Bankitalia abbassa la diga dei tassi

Bankitalia abbassa la diga dei tassi Il costo del denaro passa dal 13 al 12% per combattere la recessione e la crisi della domanda Bankitalia abbassa la diga dei tassi Reazioni positive degli industriali La lira regge sul mercato dei cambi ROMA. L'Italia è in recessione, il denaro deve costare di meno; questa è la priorità, il cambio della lira passa in secondo piano. Ieri alle 13.30, pochi minuti dopo che la Camera aveva approvato definitivamente la legge finanziaria '93, il governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi ha abbassato il tasso di sconto dal 13% al 12%. Si torna così al livello di dicembre '91, prima che cominciasse la crisi del sistema monetario europeo. Per ora i mercati dei cambi, semiparalizzati dalle feste, hanno reagito senza emozioni. La Borsa, naturalmente, ha ricevuto una iniezione di ottimismo; a quell'ora le quotazioni erano già fatte, ma si sono avuti forti rialzi nel dopolistino. • Perché. Il ritorno del tasso di sconto dal 15%, livello massimo raggiunto durante la crisi, al 12%, è avvenuto in tre fasi scandite dalla sessione parlamentare di bilancio. Il 23 ottobre, con l'approvazione della legge-delega sui tagli di spesa, Ciampi era sceso al 14%, il 12 novembre, con il sì al decretone fiscale, al 13%. Il percorso era già tracciato. Eppure nelle ultime settimane era opinione diffusa che la terza tappa sarebbe stata rinviata. Le nuove burrasche monetarie in Europa avevano coinvolto la lira nonostante la sua uscita dello Sme; il deficit pubblico '92 risultava superiore alle previsioni; si erano registrate leggere tensioni sui tassi di mercato interni. Invece la terza tappa è stata compiuta, puntualmente. La Banca d'Italia, in un comunicato, spiega perché: «I dati più recenti confermano l'accentuarsi in Italia del fenomeno recessivo che sta investendo tutti i Paesi europei. La disoccupazione è in aumento; le aspettative di domanda permangono deboli. La ripresa che si sta delineando negli Stati Uniti, dopo una lunga fase recessiva, potrà riflettersi sull'economia europea presumibilmente solo nella seconda metà del prossimo anno». Nonostante la torte svalutazione della lira, l'accordo sul costo del lavoro e «soprattutto la debolezza della domanda» hanno fatto sì che l'inflazione continuasse a scendere. • Ragioni interne. Non c'è alcun accenno, nel comunicato della Banca d'Italia, alla situazione monetaria in Europa. Il discorso riguarda soltanto l'economia reale. Abbassare il costo del denaro si può senza timore perché l'inflazione è tenuta ferma dalla crisi economica. In teoria, una svalutazione pesante come quella subita dalla lira dovrebbe avere un effetto molto negativo sull'inflazione, rincarando le merci importate. Non è così: a causa della recessione, della manovra economica del governo, del contenimento dei salari, la gente spende molto meno. Che i prezzi siano cresciuti in dicembre, sotto Natale, appena dello 0,1% è una novità assoluta. Nelle ultime settimane, per effetto un po' delle rinnovate tensioni monetarie in Europa, un po' dei risultati delle elezioni amministrative, il cambio della lira verso il marco è peggiorato da circa 875 a circa 900. La svalutazione appare eccessiva, ma non si è voluto mantenere alti i tassi nel tentativo di limitarla. La Banca d'Italia riafferma di non essere indifferente al livello del cambio, ma obiettivamente non si tratta di una priorità in questo momento. L'intransigenza della Bundesbank sui tassi di interesse, per proprie ragioni interne di controllo dell'inflazione, spinge anche gli altri Paesi a dare precedenza alle ragioni interne. • Tutti contenti. La riduzione del costo del denaro, che le banche hanno prontamente cominciato ad attuare, è benvenuta per gli industriali, che l'avevano sollecitata in modo pressante, e per tutte le altre forze sociali ed economiche. La Confindustria osserva però che al ritorno del tasso di sconto ai livelli pre-crisi deve corrispondere un ritorno dei tassi bancari ai livelli pre-crisi. Ora, le banche stanno ribassando il prime rate (tasso per i clienti migliori) al 13,5%, mentre a fine maggio si trovava in genere al 13%. La reazione dei mercati finanziari è stata quasi euforica. I titoli di Stato, sia sul secondario telematico sia i future, hanno guadagnato circa una lira. In Borsa nel dopolistino tutti i titoli maggiori hanno guadagnato fortemente. La lira, per la quale poteva esserci qualche timore, non ha subito alcuna conseguenza, neanche più tardi a Wall Street. Contento è anche il governo, perché il ribasso dei tassi potrà ridurre gli interessi sul debito pubblico, che ormai sono l'esclusiva causa del deficit. Il ministro del Bilancio, Franco Reviglio, indica in un comunicato il vantaggio massimo che ne potrà teoricamente derivare: 10.000 miliardi. Ma proprio l'alto debito pubblico è uno dei motivi che hanno impedito all'Italia di trarre dalla fluttuazione della lira vantaggi analoghi a quelli che ha ricavato l'Inghilterra dalla fluttuazione della sterlina: oggi a Londra i tassi di interesse sono di 3 punti inferiori rispetto a prima della crisi. «Molto ancora deve essere fatto in Italia - ha commentato il capo economista del Fondo monetario, Michael Moussa - per agevolare una ulteriore discesa dei tassi: l'impegno deve continuare per riportare il deficit a livelli sostenibili». Stefano Lepri QUATTRO ANNI DI TASSI [ANDAMENTO DEL TASSO UFFICIALE DI SCONTO DATI IN %] 13,75 Nel grafico l'andamento del tasso ufficiale di sconto dall'agosto del 1987 ad oggi. Con il ribasso di ieri il costo del denaro è tornato sui livelli di un anno fa

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Ciampi, Franco Reviglio, Michael Moussa, Stefano Lepri