Il «manifesto» piace ai benestanti di Pierluigi BattistaValentino Parlato

Il «manifesto» piace ai benestanti L'identikit di lettori secondo il centro di ricerche di Giuseppe De Rita Il «manifesto» piace ai benestanti E i proletari trascurano il «quotidiano comunista» SOFISTICATI » GROMA ENTE dei «ceti up». Il lessico dei sociologi del Censis la definisce così, l'agiata tribù dei lettori del manifesto. Il «quotidiano comunista» affida al centro di iicerche ideato da Giuseppe De Rita il compito di disegnare l'identikit dei propri affezionati acquirenti. E quali risultati ne ricava? La scoperta che il popolo del manifesto è fatto di consumisti sofisticati, proprietari di case, possessori di Bot, benestanti ma senza l'ossessione dello sfarzo vistoso e un po' volgare. Gente «che si offre al mercato» con discreto «potere d'acquisto». Che la platea dei lettori del manifesto non fosse composta da personaggi usciti dal «Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo, era cosa ampiamente prevedibile. Un po' meno la pressoché totale assenza di emarginati, nuovi poveri, gruppi sociali scKxornbenti nell'inferno del capitalismo. Tra gli acquirenti del quotidiano scarseggiano pensionati (3 per cento), disoccupati (1,7), giovani in cerca di prima occupazione (1,8). Abbondano invece i membri di quello sterminato ceto medio (46,5 per cento) che costituisce l'ossatura dell'Italia integrata. Più della metà dei «manifestini» ha un reddito superiore ai 31 milioni annui. L'11 per cento è fatto di dirigenti e liberi professionisti e il 5 per cento di lavoratori autonomi. Metà di loro vive in appartamenti di proprietà. Quasi il 50 per cento possiede Bot, Cct, assicurazioni private, fondi di investimento e si serve abitualmente di Bancomat e carta di credito. E' ovvio: votano massicciamente a sinistra, i lettori del manifesto (a parte un enigmatico 0,2 per cento che vota rasi). E vivono il loro giornale come fondamentale strumento di identificazione, «filtro culturale», veicolo per sentirsi parte di una comunità unita da «credenze culturali e politiche». Ma leggono almeno un libro al mese, vanno a teatro, al cinema, ai concerti di musica, sia classica che rock. Detestano l'esibizionismo pacchiano del consumo vistoso ma non rinunciano alle comodità del forno a microonde, della segreteria telefonica e del videoregistratore. Usano la bicicletta, ma perché è pulita. Tifano per Raitre con percentuali da plebiscito (92,2). Si iscrivono alle associazioni ambientaliste ed è sempre più raro che prendano la tessera di un partito. Si concentrano nelle grandi città e soltanto il 16 per cento supera i 44 anni. Gente che sta bene, altro che proletari che non hanno nulla da perdere se non le loro catene. «Certo, attorno al nostro giornale non c'è l'adunata dei refrattari, di quelli messi ai margini della società», è il commento di uno dei fondatori del quotidiano, Valentino Parlato, «la nostra platea è fatta da gente che nella vita alla fin fine la sfanga, che lavora, guadagna e compera le cose che desidera». «Me li vedo i nostri lettori - spiega Parlato -, vanno in vacanza all'estero, ma con la tenda canadese. Dei macchinoni non gliene frega niente ma non rinuncerebbero mai all'acquisto di un compact disc. Fanno investimenti sulla casa d'abitazione, ma mi raccomando, grazie a ciò che hanno accumulato i loro genitori». C'era da aspettarselo. Nella rubrica «lettere» del manifesto un giorno scrive un «bottegaio ros¬ so» che confessa di evadere il fisco. Il giorno dopo s'apre la discussione sul tema se sia lecito o no per uno di sinistra farsi aiutare da una colf. Temi da gente che non se la passa male, non è vero? «Il nostro non è un mondo di poveracci - risponde Parlato - e in questo c'è una totale coincidenza tra i lettori e la redazione: anche noi guadagniamo pochissimo, ma in un modo o in un altro riusciamo tutti a raggiungere un livello di vita superiore alle nostre possibilità». Su un solo punto rischia di crearsi un attrito. «Alla domanda: "Vi sentite quotidiano comunista?", la maggior parte ha risposto: "Ci sentiamo quotidiano indipendente" - rivela Parlato -, anche noi stiamo discutendo se tenerla o no, quella testatina. Ma saggiamente non portiamo mai a terrnine la discussione: alla fine lascerebbe troppi feriti sul terreno». Pierluigi Battista Valentino Parlato

Persone citate: Giuseppe De Rita, Parlato, Pellizza, Valentino Parlato

Luoghi citati: Italia, Volpedo