Rivive grazie alla batteria di Maria Teresa Martinengo

Rivive grazie alla batteria Giovane musicista dopo due mesi di coma al Mauriziano Rivive grazie alla batteria Incidente d'auto in ottobre dopo un concerto Recupero a sorpresa facendo jazz in ospedale Una grande passione, da sempre: la batteria. E in una stanza nei sotterranei dell'ospedale Mauriziano, la batteria ora sta «salvando» Giuseppe «Pippo» Pulvirenti, 32 anni, promessa del jazz torinese. Lunedì dopo due settimane di coma profondo e altre sei di vita pressoché vegetativa, il giovane musicista ha ripreso a suonare: qualche timido contatto con le bacchette, quasi con timore, e i gesti di tutta la vita su piatti e tamburi sono ridiventati realtà. Insieme ai compagni di band nel locale dalle pareti rosa messo a diposizione dai medici del reparto di Recupero e rieducazione funzionale - Pippo è tornato ad essere un artista. L'artista che l'incidente avvenuto due mesi fa, dopo un concerto con il suo gruppo, sembrava aver annientato. L'intuizione dei medici si è rivelata esatta: come nel caso del bimbo di Roma, fan di Venditti, una passione fortissima può dare il via al lento riemergere dal buio. All'alba del 17 ottobre, in corso Siracusa, il giovane era stato sbalzato fuori dal parabrezza del suo furgone, riportando ferite al capo con fuoriuscita di materia cerebrale. Ricoverato al Cto in coma profondo, era stato operato con successo dal neurochirurgo Michele Naddeo. Dopo alcune settimane, ài primi segnali di ripresa, 1'«incontro» con l'equipe del Maurizia- no. Il 20 novembre il ragazzo viene trasferito nell'ospedale di corso Turati, in quel reparto (11 letti per tutto il Piemonte) popolato di ragazzi - età media 27 anni - vittime di incidenti d'auto o di moto. «Sono malati che nessuno vuole - dice la dottoressa Silvana Angeli, primario -, perché è impossibile stabilire una prognosi. A Torino, in una clinica, c'è una ragazza che vegeta da quattro anni. Qui abbiamo un giovane vigile del fuoco che è nelle stesse condizioni ormai da dodici mesi». Pippo Pulvirenti è fortunato, il recupero è più veloce. «Ma fino a pochi giorni fa - prosegue la dottoressa - era aggressivo. Cammi¬ nava sempre, era inquieto. Anche la riabilitazione procedeva con difficoltà, non aveva pazienza, parlava poco». Poi, l'idea del dottor Leonardo Melossi, aiuto primario. «Ho pensato: è un giovane cresciuto e vissuto - racconta - con il ritmo in testa. Proviamo a fargli sentire la musica che gli era abituale. Così ci siamo accordati con gli altri componenti del suo gruppo: il cugino di Pippo, Aldo Rindona, Fulvio Albano, Fulvio e Claudio Chiara». Insieme ce l'hanno fatta. Davanti agli occhi dei medici e del padre, Francesco, pensionato, che vive in ospedale accanto al figlio, lunedì le mani e la mente di Pippo Pulvirenti hanno ricomin- ciato a funzionare. «E' diventato sorridente, contento - dice Silvana Angeli -, è riuscito subito à trovare il ritmo. E da quel momento è cambiato. Certo, non è guarito, è troppo euforico, parla e parla a ruota libera. Ma per noi significa aver trovato uno spiraglio, un'apertura nella quale inserirci per procedere nelle cure. Il suo caso è emblematico di quanto si può fare per questi giovani. Purtroppo, le strutture previste dalla legge, nell'82, non sono mai state realizzate». Pippo sta ritrovando se stesso; per tanti altri, invece, il futuro non può incominciare. Maria Teresa Martinengo I colleghi della band lo hanno aiutato a guarire Giuseppe Pulvirenti detto «Pippo» con il padre Francesco In alto il primario Silvana Angeli «Fino a pochi giorni fa era aggressivo Ora è allegro»

Luoghi citati: Piemonte, Roma, Torino