UN REVIVAL COMINCIATO CON COSSIGA

UN REVIVAL COMINCIATO CON COSSIGA UN REVIVAL COMINCIATO CON COSSIGA «Zitta tu, catto-comunista» E la vecchia etichetta diventa insulto ZROMA ITTA tu, catto-comunista. Così: sei sillabe di odio con cui il ministro De Lorenzo ha voluto rispondere a Tina Anselmi, che gli aveva dato dell'imbroglione. Imbroglione a me? Ah sì? Ecco: catto-comunista! Basta, detto tutto. O meglio quasi tutto, visto il modo in cui il ministro liberale, con accorgimento linguistico che in fondo fa dell'Anselmi una specie di vittima, ha voluto confezionare l'insulto: «E' stata evidentemente morsa dalla tarantola del risorto consociativismo catto-comunista». Come se l'orrida bestia, l'animale malvagio, il mostro ritmico che «pizzica / mozzica / fa ogni cosa, / la tarantola / velenosa», insomma il catto-comunismo trascendesse le persone, finendo per assestarsi nella dimensione archetipa dei principi assoluti, e definitivi. L'ibrido di due culture inconciliabili, brutale sintesi d'incongruenze. Sgradevole addirittura come suono, quel «catto» troncato, con quell'orrida coda: «comunista». Peggio che dire nazi-maoista, oppure social-fascista. E infatti nelle università dei primissimi Anni Settanta qualche spirito bizzarro, all'interno di un'organizzazione che si chiamava «Lotta di popolo», è riuscito, per vari, anche inconfessabili motivi a riconoscersi in quella prima definizione. E 25 anni prima, a Salò, s'è anche trovato chi potesse auto-rivendicare il proprio social-fascismo. Ecco, di fronte a quella formula oltretutto terribilmente giornalistica e di misteriosa paI ternità proprio nessuno, I mai, ha ritenuto di dire: sì, stupitevi, scandalizzatevi, ma io sono un catto-comunista. No, neanche alla Rai è successo, dove accade di tutto, dove qualche presenza di quel tipo è stata notata, e questo insulto pare piuttosto in voga. Catto-comunisti, per Michele Santoro, i redattori del Tg3 (definiti anche «veterostalinisti») che si oppongono alla cessione di una rete ai privati. Catto-comunista, per Fabrizio Del Noce, l'ex direttore del Tgl Longhi («e ridusse il tg a un bolletti¬ no»). Per il resto, tra un Martelli che pochi mesi fa sull'obiezione di coscienza metteva in guardia rispetto a «ritorni alla cultura catto-comunista», figurarsi, Cossiga che esternava più o meno sulla stessa corda e De Lorenzo che è solo l'ultimo arrivato, quel che colpisce è l'uso, tanto più risoluto quanto più inappropriato, di un qualcosa che non esiste. O che, se mai è esistito, nulla ha a che fare con il «vade retro» di oggi. In effetti, un «Movimento Cattolici Comunisti» c'è sta¬ to. Borghesi soprattutto romani, durante la guerra, antifascisti provenienti dall'Azione cattolica dei tempi di Moro e di Andreotti. Figure di intellettuali come Franco Rodano e Felice Balbo, studenti come Ossicini, Barca, Gabriele De Rosa, Tonino Tato. Come ben ricostruito da numerosi studi, quasi tutti di parte cattolica (Malgeri, Cocchi, Casula, Bedeschi, Tassani e Del Noce, il papà di Fabrizio) il Movimento Cattolici Comunisti si trasformò nel Partito della Sinistra Cristiana, scioltosi però nel dicembre del 1945.1 fondatori e gli altri allora giovanissimi dirigenti ebbero guai con le gerarchie e poi, con il tempo, varie, interessanti, trentennali vicissitudini che li portarono singolarmente in contatto con diverse esperienze e diversi personaggi, da Togliatti a Dossetti, fino al Berlinguer del compromesso storico. Sempre sospettati di voler tenere insieme San Tommaso e l'Urss, in un abbraccio che alle narici dei laici puzzava un po' di bruciato. Preparati, motivati, pedanti e molto politici, i catto-comunisti, alla perenne ricerca di un mezzo - il partito, inteso come Gladius Dei - per raggiungere il Grande Fine. Apparentemente senza eredi. A meno che non si voglia, con una qualche semplificazione non soltanto teorica, trovare sulla scia lasciata dal catto-comunismo, in senso lato, un giovane movimento come la Rete. Fatta di ex comunisti e di cattolici non de o ex de. Con una accentuazione di moralità e giustizia, o di moralismo e giustizialismo, in più Filippo Ceccarelli Bili |

Luoghi citati: Salò, Urss