Irangate, Bush si regala il perdono

Irangate, Bush si regala il perdono Il giudice Walsh era finalmente riuscito a portare sei responsabili in tribunale, ora il processo salterà Irangate, Bush si regala il perdono Fa scandalo la grazia presidenziale agli imputati NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Per il «New York Times» è stata una cosa «vergognosa»; per lo «special prosecutor» Lawrence Walsh è stato «il completamento dell'azione di copertura durata sei anni», ma per lui, George Bush, è stato un regalo di Natale che a questo punto non poteva non farsi, se non voleva mettere a repentaglio tutto il lavoro che sta facendo per passare alla storia come un grande Presidente. Il regalo è consistito nel «perdono presidenziale» che Bush ha concesso a Caspar Weinberger, l'ex segretario alla Difesa di Ronald Reagan, e ad altri cinque personaggi coinvolti nella vicenda Iran-contras. Lo ha annunciato il giorno della vigilia di Natale («cioè quando l'ascolto dei notiziari televisivi e la lettura dei giornali sono i più bassi dell'anno», osserva il «New York Times» decisamente scandalizzato) e le ragioni da lui addotte sono state «umanitarie» per Weinberger («Ha la moglie malata, deve poterla assistere, e anche lui ultimamente si è ammalato») e «patriottiche» per gli altri («Qualunque errore abbiano commesso, lo hanno fatto per amore degli Stati Uniti d'America»). Ma il perdonato principale è lui medesimo, George Bush. Il processo contro Weinberger e gli altri doveva cominciare il 5 gennaio. Dopo sei anni di indagini difficili e costose, e dopo tante frustrazioni per l'ostruzionismo trovato, lo «special prosecutor» Walsh era riuscito finalmente a trascinare i sei personaggi in tribunale, e il pezzo forte del dibattimento sarebbe stato non tanto il comportamento di Duane Clarridge, ex capo della Cia per l'Europa, di Robert McFarlane, ex consigliere speciale di Reagan, di Elliot Abrams, ex assistente segretario di Stato o degli altri, quanto per l'appunto il comportamento di Weinberger, che in realtà nella vicenda delle armi date all'Iran in cambio della liberazione degli ostaggi americani detenuti in Libano non c'entra, perché a suo tempo lui si dichiarò contrario all'operazione e se ne chiamò fuori. Il problema, con lui, era che sapeva tutto e non lo disse. Quando fu interrogato dalla commissione parlamentare d'inchiesta affermò di non essere al corrente di nulla, ma poi è spuntato un suo quaderno di appunti e si è scoperto che invece sapeva tutto, e questo lo ha fatto finire sotto processo con l'accusa di spergiuro. Durante il dibattimento quel suo quaderno era destinato a figurare come «corpo del reato», sarebbe stato letto in pubblico e dalla sua lettura sarebbe emerso chiaramente che non solo Weinberger aveva mentito, ma anche Bush. Lui, come si sa, ha sempre sostenuto che dell'esistenza del mercato armi-ostaggi ha saputo solo dai giornali e che se ne avesse avuto sentore prima avrebbe fatto di tutto per bloccarlo. Invece dal quaderno di Weinberger risulta che lui lo sapeva benissimo e che nelle riunioni in cui se ne discusse, nell'Ufficio Ovale della Casa Bianca, Bush si schierò dalla parte dei fautori dello scambio. A quel punto, sarebbe stato inevitabile per lui fornire finalmente i suoi appunti personali, che da sei anni il povero Walsh chiede senza riuscire ad ottenerli. Dal processo, quindi, sarebbero uscite in modo incontrovertibile le bugie di Weinberger, ma soprattutto quelle di Bush. E lui che sta cercando di lasciare la Casa Bianca in bellezza (forse, dopo aver passato il Capodanno con le truppe Usa in So¬ malia, riuscirà perfino a firmare con Boris Eltsin, a Soci sul Mar Nero, un accordo Salt 2, la più massiccia riduzione di ordigni nucleari mai avvenuta), una cosa del genere non poteva permetterla. Questo perdono, dicono tutti, equivale al momento in cui Richard Nixon, ormai incalzato dallo «special prosecutor» dell'epoca, Archibald Cox, lo licenziò nella speranza (vana) che non potesse più nuocergli. Ma il parallelo che si fa con lo scandalo Watergate non si ferma qui. Nixon, infatti, poi ottenne il «perdono presidenziale» del suo successore Gerald Ford, il quale si trovò ad affrontare gli elettori e pagò quel suo atto di *clemenza» con la sconfitta e V abbandono della Casa Bianca. Per Bush questo non è più possibile perché la sua sconfitta elettorale l'ha già subita prima di compiere questo suo «ultimo abuso». Franco Farfarelli La vicenda delle armi vendute agli ayatollah «macchia» gli ultimi giorni del Presidente mentre si appresta a partire per la Somalia e a firmare con Eltsin, a Soci, l'accordo Salt Fra gli appunti dell'ex segretario di Stato Weinberger c'erano anche le prove sulle responsabilità della Casa Bianca La «grinta» di George Bush Nella foto grande Bill Clinton canta un motivo natalizio In alto Zoe Baird Nella foto piccola Clinton uomo dell'anno per «Time» (FOTO AP E APF]

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