Le mani delle donne sul regno di Clinton di Furio Colombo

Le mani delle donne sul regno di Clinton INTANTO IN AMERICA Le mani delle donne sul regno di Clinton FORSE è stato un po' imprudente Newsweek a dichiarare Hillary Clinton «donna dell'anno». Lo è stato perché Hillary Clinton debutta adesso, sappiamo tutto del suo curriculum che è buono, ma niente del modo in cui la nuova «first lady», prima professionista che entra alla Casa Bianca, svolgerà il suo non facile compito. Ma se mettere la signora Clinton in copertina è più un colpo da società dello spettacolo che un'idea giornalistica, resta il fatto che Bill Clinton porta a Washington molte donne. Oppure, per ripetere in modo più corretto la stessa cosa, molte donne sono pronte a partecipare al governo nell'era di Clinton. Le decisioni del neopresidente mostrano la tendenza: offrire alle donne occasioni nuove, ruoli che erano stati tradizionalmente maschili. Passando sopra a resistenze e desideri molto forti (e certamente legittimi) la posizione di ambasciatore alle Nazioni Unite è stata offerta a una donna, la professoressa Allbright. Molti ricorderanno che anche il presidente Reagan aveva nominato una donna di primo piano a quel posto, anche lei politologa, anche lei docente alla Georgetown University, Jean Kirkpatrick. Ma Reagan guardava alle Nazioni Unite come a un nemico. L'energia culturale e personale della signora Kirkpatrick era immaginata come una diga, una forza di repulsione contro le cattive influenze dell'Onu. Il presidente Clinton invece intende affidare al nuovo ambasciatore alle Nazioni Unite il compito di cominciare a disegnare il nuovo governo del mondo. E sa che questo compito quasi impossibile dovrà essere realizzato in collaborazione con il segretario generale Boutros Ghali, persona risoluta e difficile. Questa nomina, dunque, ha un valore molto più grande. Mette nelle mani di una donna buona parte del futuro americano. E' donna anche il nuovo ministro dell'Energia, Hazel O'Leary. La sua è una posizione di continui incontri e scontri con l'industria, dunque, tipicamente «macho». E lo è quella del nuovo ministro della Giustizia, l'avvocato quarantenne Zoe Baird. Negli Usa, come è noto, il ministro della Giustizia controlla - come direbbero i giuristi - l'azione penale. Vuol dire che la pubblica accusa (che noi chiamiamo il pubblico ministero) è una funzione «politica». Infatti nei processi americani si ascolta la celebre formula usata in tanti film: «Il popolo degli Stati Uniti contro Joe Smith». E spesso, in televisione, parlando di un processo si dice: «Il governo dovrà provare... Secondo l'accusa del governo...» identificando l'accusa con l'iniziativa politica del ministro della Giustizia. Sono notizie utili per ricordare la portata del ruolo. Non sarebbe ornamentale nel governo di qualunque altro Paese. Ma è un ruolo essenziale nella politica e nella vita americana. Perché l'iniziativa penale (per la parte che riguarda la giustizia federale) ha disegnato nei decenni il percorso sociale americano, dalle inchieste contro la mafia alla protezione dei diritti civili. Un esempio: quando il sistema locale californiano ha fallito, nel tentativo di far giustizia sul pestaggio di Rodney King, è intervenuto l'«Attorney general» iniziando una inchiesta federale contro gli stessi poliziotti che la polizia locale aveva mandato assolti. Dunque Clinton sembra giocare sul serio, nel processo di cambiamento americano. E' appena un preannuncio. Ma vale la pena di prestare attenzione. Furio Colombo

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