E Bernini aggiunse la testa di un puttino di Sabatino Moscati
E Bernini aggiunse la testa di un puttino La collezione Ludovisi in mostra a Palazzo Ruspoli, ma è subito polemica su copie e falsi E Bernini aggiunse la testa di un puttino LAres restaurato con marmo nuovo copiando la scultura antica ROMA OM'è salda la nostra convinzione, nel campo dell'arte, che la copia non ha valore, che il falso costituisce reato! Ma che tale convinzione sia discutibile, o almeno che ben diverso (e non senza fondamento) fosse il giudizio nel passato, sta a dimostrarlo l'esposizione di alcune tra le più splendide statue della Collezione Ludovisi, aperta attualmente a Roma in Palazzo Ruspoli. Ne deriva una singolare polemica a distanza. La Collezione Ludovisi costituita dal cardinale omonimo all'inizio del Seicento e formata da pregevolissime statue e rilievi antichi, è oggi sfortunatamente non visitabile nella sua interezza, trovandosi collocata provvisoria¬ mente nel chiostro piccolo del Museo nazionale romano, in attesa di essere trasferita nella nuova sede di Palazzo Altemps. Quando? La lentezza dei lavori, intralciati da pastoie di ogni genere che vivamente deploriamo, lascia poco sperare nella sollecitudine. Perciò salutiamo almeno la possibilità offertaci dall'esposizione in Palazzo Ruspoli presso la Fondazione Memmo, per cura scientifica di Antonio Giuliano, di ammirare una scelta dei capolavori. Eravamo abituati, per non dire rassegnati, a vederli in fotografia, sicché la mostra è certo un progresso. Ma il progresso consiste anche nello studio approfondito delle singole opere, raccolto nel catalogo edito da Marsilio. E qui torniamo al problema ini¬ ziale, quello delle copie e dei falsi, o almeno delle opere che risultano tali secondo la nostra terminologia: copie sono, per noi, le riproduzioni romane di originali greci ora perduti; falsi sono, sempre per noi, le integrazioni seicentesche, o addirittura le combinazioni tra parti di varie statue per costituire un nuovo insieme. Consideriamo il caso della scultura più celebre di tutte, l'Ares Ludovisi. Scoperta a Roma, come informano le cronache del tempo, agli inizi del Seicento durante i lavori «per farvi una chiavica» (sic!) ed entrata nella Collezione Ludovisi, la statua fu restaurata con le parti mancanti niente meno che da Gian Lorenzo Bernini: il quale foggiò quelle parti (una mano, l'elsa della spada, la testa del puttino davanti ai piedi del dio) con marmo nuovo, in base alle sue conoscenze sulla scultura antica. Altri casi sono ben più clamorosi. Nel cosiddetto gruppo di Amore e Psiche, il restauro seicentesco è in realtà una composizione di antichi frammenti disparati: due torsi maschili di cui uno adattato in forma femminile, una testa di Saffo e un altro viso. Ancora: nel rilievo con testa di Marte elmata, il busto con la corazza è aggiunto, modellato su un marmo antico che in origine aveva forma di capitello, e per di più posto in posizione frontale mentre la testa è di lato! Naturalmente, non v'è in ciò nessun intento (come faremmo in un restauro moderno) di distinguere le parti originali da quelle integrate: anzi è tutto il contrario, perché si vuole far ammirare l'opera antica nella sua maggiore possibile integralità. Come si vede, siamo di fronte a posizioni opposte. E certo vogliamo mantenere la nostra; ma v'è da chiedersi se senza le copie romane avremmo conosciuto la scultura greca, e senza le integrazioni seicentesche la presumibile immagine completa di alcune grandi opere d'arte. In realtà, dobbiamo riconoscere che al fondo del contrasto v'è una diversa concezione dell'opera d'arte. Per noi, essa deve essere ricostruita «filologicamente» a premessa di qualsiasi giudizio. Da secoli, invece, si è ritenuto che la fedeltà formale dovesse subordinarsi all'ammirazione, al godimento estetico che si ottiene ricostruendo più o meno fedelmente l'insieme. Del resto, proprio mentre si costituiva (e si restaurava, e s'integrava) la Collezione Ludovisi, Giambattista Marino così definiva le funzioni dell'arte: «E' del poeta il fin la meraviglia: / parlo de l'eccellente, non del goffo: / chi non sa far stupir vada alla striglia». Sabatino Moscati L'Ares, della collezione Ludovisi. E, a sinistra, il «fanciullo che strozza un'oca»
Persone citate: Antonio Giuliano, Bernini, Giambattista Marino, Gian Lorenzo Bernini, Ruspoli
Luoghi citati: Roma
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