppo alla Camera, Richard Gephardt, il Presidente ha «dato il suo avallo alla violazione delle leggi». Per il capogruppo al Senato, George Mitchell, Bush ha mostrato che «mentire al Congresso è solo un peccato veniale». Ma l'opera intensiva di lobby da parte di Weinberger per ottenere il perdono sembra aver avuto esiti positivi anche in campo democratico: secondo il «Los Angeles Times», il potente presidente della Commissione forze annate della Camera e futuro ministro della Difesa, Les Aspin, il presidente della Camera, Tom Foley, e il senatore Dennis Deconcini, futuro presidente della Commissione dei servizi segreti, si sarebbero dichiarati d'accordo sul «farla finita con una vicenda che è già durata troppo»: una differenzazione di posizioni che all'interno del partito democratico crea in queste ore non poco imbarazzo. Da parte sua, pur senza toni polemici, il presidente eletto, Bill Clinton, ha invece criticato la grazia concessa da Bush in quanto nel provvedimento sembra implicito il concetto che «chi lavora per il governo è al di sopra della legge». Il perdono, tra gli altri, di Weinberger ricorda quello concesso l'8 settembre 1974 dal presidente Gerald Ford al suo predecessore Richard Nixon per lo scandalo del Watergate (che portò alle dimissioni dello stesso Nixon). Nel definirlo «una vergogna», il magistrato Walsh lo ha paragonato al cosiddetto «massacro dei sabato sera», quando, nel 1973, Nixon cacciò via su due piedi Archibald Cox, l'inquirente del Watergate. Farà la stessa fine anche Walsh? Non sono pochi a pensare che Bush, attraverso il suo ministro della Giustizia, William Barr, possa ricorrere allo stesso stratagemma. Dall'ufficio di Barr un secco «no comment». [Ansa] Imbarazzo tra i democratici Avrebbero dato via libera al provvedimento del Presidente Il presidente Bush rischia un finale inglorioso del suo mandato

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