Fini: non dirò mai addio alle armi

Fini: non dirò mai addio alle armi Un commissario tecnico a vita. Eletto nel 72, è stato ora confermato per 4 anni Fini: non dirò mai addio alle armi «Cosa serve agli atleti? Soprattutto la furbizia» L'ASSALTO INFINITO AROMA TTILIO Fini, bolognese sessantaduenne, è stato confermato pochi giorni fa dal Consiglio federale della scherma coordinatore tecnico per il 1993. L'incarico dovrebbe essere poi automaticamente rinnovato a tutto il 1996, cioè sino ai Giochi di Atlanta. Considerato che Fini fu nominato nell'incarico nel 1972, rimarrà ininterrottamente al vertice tecnico della scherma italiana per 24 anni. Commissario, un record assoluto? «Penso, ma un record migliorabile. Infatti non ho nessuna intenzione di smettere fra quattro anni»: Lei è un buon commissario tecnico? «E' bene che lo dicano gli altri. Ma se si parla della capacità di scorgere i difetti ed individuare i pregi degli avversari, ritengo allora di essere bravissimo. Così come mi difendo nella conduzione della squadra nei momenti caldi della competizione». Cosa deve pretendere dai suoi atleti un et? «Disciplina e lavoro». La scherma è uno sport che ha più pregi o più difetti? «La scherma non ha difetti. Fra i pregi bisogna riconoscere che migliora nell'uomo la furbizia, i riflessi, il carattere, lo scatto, la velocità». Ha messo al primo posto la furbizia. E' importante? «Nella scherma è importantissima; nella vita è tutto». Chi è stato il più grande fra gli schermidori che lei ha diretto? «Come risultati, Mauro Numa; cone classe pura, Michele Maffei. Al loro livello metto comunque due donne, Giovanna Trillini e Dorina Vaccaroni». E quello più astuto? «Mauro Numa. E' furbo anche nella vita: uno che camperà facendo l'assicuratore dev'esserlo per forza. Ha dimostrato anche molta intelligenza ritirandosi al momento giusto. E' saltato subito sul carro dirigenziale: più tempista di così...». Il più simpatico? «Fuori pedana, sicuramente Mario Aldo Montano, detto Mauzzino». Il più antipatico? «In pedana, sempre lui, Mauzzino». Il prediletto delle giurie? «Michele Maffei. Sapeva regalare con molta signorilità le stoccate già perse». La vittima delle giurie? «Stefano Cerioni. Che alla resa dei conti è invece il più autocritico di tutti». Quanti degli attuali azzurri saranno presenti anche ad Atlanta? «Potrebbero essere ancora in molti. Ma per le prossime Olimpiadi dovrebbero cambiare molte cose». Cioè? «Per esempio, il numero dei partecipanti. Fino a Barcellona erano venticinque schermidori per cinque specialità. Ad Atlanta potrebbero essere diciotto per sei armi: cioè tre atleti per specialità. Questa restrizione è stata chiesta da Samaranch. E siccome ci saranno anche nomi nuovi, è chiaro che molti dei titolari di Barcellona non andranno in America». Con la scomparsa delì'Urss, il compito della scherma italiana sarà più facile? «Più difficile. In certe armi, come la sciabola, il fioretto e la spada donne, le nuove Repubbliche potranno schierare mol- ti squadroni tutti fortissimi». Nessun vantaggio, quindi, per lo scioglimento della scuola sovietica? «Soltanto quello di essere riusciti ad avere in Italia alcuni maestri molto bravi. Sono già stati arruolati per la sciabola Koriaskin (Cus Napoli), Alcian (Cus Catania) e per la spada, Pouzanov (Giardino di Milano)». . Sono cari i maestri russi? «Non direi: sui tre milioni al mese. E li valgono tutti». Tornando a lei, un'ultima osservazione: la sua permanenza al vertice della scherma ha veramente dell'eccezionale... «Sarò eccezionale quando starò al timone più a lungo del mio presidente Renzo Nostini che governa dal 1960. Ma siccome anche lui non ha nessuna intenzione di mollare, si tratta purtroppo di un match perso in partenza...» Vanni Lòriga Attilio Fini

Luoghi citati: Atlanta, Barcellona, Catania, Italia, Milano, Napoli